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Rischio diabete per chi beve dalle bottiglie di plastica, l'allarme in uno studio: l'intervista all'esperto

Bere dalle bottiglie di plastica, che rilasciano microplastiche, può far aumentare le probabilità di avere il diabete. Il nuovo studio spiegato dall'esperto

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Bere da bottiglie di plastica, che possono rilasciare microplastiche, aumenta il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 2. A indicarlo è un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Diabetes e destinato alla presentazione in occasione della sessione scientifica della riunione dell’American Diabetes Association. L’attenzione si è focalizzata sull’azione del cosiddetto BPA (il bisfenolo A), una sostanza chimica utilizzata per gli imballaggi di bevande e cibo, tra cui le comuni bottiglie di plastica. L’intervista a Francesco Giorgino, professore ordinario di Endocrinologia presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro.

Lo studio sul diabete e le bottiglie di plastica

I ricercatori della California Polytechnic State University hanno analizzato le possibili conseguenze sull’organismo, e in particolare sul metabolismo, dopo aver offerto esposto un gruppo di 40 persone adulte all’azione di 50 microgrammi per kg di peso corporeo di BPA, giornalmente.

Hanno poi confrontato i risultati con quelli di un gruppo di controllo ai quali era stato offerto un placebo.

diabete bottiglie plasticaFonte foto: iStock

La dose di bisfenolo A e il rischio di diabete

Va precisato che la dose di bisfenolo A era comunque entro i limiti di sicurezza stabiliti dall’EPA, l’agenzia americana di protezione dell’ambiente.

Ciò che è stato osservato conferma quanto emerso già da precedenti studi, ossia che il BPA è in grado di influire sugli ormoni umani.

In questo in particolare, i ricercatori hanno scoperto che può ridurre la sensibilità dell’insulina, l’ormone che regola il metabolismo degli zuccheri nell’essere umano.

La vera novità, inoltre, è che la sostanza chimica può aumentare il rischio di diabete di tipo 2.

L’intervista a Francesco Giorgino

Lo studio americano sembra dimostrare ulteriormente la nocività del BPA per il metabolismo umano. In che modo, in particolare?

“Che il bisfenolo A possa avere effetti di interferente endocrino è noto da tempo. Per esempio, diversi gruppi di ricerca hanno confermato con i loro lavori che può modificare il differenziamento degli adipociti, cioè le cellule di grasso e favorendo lo sviluppo di obesità. Certamente va detto che è difficile dimostrare un rapporto diretto tra l’azione degli interferenti endocrini e l’insorgenza di alcune malattie, ma il valore di questo studio è che appare rigoroso, perché espone alcuni soggetti a queste sostanze e altri no, evidenziandone i differenti effetti”.

Si può parlare, quindi, di fattore di rischio?

“Sì. È noto, infatti, il meccanismo che mette in rapporto il bisfenolo A con i processi che regolano il metabolismo e il funzionamento dell’insulina. Non mi sorprende, quindi, che l’esposizione a livelli maggiori di questa sostanza possa creare un’insulino-resistenza. È comunque un fattore di rischio, non una causa. Significa che da solo non è sufficiente a poter parlare di sviluppo della patologia: è una condizione che lo facilita”.

Quali sono gli altri fattori di rischio principali?

“Gli altri sono soprattutto l’obesità (e, come anticipato, si è visto che il bisfenolo A potrebbe giocare un ruolo importante nello sviluppo di tessuto adiposo. Altri fattori sono rappresentati dalla familiarità, cioè per esempio avere genitori che hanno il diabete di tipo 2, oppure lievi alterazioni della glicemia. In questo caso, anche se non sono tali da porre diagnosi di diabete, incrementi di glicemia a digiuno o variazioni in gravidanza possono concorrere allo sviluppo futuro di diabete”.

Come si può limitare l’esposizione a sostanze come il bisfenolo A, che può presente nelle plastiche?

“Purtroppo si tratta di sostanze utilizzate nella produzione industriale e possono avere appunto effetti nocivi sulla salute umana. Sono impiegate, per esempio, per il confezionamento degli alimenti e in contenitori di bibite come le lattine, e si aggiungono ad altre sostanze con effetti potenzialmente dannosi, come conservanti ed edulcoranti. Il rischio che finiscano nel cibo o nelle bevande, dunque nel nostro organismo, può esserci. Il tema è di grande attualità e se ne discute da tempo, anche per l’impatto che la plastica ha sull’ecosistema in senso più generale, a livello di inquinamento ambientale”.

Quali potrebbero essere le soluzioni concrete?

“In termini pratici il consiglio è di limitare l’uso di contenitori usa-e-getta, tornando a impiegare quelli realizzati con altri materiali, come il vetro. Anche perché i possibili effetti nocivi degli interferenti endocrini non si limitano al rischio di diabete, ma riguardano anche le malattie metaboliche in genere, alcuni tumori e le patologie cardiovascolari”.

Si possono ridurre i rischi per la salute anche in altro modo, magari scegliendo accuratamente anche capi di abbigliamento o detergenti o ancora cosmetici?

“Certo, anche perché gli interferenti endocrini non sono solo il bisfenolo A, ma ne esistono di diversi, che possono essere contenuti anche nei prodotti citati. Alcuni possono avere effetti sul funzionamento della tiroide, per esempio, o sulla fertilità – specie per gli uomini, alterando la produzione di testosterone – altri impattano appunto sul metabolismo”.

È pensabile che il bisfenolo A possa essere messo al bando, per esempio per la produzione di materiali in plastica come le bottiglie o altri contenitori?

“Io credo che, come avvenuto per altri processi similari, nel momento in cui crescono le evidenze sul fatto che una sostanza specifica possa essere dannosa alla salute, si cerca un’alternativa. È accaduto anche con l’olio di palma e posso testimoniarlo in modo diretto: noi stessi avevamo dimostrato che l’acido palmitico, di cui è ricco l’olio di palma, aumenta il rischio di diabete perché può danneggiare le cellule che producono l’insulina. Lo abbiamo affermato qualche tempo fa, non senza andare incontro a qualche critica e resistenza da parte dell’industria alimentare. Poi, però, si è assistito a una riconversione e oggi la maggior parte dei prodotti da forno in Italia non contiene più olio di palma, ma altri olii come quello di semi di girasole, meno dannoso. Un’alternativa si può trovare. Nel frattempo sarebbe bene utilizzare il più possibile il vetro invece che la plastica, o altri materiali sostitutivi”.

bottiglie-plastica-diabete Fonte foto: iStock
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