Sequestro e morte di Cristina Mazzotti, riapre il processo dopo 49 anni: 3 narcos alla sbarra
Quasi mezzo secolo fa Cristina Mazzotti subì il sequestro durante la festa per il diploma, a 18 anni: fu segregata, drogata e uccisa. Si riapre il processo
Dopo ben 49 anni si riapre il processo per il caso di Cristina Mazzotti, 18enne rapita e uccisa nel 1975 dopo aver subito il sequestro e la prigionia in condizioni inumane da parte di una banda legata alla ‘ndrangheta calabrese. I principali accusati sono tre narcos ormai in età avanzata: le nuove indagini, riaperte grazie a una sentenza della Cassazione del 2015, hanno portato a ulteriori sviluppi.
- Il processo 49 anni dopo
- Latella incastrato nel 2007
- Gli ultimi sviluppi sul sequestro di Cristina Mazzotti
Il processo 49 anni dopo
Fra il 30 giugno e il 1 luglio 1975 Cristina Mazzotti avrebbe dovuto festeggiare la sua festa di diploma: fu invece rapita, sequestrata e uccisa dai suoi aguzzini.
La ragazza fu la prima donna, e la più giovane all’epoca, a essere vittima di un sequestro orchestrato dall’Anonima sequestri calabrese in Lombardia, legata alla ‘ndrangheta.
L’area del ritrovamento di Cristina Mazzotti nel 1975
La Corte d’Assise di Como esaminerà il caso giovedì 25 settembre, con tre narcos over 70 sul banco degli imputati: Giuseppe Calabrò, noto come ‘u dutturicchiu, Antonio Talia e Demetrio Latella, quest’ultimo coinvolto nella criminalità reggina e già condannato all’ergastolo.
Latella incastrato nel 2007
Fu Latella a svelare i nomi dei complici nel rapimento di Cristina avvenuto il 1 luglio 1975 a Eupilio, in provincia di Como.
Nel 2007, infatti, quest’ultimo fu incriminato grazie al ritrovamento di un’impronta palmare e due digitali sulla Mini Minor in cui viaggiava Cristina Mazzotti la notte del suo rapimento.
Poco dopo, Latella confessò il suo coinvolgimento, accusando anche Talia e Calabrò, quest’ultimo indicato come ideatore del rapimento.
Tuttavia, il trasferimento del caso da Torino a Milano non portò a progressi: l’inchiesta fu archiviata nel 2012 dal pm Marcello Tatangelo, in quanto il reato di sequestro era ormai prescritto, così come l’accusa di omicidio volontario aggravato che sarebbe stata annullata con attenuanti o riduzioni di pena.
Gli ultimi sviluppi sul sequestro di Cristina Mazzotti
La svolta nel caso di Cristina Mazzotti è arrivata nel 2015, quando la Cassazione ha stabilito che il reato di omicidio volontario è imprescrittibile. Un esposto dell’avvocato Fabio Repici ha riaperto le indagini, condotte dai pm Nobili e Civardi.
Tra gli indagati c’è anche il boss Giuseppe Morabito, accusato di aver fornito l’Alfa Romeo usata dai rapitori per scortare la vittima.
Cristina fu tenuta in una buca di cemento, costretta ad assumere Valium ed eccitanti, senza la possibilità di deambulare e in un contesto che presentava difficoltà di aerazione. Per l’accusa, tutti elementi che configurano il reato di omicidio volontario.
La ragazza morì tra luglio e agosto 1975, proprio mentre il padre pagava il riscatto di oltre un miliardo di lire. Le indagini portarono a 13 condanne nel 1977, ma fra i soggetti identificati nessuno di essi fu riconosciuto come esecutore materiale del sequestro.