Strage di Nuoro, Roberto Gleboni conferma il macabro primato: è la città con più omicidi in Italia
La strage di Nuoro compiuta da Roberto Gleboni conferma il triste primato tra le città più pericolose per il capoluogo barbaricino: i dati
La strage di Nuoro compiuta da Roberto Gleboni la mattina di mercoledì 25 settembre conferma, tristemente, il primato del capoluogo sardo. Solamente il giorno 16, 9 giorni prima della tragedia, un’indagine rivelava che sebbene le città di Milano e Roma siano risultate le più pericolose del 2023, Nuoro risulta al primo posto se rapportiamo la densità degli abitanti con le denunce presentate. Il reato cui si fa riferimento è proprio quello di omicidio volontario consumato.
- Nuoro è la città con più omicidi in Italia
- La strage compiuta da Roberto Gleboni
- I motivi del gesto e la testimonianza del figlio sopravvissuto
Nuoro è la città con più omicidi in Italia
Alle 7 di mattina di mercoledì 25 settembre Roberto Gleboni, 52 anni, ha ucciso sua moglie Giuseppina Massetti di 43, la figlia Martina di 26, il figlio Francesco di 10 e il vicino Paolo Sanna di 69. Gli ultimi due sono morti diverse ore dopo per le ferite riportate. Dopo la strage, Gleboni ha tentato di uccidere la madre 83enne Maria Esterina Riccardi per poi togliersi la vita.
Oltre all’anziana, anche l’altro figlio 14enne di Gleboni è sopravvissuto alla strage. La mattanza ha profondamente scosso la città di Nuoro e la Sardegna intera, oltre ad aver tracciato una ferita indelebile tra gli italiani.
Per una drammatica coincidenza, solamente il 16 settembre Il Sole 24 Ore, per la rubrica Lab 24, ha pubblicato la classifica delle città più pericolose d’Italia relativa ai dati del 2023. In merito alle rapine, le violenze e i furti, le città di Milano e Roma occupano i primi due posti.
Se parliamo di omicidi volontari consumati e omicidi colposi, però, Nuoro si trova rispettivamente in prima e quarta posizione. Un primato, quello degli omicidi volontari, dovuto al rapporto tra gli abitanti e il numero di denunce presentate. Nel 2023, infatti, nel capoluogo barbaricino sono state presentate 8 denunce su circa 34 mila abitanti contro le 12 presentate per omicidio colposo di vario tipo (incidente sul lavoro o incidente stradale).
La strage compiuta da Roberto Gleboni
Alle 7 del mattino di mercoledì 25 settembre Roberto Gleboni, 52 anni, si è alzato dal letto e ha impugnato la pistola semiautomatica, ereditata e regolarmente detenuta per uso sportivo, prendendola da un cassetto. L’uomo ha sparato contro la moglie Giuseppina Massetti, uccidendola.
Subito dopo ha freddato la figlia Martina, uccidendo anche lei. In casa c’erano anche i figli Francesco e il secondogenito. L’uomo ha aperto il fuoco anche contro di loro. Francesco è morto poche ore dopo all’ospedale di Sassari. Attirato dagli spari, il vicino e proprietario di casa Gleboni Paolo Sanna ha raggiunto il pianerottolo della morte ed è stato colpito a sua volta. A dare l’allarme la moglie di Sanna, che ha chiamato il Nue: “Hanno sparato a mio marito!”.
Dopo aver sparato contro la sua famiglia, Roberto Gleboni ha lasciato l’abitazione di via Ichnusa e si è portato fino a via Gonario Pinna, dove viveva la madre Maria Esterina Riccardi. La donna, 84 anni, stava facendo colazione. Dopo averla ferita al collo, Gleboni ha rivolto l’arma contro se stesso e si è ucciso.
I motivi del gesto e la testimonianza del figlio sopravvissuto
Gli inquirenti sono al lavoro per ricostruire le dinamiche che hanno portato alla strage. Secondo le indiscrezioni, Gleboni e sua moglie Giuseppina sarebbero stati prossimi alla separazione, una decisione che avrebbe preso la donna. Tuttavia, la coppia viveva ancora sotto lo stesso tetto.
Giovedì 27 settembre è arrivata la prima testimonianza del figlio 14enne, sopravvissuto alla strage. “Mamma e papà avevano litigato“, avrebbe detto. Contrastanti le informazioni che arrivano da vicini e colleghi di Gleboni: alcuni lo descrivono come un uomo tranquillo e disponibile, altri come una persona autoritaria, possessiva e facile all’ira.
Nel 2022 la figlia Martina si era laureata presso l’Università di Sassari. Nella dedica della tesi aveva descritto il padre come “l’uomo più importante della mia vita”.