Vaccino, qual è il rischio più grande secondo Pregliasco
Il virologo Fabrizio Pregliasco ha spiegato qual è il grande rischio della vaccinazione dal punto di vista della diffusione del contagio
Il governo ha annunciato che tante attività ripartiranno dal 26 aprile. Un “rischio calcolato”, così lo ha definito il premier Mario Draghi, che però ha attirato critiche forti da parte degli esperti, su tutti Massimo Galli. La vaccinazione è ancora troppo lenta e sul tema è intervenuto anche Fabrizio Pregliasco, direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, ospite della trasmissione ‘Coffee Break’ su La7.
Vaccino, qual è il rischio più grande secondo Pregliasco
Fabrizio Pregliasco ha acceso in primis i riflettori sulle dosi disponibili: “Il problema è la scarsezza delle dosi, che speriamo essere risolta nel breve”.
Il piano vaccinale si è modificato “in funzione di questo”, ma “in questo momento di scarsezza è bene avere un meccanismo trasparente e oggettivo, che privilegi i soggetti più fragili“.
Vaccinando “il 40% della popolazione, e soprattutto i più fragili, vedremo il calo della mortalità e della pressione sugli ospedali“, ha aggiunto.
Pregliasco ha poi parlato del grande rischio della vaccinazione: “Le temperature alte, lo stare all’aperto e la maggiore ventilazione ridurranno la possibilità di contagio del virus. La scommessa è la vaccinazione, ma il guaio è che questa abbassa la percezione del rischio, perché fa abituare al rischio. Si diventa disinvolti e non si usa più la mascherina“.
AstraZeneca e Johnson&Johnson, il parere di Pregliasco sulle trombosi
Sul tema delle trombosi, Pregliasco ha parlato di una “comunicazione cacofonica delle varie nazioni rispetto a un rischio che è infinitesimo”.
L’esperto ha sottolineato che “le trombosi hanno la probabilità più alta di verificarsi, fino a 500 volte, con il fumo, rispetto al vaccino”.
“Si tratta di una questione di percezione e diffidenza nei confronti dei vaccini – ha proseguito -: ho sempre visto questa difficoltà, senza considerare la gravità della malattia. Il Covid ha poi questo difetto: non è una malattia mortale per tutti, quindi c’è la tendenza alla minimizzazione del rischio. Ma ha un effetto sulla sanità pubblica pesante”.