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Reddito di cittadinanza, tutte le modifiche in arrivo: sospensioni, decurtazioni e cancellazione al primo "No"

Stretta sul Reddito di cittadinanza: il sottosegretario Durigon spiega come sarà modificata la misura

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Il Reddito di cittadinanza che fine farà? In che modo sarà modificato? Non è un mistero che il governo guidato da Giorgia Meloni abbia intenzione di ‘sistemare’ la misura simbolo del Movimento 5 stelle. Il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon, raggiunto dal Corriere della Sera, ha spiegato in che modo l’esecutivo vuole ‘correggere il tiro’ sul provvedimento.

Reddito di cittadinanza, niente abolizione: ecco le modifiche previste

Chi temeva un’abolizione in tronco del Reddito di cittadinanza può tirare un sospiro di sollievo. Tale scenario non si manifesterà. Ci sarà “un décalage e un sistema che incentivi le persone a lavorare”, ha dichiarato Durigon.

La Lega vorrebbe mettere mano al Rdc per finanziare la riforma delle pensioni, la cosiddetta Quota 102 (41 anni di contributi più 61 di età). Non c’è il rischio di levare soldi ai bisognosi per darli ai pensionati? “Ma no – ha chiarito Durigon – vogliamo solo dare una risposta diversa a chi può lavorare: dignità attraverso il lavoro”.

Stretta reddito di cittadinanza.Fonte foto: ANSA

Durigon: “Il Rdc non può essere a vita”

Quindi? qual è la soluzione proposta dalla Lega? Durigon parla di una soluzione “più morbida di altre che circolano nella coalizione, ma si muove nello stesso solco”. Punto cardine da cui partire: “Il sussidio non può essere a vita. Va fissato un termine oltre il quale non si può andare, un po’ come con la Naspi“, l’indennità di disoccupazione.

Rdc: sospensioni e decurtamenti

Un percorso “ragionevole”, sempre secondo Durigon, è prevedere che “dopo i primi 18 mesi di Reddito, si possa andare avanti al massimo per altri due anni e mezzo, ma con un décalage”.

In concreto, tale proposta, come funzionerebbe? Dopo i primi 18 mesi, se il percettore non è riuscito a inserirsi nel mercato del lavoro, vede sospeso il suo sussidio. L’idea, però, è di non abbandonarlo a se stesso: per sei mesi svolgerà un percorso di politiche attive del lavoro. Per esempio, corsi di formazione adatti al suo profilo e alle richieste delle aziende.

La premier Giorgia Meloni ha detto che tale percorso potrebbe essere retribuito ricorrendo alle risorse del Fondo sociale europeo. Se dopo 6 mesi la persona è ancora disoccupata, potrebbe ottenere di nuovo il Rdc, spiega Durigon, “ma con un importo tagliato del 25% e una durata ridotta a 12 mesi”, durante i quali continuerebbe a fare formazione.

Se dopo tutta tale trafila il percettore non avrà trovato un impiego, vedrà di nuovo sospeso per sei mesi il sussidio. Trascorsi questi sei mesi potrà chiedere per l’ultima volta il Rdc, questa volta “solo per sei mesi e per un importo decurtato di un altro 25%. Prenderà cioè la metà di quanto prendeva all’inizio”.

Addio al Rdc dopo un solo rifiuto

La riforma prevede inoltre che il Rdc sarà revocato laddove il beneficiario rifiuterà una sola offerta congrua di lavoro (oggi due).

Rdc, quanti beneficiari potrebbero essere colpiti dalla misura modificata

Laddove dovessero essere attuate le suddette modifiche, quante persone sarebbero colpite? “Un percettore su tre del Rdc“, ha sottolineato Durigon. Nel mettere mano al provvedimento, c’è anche l’intenzione di rendere più efficienti le politiche attive. Come? Coinvolgendo maggiormente le agenzie private, dando incentivi a chi riesce a collocare al lavoro gli interessati.

Capitolo controlli. “Pensiamo – ha spiegato sempre il sottosegretario al Lavoro – che il sistema non debba più essere gestito centralmente dall’Inps ma sul territorio dai comuni, che conoscono meglio le reali situazioni di povertà”.

Rdc e quel filo che lo lega alla riforma delle pensioni

Con tali ‘correttivi’, secondo i calcoli di Durigon, si risparmierebbero “a regime, cioè alla fine del percorso, almeno 3 miliardi” su una spesa di circa 8 miliardi l’anno.

“Ma già in partenza, con la sospensione e il taglio del 25% del sussidio, circa 1,2 miliardi, senza contare i risparmi con i controlli”, assicura sempre Durigon. I soldi che verrebbero risparmiati “magari” potrebbero essere usati “per rafforzare gli interventi verso i veri poveri e poi per introdurre Quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro”.

Quota 41 porta a Quota 102 (41 anni di contributi più 61 di età), bandiera leghista. “Darebbe la possibilità di andare in pensione prima a una platea di circa 90mila lavoratori”, ha concluso il sottosegretario.

rdc Fonte foto: ANSA
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