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Rottamazione cartelle esattoriali, Meloni azzera i pagamenti fino a 1000 euro: tutti i dettagli della Manovra

Nella bozza della Manovra c'è la rottamazione delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro e consegnate entro il 2015. Zero interessi sulle successive

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Alla fine il condono fiscale è arrivato. La bozza della Manovra economica presentata dal Governo Meloni dovrà avere l’ok di Camera e Senato, poi andrà a Bruxelles entro il 30 novembre. Il colpo di spugna riguarda le cartelle esattoriali fino a 1000 euro consegnate dall’agente della riscossione non oltre il 2015.

Cosa succede per le sanzioni fino al 2015

Dal testo: “Sono automaticamente annullati, alla data del 31 gennaio 2023, i debiti di importo residuo, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015”.

I debiti fino a 1000 euro saranno quindi da considerarsi carta straccia e per non pagarli non si dovrà fare nulla. Saranno cancellati in automatico.

I debiti di importo superiore invece andranno pagati per intero, ma si potrà chiedere di dilazionarli in 5 anni.

Rottamazione-quater per cartelle dal 2016 al 2022

Per le cartelle consegnate dall’agente della riscossione a partire dall’1 gennaio 2016 la musica cambia: bisognerà pagarle per intero, ma senza sanzioni e interessi. Si tratta della cosiddetta ‘rottamazione-quater’.

Sarà possibile pagare in 5 anni, per intero o dilazionando gli importi in un massimo di 18 rate.

Per aderire a questa iniziativa si deve fare domanda e si avrà tempo fino al 30 aprile 2023. I pagamenti potranno essere effettuati tramite domiciliazione bancaria, bollettini precompilati o presso gli sportelli di riscossione.

Sanzioni del 2022 che non hanno ancora generato cartelle

Se una sanzione presa nel 2022 non ha ancora generato una cartella esattoriale, pur avendo già superato le scadenze ordinarie di pagamento, ci sarà una maggiorazione del 5% a titolo di sanzione. Anche in questo caso c’è la possibilità di dilazionare i pagamenti in 5 anni.

In caso il Fisco abbia già inviato un avviso bonario per avvertire il contribuente che vi sono scostamenti tra quanto dichiarato e quanto versato nel biennio Covid 2019-2020, la sanzione dal 5% scende al 3%. La rateizzazione potrebbe scendere dai 5 ai 2 anni.

Il Viceministro all'Economia Maurizio LeoFonte foto: ANSA
Nella foto Maurizio Leo, viceministro dell’Economia.

Un condono che non è un condono

L’iniziativa ha suscitato applausi, ma anche un vespaio di polemiche. Chi la difende lo fa in punta di diritto giocando sulle definizioni e sui tecnicismi.

Guai dunque a chiamarlo ‘condono’: presentando l’iniziativa il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, da scafato tributarista, ha voluto mettere i puntini sulle i e ha specificato che è condono solo se c’è un taglio dell’imposta.

La dicitura da utilizzare secondo il Governo, dunque, sarebbe ‘tregua fiscale’, che riprende nella forma quella ‘pace fiscale’ invocata da Matteo Salvini ai tempi del governo giallo-verde.

La ratio, oggi come ai tempi del Conte I, è sempre la stessa: aiutare chi ha accumulato debiti con la pubblica amministrazione e snellire le pratiche di recupero.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha difeso l’iniziativa parlando di un Fisco “non più aggressivo e punitivo, ma giusto con chi è in difficoltà”.

Sì, perché anche recuperare imposte e multe inevase ha un costo e mandare in riscossione cartelle intestate ad aziende fallite da anni o a persone decedute o trasferitesi all’estero o irreperibili per un qualsiasi motivo e che risalgono ad anni addietro significa stressare ulteriormente la già ingolfatissima macchina burocratica.

Per non parlare del fatto che i costi di gestione delle pratiche, in caso di importi modesti, possono arrivare a superare la cifra che si intende recuperare.

Il viceministro Leo ha difeso l’iniziativa in questi termini: “Sono cartelle non più esigibili, le togliamo perché sono pure passati i 7 anni. Inesigibili magari perché nel frattempo il contribuente è morto o le aziende fallite”.

Leo intende insomma “togliere di mezzo questo stock imponente, circa 1.132 miliardi di carichi affidati all’agente di riscossione, di cui secondo la Corte dei Conti solo il 6-7% è riscuotibile”.

L’obiettivo sarebbe dunque quello di “smaltire l’inesigibile”. “Non possiamo – conclude Leo – tenere ancora questo stock di cartelle”.

Le critiche alla tregua fiscale

I condoni fiscali incentivano l’illegalità e umiliano i cittadini che rispettano le regole. Queste le critiche che vengono mosse ad ogni governo che faccia un condono. Anche se, è bene ricordarlo, quasi ogni governo ha fatto un condono.

Oggi il più caustico è il pentastellato Giuseppe Conte che si rivolge direttamente a chi ha qualche scheletro nell’armadio: “Evasori e corrotti state tranquilli. Tra condono fiscale e innalzamento della soglia del contante, farete la pacchia”.

Conte, però, da presidente del Consiglio ha condiviso quella ‘pace fiscale’ richiesta dal suo vicepremier Matteo Salvini e poi approvata nell’ottobre del 2018.

Lo scorso ottobre il segretario del PD Enrico Letta, percependo come si sarebbero evoluti gli eventi, aveva alzato le barricate: “Sul Fisco abbiamo capito solo una parola: condoni, condoni e condoni. Non ci troverà”.

Lo stesso Letta, però, nel 2013 fece un condono a favore delle concessionarie di slot machine non in regola con il Fisco (articolo 14 del decreto-legge 102/2013 successivamente convertito in legge).

D’altra parte in Italia la media è di un condono ogni due anni. Il primo condono fu approvato nel 1861, quattro mesi dopo l’unità d’Italia.

La pubblicistica, le opposizioni politiche e il senso comune utilizzano il termine ‘condono’ per ogni aiuto a chi abbia debiti con il Fisco.

Come sempre si gioca sul filo delle definizioni: tecnicamente si considera ‘condono’ la norma che permetta ai cittadini di non pagare le tasse. Se invece ciò che si cancellano sono solo le sanzioni, allora il termine più appropriato è ‘sanatoria’.

Messe così le cose, nella storia repubblicana dal 1861 al 1972 si è andati avanti con le sanatorie. Poi si è aperta la strada ai condoni.

Una filiera da rivedere

Gli evasori fiscali non sono l’unico problema. In Italia la filiera dei pagamenti alla pubblica amministrazione fa acqua da tutte le parti. La situazione è drammatica: il Comune di Roma, per fare un esempio, nel quinquennio che va dal 2017 al 2021 ha riscosso appena il 34% della Tari e solo il 20% delle multe.

È stato il Comune stesso a fare mea culpa presentando i dati nel corso dell’Assemblea capitolina del rendiconto di bilancio.

La situazione è generalizzata e riguarda il Nord come il Sud. A Milano le contravvenzioni stradali non pagate ammontavano a 176 milioni nel 2016, 157 nel 2017, 134 nel 2018 e 68 milioni del 2020.

Per quanto riguarda lo stato delle sole multe stradali il ‘Sole24Ore’ ha fotografato un andazzo impietoso: nel 2018 su 1.63 miliardi di euro i comuni ne hanno recuperati meno della metà: 605 milioni.

La maglia nera della riscossione spetta a Catania, dove nel periodo considerato solo il 5.3% dei cittadini ha pagato le multe.

Quei bilanci comunali ‘gonfiati’

Il problema delle mancate riscossioni genera bilanci spesso inattendibili. In molti comuni italiani multe e imposte che non saranno mai riscosse vengono inserite nei bilanci di previsione fra le voci attive. Si generano così delle previsioni di entrata solo virtuali e che alla fine dell’anno non saranno confermate dalle entrate effettive.

Questo, di fatto, per molti comuni è un modo del tutto legale di gonfiare i bilanci.

giorgia meloni Fonte foto: ANSA
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