Quali sono le allergie più diffuse e come riconoscerle: i sintomi e l'ipotesi di un vaccino per immunizzarsi
Con l’arrivo della primavera, tornano le allergie: tra farmaci tradizionali e monoclonali, si fa largo anche la strada di un possibile vaccino
Con la primavera ormai avviata, tornano puntuali anche le allergie. A crescere, in chi ne soffre, è soprattutto la speranza di un nuovo vaccino che limiti di fastidi e i rischi connessi. L’ultima volta se ne era parlato quasi un anno fa, a giugno 2022, quando uno studio austriaco aveva alimentato le aspettative. A che punto è la ricerca? Ma, soprattutto, quali sono le allergie più diffuse? L’intervista concessa a Virgilio Notizie di Gianluigi Marseglia, presidente della la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip).
La ricerca sul vaccino contro le allergie
Un team di ricerca dell’Università di Medicina di Vienna, in un lavoro pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, ha scoperto dove e come gli anticorpi rilevano il principale allergene del polline di artemisia comune e innescano la risposta immunitaria, oltre a come “i frammenti del principale allergene possono essere utilizzati per una terapia efficace e sicura”, spiega il responsabile Winfried Pickl.
Gli esperti avevano individuato, quindi, dove e come gli anticorpi di tipo immunoglobuline E (IgE) rilevano il principale allergene del polline di artemisia (Art v 1) e innescano la risposta immunitaria esagerata. Ma soprattutto si era capito che gli elementi costitutivi delle proteine del principale allergene del polline dell’artemisia potevano (e possono) essere bloccati dagli anticorpi IgG (immunoglobulina G).
L’intervista a Gianluigi Marseglia
Questo è stato un punto di partenza importante, ma oggi a che punto siamo con gli studi e le scoperte? L’opinione di Gianluigi Marseglia, presidente della SIAIP, la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica, ai microfoni di Virgilio Notizie.
A quasi un anno dall’annuncio di una importante scoperta che sembrava aprire le porte a un vaccino contro le allergie, in particolare quella da polline di artemisia, a che punto siamo con le cure contro queste patologie?
“Intanto occorre premettere che, nonostante gli sforzi, le allergie sono in continuo aumento. Si calcola che almeno il 50% dei bambini e ragazzi entro i 14 anni soffra di una qualche forma di allergia: si tratta di un numero enorme”, spiega Marseglia.
Quali sono le più diffuse tra le allergie che riguardano giovani e meno giovani?
“Le allergie sono molto eterogenee tra loro. Tuttavia possiamo dire che la metà, dunque circa il 50%, è di tipo respiratorio. Poi vanno messi in conto anche tutti quelli che possono soffrire di un’allergia cutanea o alimentare, che però è molto più ridotta rispetto a quella respiratoria e in genere colpisce i più piccoli. Si stima che rientri in quest’ultima casistica circa il 4/5% di coloro che hanno un’allergia: non si tratta di un percentuale neppure così ridotta, ma in genere tende a risolversi nel tempo, insomma non persisterà nel corso della vita, mentre chi ha una forma respiratoria solitamente deve conviverci per sempre”, spiega l’esperto.
Tra i sintomi di alcune allergie stagionali c’è la congiuntivite. Per la prevenzione viene consigliato di stare lontani dalla causa scatenante, quindi l’allergene, oppure di usare un collirio antistaminico. Ma esistono anche forme gravi di allergie, che possono essere di natura respiratoria o dermatologica. Come si interviene?
“Intanto precisiamo che, se da un lato le allergie aumentano, dall’altro è vero che oggi la capacità di diagnosi è migliorata, diventando più puntuale e raffinata. Riusciamo ad andare in profondità, fino a scoprire le cause molecolari scatenanti e grazie a questi mezzi possiamo sviluppare terapie altrettanto efficaci per gestire soprattutto le forme gravi, quelle che creano disagi relazionali gravissimi, come la dermatite atopica, l’orticaria e asma grave, che hanno ricaduta pesante sulla qualità di vita di chi ne soffre, in modo cronico e grave – premette l’allergologo – Tra le terapie tradizionali ci sono i farmaci fondamentali, non superati: per la cura della pelle si tratta di idratanti, emollienti e steroidi come il cortisone in loco, di cui però non si può abusare; per le allergie respiratorie ci sono farmaci insostituibili come i broncodilatatori e i cortisonici che tolgono l’infiammazione a livello bronchiale, ma vale lo stesso principio, per cui non se ne può abusare altrimenti gli effetti collaterali supererebbero i benefici. Il problema si pone con i pazienti gravi, per i quali saremmo costretti a usarli a dosaggi molto elevati e con maggiore frequenza. A loro vanno i nostri sforzi nel ricorso a nuove ‘armi’”, spiega Marseglia.
Quali sono, allora, le nuove armi a disposizione? Se per il vaccino vero e proprio è ancora presto, ci sono forme di immunizzazione che possono avvicinarsi a questo tipo di profilassi?
“In effetti sì. Da qualche anno si somministrano dosi crescenti della sostanza a cui un soggetto è allergico. Questo porta il sistema immunitario a riconoscere l’allergene e man man a imparare a difendersi. Di fatto si crea una sorta di tolleranza alla sostanza che scatena l’allergia, cioè il soggetto diventa tollerante nei suoi confronti. Il principio non è nuovo, anzi è noto da 100 anni. Oggi si è arrivati a maggiore raffinatezza nel seguire questa tecnica, che viene definita quasi di tipo farmacologico. Io credo che questa sia una forma di vera ‘gestione’ delle malattie allergiche, perché è l’unica metodologia che ci permette di modificare la storia della malattia: in altre parole, se lo si fa da piccoli, ci permette che in un futuro questo soggetto diventi tollerante, modificando il suo modo di reagire, senza curarlo. Lo si fa anche in Italia, ma io penso che questa strada andrebbe implementata. Ovviamente questo non può avvenire se l’allergia è causata da agenti atmosferici legati all’inquinamento”, osserva l’esperto.
Nel frattempo anche un’altra categoria di “farmaci” si fa largo, ossia gli anticorpi monoclonali. Come funzionano e chi può averne accesso?
“I monoclonali sono l’alternativa importante ai farmaci tradizionali quando questi non funzionano o in casi molto severi, quando – come accennato – non è possibile somministrare dosi elevate di farmaci senza correre rischi di reazioni avverse. Si somministrano tramite iniezioni (in genere una al mese) solo presso centri ospedalieri e in casi molto ben selezionati. Occorrono, quindi, dei requisiti. L’identikit del paziente che può ricevere queste terapie non è legato all’età, quanto piuttosto alla gravità dell’allergia. Tra questi, infatti, ci sono anche molti bambini, per esempio con asma grave.
Ma quali sono, nel dettaglio, i requisiti necessari per ricevere gli anticorpi monoclonali?
“È necessario che il soggetto sia affetto da malattia allergica, che non risponda ai trattamenti convenzionali, che abbia crisi ripetute nonostante le terapie tradizionali alle quali si deve essere sottoposto e che queste prevedano un dosaggio elevato tale per cui corra rischi di effetti collaterali – precisa l’allergologo – Questi principi valgono sia per l’asma grava che per la dermatite atopica grave, che è una malattia infiammatoria della pelle, ampiamente diffusa su tutta la superficie del corpo e che porta un prurito insopportabile. Quando questo, per esempio, è tale da impedire un sonno adeguato anche di notte, che quindi si riflette negativamente sulle funzionai vitali giornaliere, come andare a scuola o al lavoro, allora si configura una forma severa di allergia tale da richiedere l’accesso ai monoclonali”. “Infine per l’orticaria, che è un altro caso per cui si prevedono queste cure, è necessario che il soggetto abbia seguito i trattamenti convenzionali per almeno 4/6 settimane continuative (come gli antistaminici) senza che queste abbiano dato risultati positivi. Fortunatamente i soggetti di questo tipo non sono tanti, ma per loro i monoclonali sono fondamentali perché le allergie impediscono loro di vivere in modo sereno”, conclude Marseglia.