Strage di Nassiriya il 12 novembre 2003: chi sono i 19 caduti e cosa è successo nella base italiana in Iraq
Il 12 novembre 2003 un camion cisterna carico di tritolo esplodeva davanti alla base Maestrale del contingente italiano a Nassiriya, in Iraq: 28 i morti, tra cui 19 italiani. Ecco le loro storie
Il 12 novembre 2003 a Nassiriya, in Iraq, un camion carico di esplosivo esplode davanti alla base del contingente italiano: 28 i morti, 19 erano italiani. Tra loro, 12 carabinieri, 5 soldati e 2 civili. Esattamente 6 anni dopo, il 12 novembre 2009, è stata istituita la Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace. Ma cosa è successo il 12 novembre 2003? Chi erano gli attentatori? E quali sono le storie delle vittime?
Cos’è successo a Nassiriya il 12 novembre 2003
Il 12 novembre 2003, durante la missione di pace in Iraq approvata con la Risoluzione ONU n. 1483 del 22 maggio 2003, ci fu un attentato a Nassiriya.
Venne colpita la base Maestrale, sede del contingente italiano impegnato nella missione Antica Babilonia.
La base Maestrale distrutta dall’esplosione
Un camion cisterna blu, carico di tritolo, scoppiò davanti all’ingresso intorno alle 10:40 ora locale (le 8:40 in Italia).
L’appuntato Andrea Filippa, di guardia all’ingresso della base principale, riuscì a uccidere i due attentatori, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello, evitando così una strage di più ampie proporzioni. Lo stesso Filippa, però, morì nell’esplosione.
I primi soccorsi furono prestati dai carabinieri stessi, dalla polizia irachena e dai civili del luogo.
Morirono 28 persone, 19 erano italiane:
- 12 carabinieri
- 5 soldati dell’Esercito
- 2 civili
L’attentato ridusse la base Maestrale a uno scheletro di cemento.
La carcasse dei veicoli dei carabinieri e dell’Esercito
L’altra sede, Libeccio, distante poche centinaia di metri, subì dei danni dopo l’esplosione.
I sopravvissuti italiani furono 20: 15 carabinieri, 4 soldati, 1 civile (Aureliano AMadei, aiuto regista di Stefano Rolla).
I nomi dei caduti e le loro storie
I 12 carabinieri:
- Domenica Intravaia, 46 anni, di Monreale (Palermo): appuntato dei carabinieri in servizio al comando provinciale di Palermo; sposato e con due figli di 16 e 12 anni (uno dei due, Marco, è oggi deputato della Regione Sicilia). Era partito per l’Iraq quattro mesi prima, mancava poco per il suo rientro;
- Orazio Majorana, 29 anni, di Catania: carabiniere scelto in servizio nel battaglione Laives-Leifers in provincia di Bolzano;
- Giuseppe Coletta, 38 anni, nato ad Avola (Siracusa): residente a San Vitaliano, in Campania, era vice Brigadiere in servizio al comando provinciale di Castello di Cisterna (Napoli). Sposato e padre di una bambina di due anni, aveva perso un figlio di 5 anni per leucemia;
- Giovanni Cavallaro, 47 anni, nato in provincia di Messina: residente a Nizza Monferrato, era un maresciallo in servizio al comando provinciale carabinieri di Asti. Era noto con il soprannome di Serpico. Era sposato, aveva una figlia di 4 anni. Era da tre mesi in Iraq e stava per rientrare a casa. La sera prima aveva telefonato alla moglie: “Sto preparando la mia roba, sabato finalmente torno da te e da Lucrezia. Ho voglia di abbracciarvi”;
- Alfio Ragazzi, 39 anni: maresciallo dei carabinieri in servizio al Ris di Messina, sposato e con due figli di 13 e 7 anni. Era partito a luglio e sarebbe dovuto rientrare a Messina pochi giorni dopo l’attentato. Il suo compito era quello di istruire la polizia locale;
- Ivan Ghitti, 30 anni, di Milano: carabiniere di stanza al 13° Reggimento Gorizia. Era alla sua quarta missione di pace all’estero;
- Daniele Ghione, 30 anni, di Finale Ligure (Savona): maresciallo dei carabinieri in servizio nella compagnia Gorizia. Si era sposato da poco. Era stato ausiliario dell’Arma, poi si era congedato e iscritto all’Associazione carabinieri in congedo. Era ritornato a indossare la divisa vincendo un concorso per maresciallo;
- Enzo Fregosi, 56 anni: ex comandante dei NAS di Livorno dove viveva con la famiglia. Lascia moglie e due figli, di cui uno carabiniere. Stava per rientrare in Italia, a casa stavano già preparando la festa per il suo ritorno;
- Alfonso Trincone, 44 anni, nato a Pozzuoli (Napoli): risiedeva a Roma con la moglie e i tre figli. Il sottufficiale era in forze al NOE, il Nucleo operativo ecologico che dipende dal Ministero dell’Ambiente;
- Massimiliano Bruno, 40 anni, di Bologna: maresciallo dei carabinieri, biologo in forza al Raggruppamento Investigazioni scientifiche (Racis) di Roma. Viveva con la moglie a Civitavecchia;
- Andrea Filippa, 33 anni, di Torino: carabiniere dall’età di 19 anni, era esperto di missioni all’estero che lo tenevano costantemente lontano da casa. Prestava servizio a Gorizia presso il 13° Battaglione Carabinieri. Viveva a San Pier D’Isonzo insieme alla giovane moglie, sposata nel 1998;
- Filippo Merlino, 40 anni, originario di Sant’Arcangelo (Potenza): il maresciallo comandava la stazione dei Carabinieri di Viadana (Mantova). È morto nell’ospedale di Nassirya dove era stato portato gravemente ferito. Era sposato;
I 5 soldati dell’Esercito:
- Pietro Petrucci, 22 anni, nato a Casavatore (Napoli): caporale dell’Esercito, la morte cerebrale è stata dichairata poche ore dopo l’attentato. Era un volontario in ferma breve e in missione in Iraq con l’incarico di conduttore di automezzi;
- Massimo Ficuciello, 35 anni: era tenente dell’Esercito, figlio del Generale Alberto Ficuciello. Funzionario di banca, aveva chiesto di poter tornare in servizio attivo con il suo grado di tenente proprio per partecipare alla missione Antica Babilonia. Grazie alla sua conoscenza delle lingue era stato inserito nella cellula Pubblica Informazione del Col. Scalas. La mattina dell’attentato aveva avuto l’incarico di accompagnare nei sopralluoghi i produttori di un film-documentario sui Soldati di pace. Prima dell’attentato, il titolo, provvisorio, era stato cambiato in Babilonia terra fra due fuochi;
- Silvio Olla, 32 anni, originario dell’isola Sant’Antioco (Cagliari): sottufficiale in servizio al 151° Reggimento della Brigata Sassari, figlio di un Maresciallo e fratello di un carrista. Laureato in Scienze Politiche, era in forza alla cellula Pubblica Informazione. È morto insieme a Ficuciello mentre accompagnava nei sopralluoghi i produttori del film. La conoscenza dell’inglese e dei rudimenti dell’arabo lo avevano fatto diventare uno dei punti di riferimento per i giornalisti;
- Emanuele Ferraro, 28 anni, di Carlentini (Siracusa): caporal maggiore scelto in servizio permanente di stanza nel 6° Reggimento trasporti di Budrio (Bologna);
- Alessandro Carrisi, 23 anni, di Trepuzzi (Lecce): caporale volontario in ferma breve, anche lui in servizio nel 6° Reggimento trasporti di Budrio. Era partito per l’Iraq da poche settimane.
I 2 civili:
- Stefano Rolla, 65 anni, di Roma: stava facendo i sopralluoghi per un film documentario che avrebbe dovuto girare il regista Massimo Spano;
- Marco Beci, 43 anni: funzionario della cooperazione italiana in Iraq.
I giornali italiani dopo la strage di Nassiriya
Le inchieste e gli arresti
Dopo l’attentato partirono due inchieste:
- una avviata dalle autorità militari con lo scopo di verificare se tutte le misure necessarie fossero state prese per prevenire gli attacchi;
- l’altra aperta dalla Procura di Roma per individuare i responsabili
Nella prima inchiesta si arrivò a due conclusioni diverse:
- l’Esercito chiese una consulenza al generale Antonio Quintana, secondo cui sistemare la base al centro della città e senza un percorso obbligato a zig-zag per entrare all’interno rappresentò un errore;
- la commissione nominata dai carabinieri e guidata dal generale Virgilio Chirieleison concluse che non ci furono omissioni nell’organizzazione della sicurezza della base.
Abu Omar al-Kurdi, terrorista di al-Qaida reo confesso dell’organizzazione dell’attentato, affermò che era stata scelta la base Maestrale perché sorgeva su una strada principale che non poteva essere chiusa.
Per inchiesta aperta dalla Procura di Roma, invece, fu difficile ricostruire l’accaduto per via delle condizioni instabili dell’Iraq.
Ad oggi, l’unica certezza è che a esplodere fu un camion cisterna con 400 chilogrammi di tritolo mescolato a liquido infiammabile.