Corte Costituzionale
Tutto quello che c'è da sapere sulla Corte costituzionale: cos’è e quali sono le funzioni del supremo organo di garanzia custode della Costituzione
La Corte costituzionale è il massimo organo di garanzia in materia costituzionale. La Corte giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle norme, sui conflitti di attribuzione fra poteri, sulle accuse mosse contro il Presidente della Repubblica e sull’ammissibilità dei referendum abrogativi.
La nascita della Corte viene stabilita nel 1948 dalla Carta costituzionale, ma l’organo inizia a funzionare solo diversi anni dopo: la prima seduta si tiene il 23 aprile del 1956 e la prima sentenza viene emessa il 5 giugno 1956. La sentenza 1/1956 riporta, fra gli altri, anche la firma di Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica italiana poi divenuto presidente della Corte costituzionale.
Perché la Corte costituzionale viene definita ‘Consulta’
Il settecentesco Palazzo della Consulta (o semplicemente la Consulta) è la sede della Corte costituzionale. Si trova a Roma in Piazza del Quirinale. Nel gergo giornalistico la Corte viene spesso definita, con una metonimia, come ‘la Consulta’.
Corte costituzionale: composizione
La composizione della Corte costituzione è stabilita dall’articolo 135 della Costituzione.
La Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Cinque sono nominati dal Presidente della Repubblica, cinque dal Parlamento in seduta comune e cinque dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative: il Consiglio di Stato elegge un membro, la Corte dei conti elegge un membro, la Corte di Cassazione ne elegge tre.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative (cioè Consiglio di Stato, Corte dei conti e Tribunale superiore delle acque pubbliche), i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
I giudici sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere rieletti.
La Corte elegge tra i suoi componenti il Presidente che rimane in carica per tre anni ed è rieleggibile.
Per questioni di incompatibilità, un giudice costituzionale non può essere al tempo stesso parlamentare della Repubblica o membro di un consiglio regionale, né può esercitare la professione di avvocato o altri ruoli indicati dalla legge.
Funzioni della Corte costituzionale
La Consulta ha quattro funzioni. A norma dell’articolo 134 della Costituzione, la Corte costituzionale giudica:
- sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge di Stato e Regioni;
- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni;
- sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica.
Esiste poi la quarta funzione, sancita dalla legge 352/1970 e dalla legge costituzionale 1/1953, ovvero giudicare sull’ammissibilità dei referendum abrogativi.
Giudizio di costituzionalità
La prima funzione fondamentale della Corte è quella di decidere le controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge.
La Corte effettua controlli di natura formale, verificando che gli atti legislativi siano stati formati con i procedimenti richiesti dalla Costituzione, e controlli di natura sostanziale, controllando che il contenuto degli atti sia conforme ai princìpi costituzionali.
Sotto la lente della Consulta finiscono dunque le leggi dello Stato, gli atti del Governo (decreti legislativi e decreti-legge) leggi regionali e delle province autonome.
Il giudizio di legittimità (a norma dell’articolo 127 della Costituzione) può essere richiesto dallo Stato nei confronti di una legge regionale o dalle regioni nei confronti di una norma dello Stato.
Il giudizio può anche venire richiesto da un giudice di qualsiasi ordine e grado qualora, nel risolvere una controversia, abbia dubbi in merito alla costituzionalità di una legge.
Una volta sollevata la questione di costituzionalità di una legge, la Corte valuta ed emette il suo giudizio: accoglimento se viene dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma o rigetto se la questione sollevata appare non fondata.
Esistono anche sentenze ‘interpretative’ che la Corte emette per eliminare ogni incertezza in merito al senso da attribuire a una legge scritta in termini potenzialmente ambigui.
La dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di parti di essa ha come effetto la sua decadenza materiale dall’ordinamento italiano: dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza, la legge in questione diventa inapplicabile. Così stabilisce l’articolo 136 della Costituzione.
Nel ‘tagliare’ parti di legge, la Consulta può anche individuare una legge che andrà a sostituire le norme decadute, traendola dalla Costituzione o dall’impianto legislativo italiano.
Giudizio sui conflitti di attribuzione fra poteri
La Consulta interviene in veste di ‘arbitro’ quando un potere dello Stato ritenga che le sue attribuzioni siano state violate da un altro potere dello Stato. La Corte costituzionale interviene così, ad esempio, per risolvere controversie sorte fra un ministro e una camera parlamentare, fra l’Esecutivo e un pm, fra il Guardasigilli e il Csm, ecc…
In via teorica anche la Consulta stessa può entrare in conflitto con un altro potere dello Stato. In questo caso eccezionale la Corte diventa sia giudice che parte in causa.
Giudizio sulla messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica
Per i reati comuni il Presidente della Repubblica è giudicato dal giudice ordinario. Per quanto riguarda invece le azioni commesse durante l’esercizio delle sue funzioni, a norma dell’articolo 90 della Costituzione, il Capo dello Stato è sempre considerato “irresponsabile”, tranne che per eventuali reati di alto tradimento e attentato alla Costituzione.
L’articolo 135 della Costituzione indica la composizione della Corte in caso di messa in stato d’accusa del Presidente per queste due fattispecie di reato:
“Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari”.
Giudizio sulla legittimità dei referendum abrogativi
La Corte costituzionale giudica sull’ammissibilità dei referendum abrogativi di iniziativa popolare, tenuto presente che alcune fattispecie sono già escluse dalla Costituzione (leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali a norma dell’articolo 75).
Oltre a tali limiti costituzionali, la Corte ne ha individuati altri quattro ‘impliciti’ tramite la sentenza 16/1978. Secondo tale sentenza un referendum abrogativo non è costituzionalmente legittimo se:
- si è in mancanza di omogeneità dei quesiti referendari (si pensi ad esempio a quesiti che contengano ciascuno una quantità di domande di varia natura);
- sono oggetto di referendum fonti che non abbiano forza di legge ordinaria;
- sono oggetto di referendum leggi in tutto o in parte costituzionalmente vincolate;
- sono oggetto di referendum leggi vincolate a quelle già escluse dal citato articolo 75 della Costituzione.
Corte costituzionale: sentenze, ordinanze e pronunce
Le sentenze della Corte costituzionale così come le ordinanze e le pronunce sulla legittimità costituzionale delle norme sono consultabili sul sito ufficiale nella sezione ‘Decisioni’
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