Perché il formaggio svizzero può "evitare" il contagio da Covid
Si chiama modello del formaggio svizzero e spiega come ridurre il contagio da coronavirus
Una fetta di formaggio svizzero può evitare il contagio da coronavirus? In senso figurato sì. Almeno stando al cosiddetto “modello del formaggio svizzero“, cioè una teoria dell’organizzazione dei sistemi e dell’analisi dei rischi, introdotta per la prima volta dallo psicologo James Reason e riadattata alla pandemia di Covid-19 dal virologo Ian Mackay.
Secondo la teoria del “modello del formaggio svizzero”, che è applicata in vari campi, dall’ingegneria aerea alle catastrofi naturali, nessun provvedimento contro la pandemia è perfetto, ma tutti insieme possono funzionare.
Stando a questa teoria, i sistemi umani sono fatti di più parti e sono immaginabili come fette di Emmenthal sovrapposte.
Ogni parte è sovrapposta all’altra. Ciascuna di esse ha un buco o falla ed è proprio da lì che passano gli errori. Nella fetta successiva, però, il buco si trova in un punto diverso rispetto alla fetta precedente e, quindi, l’errore viene fermato.
Nel caso della pandemia di Covid-19, l’errore è il virus che circola.
Anche se un errore passa in un buco della seconda fetta, secondo il “modello del formaggio svizzero”, si fermerebbe alla terza o a un’altra fetta successiva.
Nessun intervento singolo, quindi, è privo di imperfezioni ma tutti insieme migliorano molto le probabilità di successo.
I vari governi, ha spiegato il virologo Mackay, stanno adottando diversi “provvedimenti fetta”, dalle mascherine al distanziamento passando per la Dad, lo smart working e i reparti Covid.
Adottandoli tutti insieme, ha spiegato il virologo, il rischio può essere ridotto di molto.
Le critiche al modello del formaggio svizzero
Nell’applicazione, il “modello del formaggio svizzero”, come si legge sul ‘Corriere della Sera’, si presta a varie critiche: per esempio, a seconda del tipo di rischio che si vuole evitare, non tutte le misure risultano efficaci.
Nel caso specifico del Covid-19, bisogna poi modulare gli interventi conoscendo il comportamento del patogeno, ma anche le caratteristiche del territorio in cui si sparge.
Ci sono, poi, “fette” più efficaci e altre meno. Non ultimo, conta la tempistica degli interventi.
Ad ogni modo, secondo questo modello, più interventi (più “fette”) ci sono, più aumentano le probabilità di raggiungere il proprio obiettivo.