Svolta Cassazione sull'alcoltest, per provare l'ubriachezza alla guida bastano versione degli agenti e alito
In una recente sentenza la Cassazione ha stabilito che non serve l'alcoltest per stabilire i livelli di ubriachezza alla guida: basta anche l'alito
Per verificare lo stato di ebbrezza alla guida non è più necessario soffiare nell’etilometro, è sufficiente anche solo la puzza di alcol nell’alito. È quanto emerso in una sentenza della Corte di Cassazione, nella quale, respingendo il ricorso di un automobilista di Brescia, gli Ermellini spiegano che per provare l’ubriachezza bastano elementi ‘obiettivi e sintomatici’.
Il rifiuto dell’alcoltest
La vicenda all’esame della Suprema Corte, riportata da Ansa, risale allo scorso luglio. Il conducente aveva causato un incidente mentre era ubriaco al volante ma, all’arrivo della polizia, si era rifiutato di sottoporsi all’alcoltest.
Condannato in Appello, l’uomo aveva presentato ricorso alla condanna di sei mesi, con ammenda da 1.500 euro e la revoca della patente, sostenendo che i giudici avevano dato per certo che lui fosse in stato di ebbrezza mentre era alla guida, soltanto sulla base delle testimonianze degli agenti.
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La condanna per la puzza di alcol nell’alito
Nel ricorso, infatti, l’automobilista contestava la misurazione del tasso alcolemico superiore alla soglia di 1.50, necessaria per determinare la condanna.
“In assenza di dati tecnici obiettivi – era la tesi – non sarebbe possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente nel suo sangue al momento dei fatti, non potendosi evincere elementi sintomatici tali da ritenere superata la suddetta soglia dai soli elementi riferiti dai testi circa la presenza di uno stato confusionale, di avvenuti urti della sua autovettura con il cordolo del marciapiede e della mancata risposta alle sollecitazioni degli agenti”.
La sentenza della Cassazione
L’argomentazione del ricorrente non ha però convinto la Cassazione, che ha invece affermato come, per la condanna, sia sufficiente la discrezionalità degli agenti sull’odore di alcol, l’incapacità di controllare l’auto o l’evidente mancanza di lucidità.
“Poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale – si legge nella sentenza della Suprema Corte – l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’articolo 186 del Codice della strada (ossia la guida in stato ebbrezza, ndr) e qualora vengano oltrepassate le soglie superiori la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione”.
“Ne consegue pertanto che – scrivono ancora gli Ermellini – in assenza di un espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che nel caso in esame i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifestato dall’imputato alla vista degli operanti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche, certamente superiore alla soglia di 1.50″.