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Rigopiano, appello bis chiesto dall'accusa in Cassazione: "Fare un nuovo processo per l'ex prefetto"

Il pg di Cassazione Giuseppe Riccardi ha chiesto un nuovo processo per l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, accusato di rifiuto di atti d'ufficio e di falso nell'ambito della tragedia di Rigopiano

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Alberto Cantoni

GIORNALISTA

Giornalista professionista. Scrive di cronaca e attualità, ma le passioni più grandi sono la tecnologia e l’innovazione. Dopo una laurea in Comunicazione e un master in Giornalismo muove i primi passi nelle redazioni di alcune testate nazionali tra Milano e Roma. Attualmente collabora con diverse realtà editoriali.

Svolta giudiziaria sul fronte della tragedia di Rigopiano. Il procuratore generale di Cassazione Giuseppe Riccardi ha chiesto un nuovo processo per Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara accusato di rifiuto di atti d’ufficio e di falso. La decisione servirà a valutare le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e depistaggio per le quali l’uomo era stato assolto in appello. Chiesto anche l’annullamento di sei assoluzioni per dirigenti regionali.

Svolta nel processo di Rigopiano: appello bis chiesto in Cassazione

La tragedia risale al 18 gennaio 2017: all’epoca dei fatti 29 persone morirono a causa di una valanga che travolse il resort del comune abruzzese alle pendici del Gran Sasso.

I “segnali d’allarme” prima della tragedia sarebbero stati “molteplici“, secondo quanto sostenuto dall’accusa. A testimoniarlo ci sarebbero bollettini metereologici “accessibili a chiunque”, oltre che relazioni e ordinanze.

Striscione all’ingresso del Tribunale di Pescara nel giorno della sentenza di primo grado per la tragedia di Rigopiano, nel febbraio 2023.

I bollettini in particolare, come riporta La Stampa, indicavano “9 valanghe prossime all’hotel, la necessità di tenere sotto controllo l’area” e “il territorio classificato come sismico livello 2“.

Le parole del procuratore generale Giuseppe Riccardi

“Non è sufficiente affermare la mancanza della ‘carta valanghe‘ per deresponsabilizzarsi“, ha spiegato il procuratore generale di Cassazione Giuseppe Riccardi al termine della requisitoria durata più di due ore.

Secondo il pg, i campanelli d’allarme c’erano e sarebbero stati evidenti: “Il giorno prima, 17 gennaio 2018, il pericolo valanghe era diventato ‘forte‘ e la situazione era stata comunicata alla prefettura e questo rendeva obbligatoria almeno la costituzione di una sala operativa. Misure idonee sarebbero state lo sgombero dell’hotel, la chiusura della strada, la richiesta di intervento dell’esercito”.

Riccardi ha chiesto l’annullamento delle assoluzioni di sei rappresentanti della protezione civile abruzzese e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio. Insieme a loro, l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, l’allora sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il tecnico comunale Enrico Colangeli.

“In questo processo ci sono dei grandi assenti: i responsabili generali della protezione civile“, ha concluso. “Una sentenza che li esclude, è ragionevole? Sono loro i principali garanti della sicurezza. Avrebbero dovuto adottare la carta valanghe della Regione e prevedere il rischio”.

La tragedia di Rigopiano

Il 18 gennaio 2017, una valanga di enormi proporzioni travolse l’Hotel Rigopiano, un resort a 1.200 metri di altitudine nel cuore del Gran Sasso, in Abruzzo, causando 29 vittime tra ospiti e personale. 11 persone furono estratte vive dalle macerie, tra cui alcuni bambini.

L’evento fu scatenato da una combinazione di fattori: una serie di forti scosse sismiche e nevicate eccezionali che avevano isolato l’area per giorni.

Le difficoltà nei soccorsi, dovute al maltempo e alla neve alta, ritardarono parecchio l’intervento, cosa che scatenò polemiche per presunte inefficienze nella gestione dell’emergenza e nei ritardi nell’invio dei mezzi di soccorso.

Fonte foto: ANSA

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