Diffamò Rackete, nuovo possibile processo: la reazione di Salvini
La Procura di Milano ha chiuso l'indagine nella quale il leader leghista è accusato di aver diffamato Carola Rackete, ora rischia un altro processo
Nel giorno in cui è arrivata la decisione di mandarlo a processo per il caso Gregoretti, per il quale è accusato di sequestro di persona e abuso di potere, il leader della Lega Matteo Salvini si è visto notificare la chiusura dell’indagine nella quale è accusato di aver diffamato la capitana della Ong Sea Watch 3 Carola Rackete. Chiamata “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, Rackete aveva depositato querela lo scorso 12 luglio.
La Procura di Milano, fa sapere Ansa, ha chiuso l’indagine in vista della richiesta di processo nei confronti dell’ex ministro dell’Interno ed il pm Giancarla Serafini, titolare del fascicolo trasmesso per competenza da Roma, un paio di settimane fa, ha notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta.
Salvini, rispondendo all’Ansa sulla questione, ha dichiarato: “Un altro possibile processo per diffamazione ai danni Carola Rackete? Li mettiamo in serie, non è un problema. Una speronatrice di motovedette militari italiane ha poco da insegnarmi”.
Poi l’affondo ai microfoni di Radio Radio: “È un paese normale in cui una signorina tedesca sperona una barca militare e invece di andare a processo, a processo ci va il Ministro? Qualcosa di surreale“.
Diffamazione Rackete, le tappe dell’indagine
La giovane, rappresentata dal legale Alessandro Gamberini, nella querela aveva spiegato che le esternazioni di Salvini sul caso Sea Watch, “lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie alla mia persona con toni minacciosi diretti e indiretti”.
Nell’atto si citano le espressioni dell’allora ministro nelle quali Carola Rackete veniva descritta come autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “avrei provato a ammazzare cinque militari italiani”, “complice dei trafficanti di esseri umani” e altre ancora.
Secondo la difesa della capitana le parole erano “un puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odio’, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale”. Affermazioni che “non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità, finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti”.
Difeso dall’avvocato Claudia Eccher, il leader della Lega avrà tempo 20 giorni, termine non perentorio, dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini per presentare memorie difensive o farsi interrogare. Il pm poi potrà chiedere il rinvio a giudizio o, se lo riterrà, anche l’archiviazione.