Perché Andrea Delmastro è stato condannato a 8 mesi nel processo sul caso Cospito e cosa dice la sentenza
Perché Andrea Delmastro è stato condannato nel processo legato al caso di Alfredo Cospito, il ruolo di Giovanni Donzelli e le accuse alla magistratura
La tensione tra il Governo e la magistratura cresce sempre di più. Il sottosegretario al Ministero della Giustizia, Andrea Delmastro, uno degli alfieri di Giorgia Meloni, è stato condannato a 8 mesi (più interdizione di un anno dai pubblici uffici) per la rivelazione di segreto d’ufficio nel caso riguardante Andrea Cospito, il primo anarchico nella storia italiana a finire al 41-bis. La premier si è detta “sconcertata”, Delmastro – che tra l’altro è avvocato – ha annunciato che non rassegnerà le dimissioni dopo un “processo politico”.
- Le tappe della vicenda e il legame con Alfredo Cospito
- Giovanni Donzelli inguaia Andrea Delmastro
- La confessione di Delmastro
- Il processo e la condanna per rivelazione di segreto d'ufficio
Le tappe della vicenda e il legame con Alfredo Cospito
Per spiegare quanto successo occorre partire dal 2012, quando Alfredo Cospito (oggi gambizza Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare.
Nato a Pescara il 14 luglio 1967, viene arrestato subito dopo e incarcerato a Sassari.
Fonte foto: ANSA
È diventato il primo anarchico a finire al 41-bis per volere di Marta Cartabia, ministra della Giustizia, che nell’aprile 2022 decise di aggiungere questo tipo di regime alla condizione detentiva di Alfredo Cospito, che già da diversi anni era sottoposto alle norme di massima sicurezza previste del codice penale e riservate ai carcerati ritenuti più pericolosi (decisione ovviamente contestata in maniera vibrante dai gruppi anarchici).
Nel frattempo, mentre era in carcere, è stato condannato a 20 anni di reclusione per strage dopo l’attentato del 2006 contro la Scuola carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Ed è proprio a questo reato che si è aggiunta l’aggravante dell’attentato nei confronti di Adinolfi.
Fonte foto: ANSA
Giovanni Donzelli inguaia Andrea Delmastro
Chi sta al 41-bis ha a disposizione un’ora di socialità e Alfredo Cospito, durante la sua detenzione a Sassari, quell’ora l’ha trascorsa – tra gli altri – con il boss della ‘ndrangheta Francesco Presta e il boss della camorra Francesco Di Maio.
In particolare ne salta fuori una, quella con Presta, intercettata dal Gruppo operativo mobile della penitenziaria (Gom): il boss incoraggiava per esempio l’anarchico a insistere sullo sciopero della fame contro il 41-bis. Lo scambio è stato trasmesso al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) che, d’ufficio, ha stilato una relazione, inviandola al gabinetto del Ministero della Giustizia.
Il 31 gennaio 2023 è il giorno dell’autogol di Fratelli d’Italia. La conversazione tra Cospito e Presta viene infatti citata dal deputato Giovanni Donzelli alla Camera per attaccare la delegazione del Pd che era andata a far visita a Cospito nel carcere di Sassari il 12 gennaio 2023, puntando quindi il dito contro Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai, che si erano recati lì per verificare le condizioni di salute di una persona che era in sciopero della fame da circa 3 mesi:
“Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia?”.
La tesi di Donzelli è che loro quattro fossero complici di un nascente sodalizio tra anarchici e mafiosi. Ma il problema è un altro: di fatto, il deputato ha citato come fonte “documenti che sono presenti al Ministero della Giustizia“, smentendo di aver avuto accesso alle intercettazioni grazie al suo ruolo di vicepresidente del Copasir, l’organismo parlamentare che vigila sull’operato dei servizi segreti. Replicando alle domande degli altri deputati, ha prima spiegato che i documenti sono “consultabili da qualsiasi deputato, non sono coperti da alcun segreto e sono stati inviati al Ministero della Giustizia dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”.
A smentirlo però ci ha pensato il giornalista di Domani, Emiliano Fittipaldi, il primo a tirare in ballo Andrea Delmastro: “Si tratta di atti riservati interni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e che possono finire solo sulla scrivania del ministro della Giustizia o del sottosegretario con delega all’Amministrazione penitenziaria. In questo caso si tratta di Andrea Delmastro, compagno di partito di Donzelli” e – tra l’altro – sui coinquilino.
La confessione di Delmastro
La sera di martedì 31 gennaio, Andrea Delmastro confessa a Fanpage di aver fornito a Donzelli le informazioni su Cospito riportate poi in aula:
“In qualità di deputato mi ha fatto delle domande specifiche, a cui io ho risposto. Alle domande di qualsiasi deputato sullo spessore criminale e su eventuali legami, o tentati legami, con la criminalità organizzata, io rispondo. Non è nulla di secretato”.
Il giorno dopo Donzelli conferma la versione di Delmastro al Corriere della Sera.
Il processo e la condanna per rivelazione di segreto d’ufficio
Andrea Delmastro si è sempre difeso sottolineando come i documentati non fossero secretati, ma secondo il capo di imputazione aveva violato la segretezza delle notizie “imposto dalla natura delle notizie intrinsecamente sottratte a una conoscenza diffusa in ragione del regime di segretezza imposto dalla disciplina relativa ai detenuti sottoposti al 41-bis”, girando la relazione sull’inchiesta a Giovanni Donzelli, da quest’ultimo utilizzata contro l’opposizione durante una seduta alla Camera.
I giudici hanno comunque riconosciuto a Delmastro:
- le attenuanti generiche
- la sospensione della pena
Lo hanno condannato in primo grado a 8 mesi, applicando anche l’interdizione di un anno dai pubblici uffici ma respingendo le richieste di risarcimento avanzate dalle parti civili (ossia i 4 parlamentari del Pd accusati da Donzelli nel discorso del 31 gennaio 2023: Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini e Silvio Lai).
Dopo la condanna a 8 mesi in primo grado, l’opposizione (con in testa Elly Schlein del Pd e Giuseppe Conte del M5S) ha chiesto le sue dimissioni, respinte dall’interessato, che ha dichiarato di essere stato vittima di un “processo politico” e – al Corriere – ha aggiunto che “è un dato di fatto che il collegio (dei giudici che lo hanno condannato, ndr) fosse fortemente connotato dalla presenza di Magistratura democratica (la corrente di sinistra, ndr) anche dopo la sostituzione di un componente avvenuta due udienze fa”.
A difenderlo ci hanno pensato anche la premier Giorgia Meloni, che si è detta “sconcertata“, così come il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, “disorientato e addolorato per una condanna che colpisce uno dei collaboratori più cari e capaci”.
Di contro, l’Associazione nazionale magistrati – riprendendo le parole di Meloni – si è detta a sua volta “sconcertata” nel constatare che “ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche”.
