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Pensioni, a novembre aumenti in arrivo: ecco chi saranno i beneficiari e cosa può cambiare in futuro

In attesa dell'adeguamento più consistente di gennaio, nel mese di novembre gli assegni pensionistici degli italiani vedranno un piccolo aumento

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Novembre sarà un mese positivo per i pensionati italiani. In attesa delle rivalutazioni più ingenti in arrivo a inizio 2023, già in questo mese le pensioni registreranno un piccolo adeguamento. Si tratta di un 2% in più per quelle fino a 2.692 euro lordi al mese rispetto a quanto fissato a inizio 2022. Ma le novità positive non terminano qui, perché ci sarà un ulteriore piccolo aumento dello 0,2% dovuto all’andamento dell’inflazione nel 2021.

Pensioni, restano attivi anche i bonus

Oltre a ciò, non bisogna dimenticare che per i redditi fino a 20mila euro è disponibile anche il bonus da 150 euro introdotto dal decreto Aiuti ter, che significa un aumento di 33 euro su una pensione di 1500 euro al mese e di 44 su una pensiona da 2000 (calcoli sempre al lordo). Gli incrementi maggiori sono però attesi per il mese di gennaio 2023, quando grazie al meccanismo della perequazione (o rivalutazione annuale) nel calcolo delle pensioni verrà inserita anche l’inflazione media annuale.

Le cifre non sono ancora disponibili, ma tenendo conto dell’andamento dell’inflazione nel 2022 c’è già chi ipotizza aumenti fino all’8%. A beneficiare dell’adeguamento su tutto l’importo saranno i pensionati che percepiscono un assegno fino a 2100 euro al mese. Per chi supera questa soglia la perequazione sarà valida solo su una parte dell’importo.

Il rischio di tornare alla legge Fornero

Nel frattempo, al netto delle questioni meramente tecniche sull’adeguamento degli assegni pensionistici, il governo Meloni continua a lavorare sul dossier pensioni, uno dei più importanti sul tavolo del nuovo governo.

Questo perché, senza un nuovo intervento legislativo, dal primo gennaio 2023, esaurita Quota 102, tornerebbe in vigore la legge Fornero, che prevede l’uscita solo a 67 anni. In campagna elettorale Giorgia Meloni ha più volte dichiarato l’intenzione di mettere mano al tema pensioni (e soprattutto di evitare il ritorno alla Fornero) e la linea è stata ribadita dalla ministra Marina Calderone subito dopo il giuramento.

Al via le consultazioni con le parti sociali

A inizio novembre la ministra del Lavoro ha incontrato le parti sociali per un primo ascolto, una fase propedeutica al lavoro di pianificazione vero e proprio che si svolgerà nei prossimi tavoli tecnici.

Sulla previdenza Calderone ha indicato già lo schema che il nuovo governo vuole seguire. Uno schema che passa sostanzialmente attraverso due mosse: misure immediate per evitare il ritorno della Fornero e l’avvio di un percorso più lungo per varare una riforma di sistema complessiva basata su “forme di flessibilità che siano sostenibili”.

Pensioni, verso la proroga di Opzione Donna e Ape sociale

Le misure immediato che il governo intende varare, o meglio confermare, sono sostanzialmente due: Opzione Donna e Ape sociale. La prima, introdotta nel 2004 e prorogata più volte, permette di andare in pensione con il sistema contributivo a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi.

L’Ape sociale, invece, è un’indennità che, in attesa di maturare il requisito di vecchiaia, permette di uscire dal lavoro a 63 anni e, a seconda dei casi, con 30 o 36 anni di contributi.

Pensioni, aumenti in arrivo a novembre: a chi spettano
La ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Elvira Calderone

È riservata anche a determinate categorie (disoccupati, disabili per almeno il 74%, caregiver e addetti a mansioni gravose) e consente di incassare un’indennità Inps pari a massimo 3 volte l’assegno sociale fino al pensionamento.

Quota 102 flessibile: come funziona

Più complesso, ovviamente, il discorso relativo alla riforma delle pensioni vera e propria. Anche qui ci sono diverse opzioni sul tavolo. La prima è la conferma di Quota 102 rivista in modo flessibile. Si tratta di una scelta che andrebbe a combinare l’anzianità contributiva del lavoratore con la vecchiaia e permetterebbe di andare in pensione con un’età compresa tra i 60 e i 66 anni e almeno 35 anni di contributi.

Secondo i calcoli della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro sarebbero attualmente 470mila i lavoratori che potrebbero usufruire di questa opzione. Una soluzione complicata dalla ristrettezza dei tempi e dalle scarse risorse disponibili per la prossima manovra finanziaria.

L’idea di introdurre Opzione Uomo

L’altra strada paventata dopo il voto è quella di introdurre la cosiddetta Opzione Uomo o Quota 41 con soglia di età, strada caldeggiata soprattutto dalla Lega. Opzione Uomo prevede la possibilità di andare in pensione anticipata a 58 anni con 35 anni di contributi e il ricalcolo dell’assegno col sistema contributivo per intero.

Inoltre, sarebbe prevista anche la possibilità di andare prima in pensione con un assegno ridotto, ipotesi che non piace ai sindacati che invece hanno parlato della necessità di proteggere il potere di acquisto dei pensionati.

Gli ostacoli per introdurre Quota 41

L’ipotesi Quota 41, invece, prevede il pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età oppure a 62 anni. Si tratta di una misura molto costosa (5 miliardi di euro all’anno) e che dunque potrebbe essere valutata dal governo in maniera “rivista”, come affermato dalla stessa ministra Calderone.

Anche in questo caso, dunque, si tratterebbe di una misura tampone per introdurre elementi di flessibilità in uscita in attesa di una riforma complessiva. L’idea è quella di introdurre un limite di età di almeno 62 anni da sommare con i contributi e arrivare a una sorta di “quota 103”.

Tutte ipotesi, quelle in discussione sulla riforma previdenziale, che dovranno scontrarsi con problemi di bilancio e con i dati che parlano di una popolazione che continua a invecchiare senza che i giovani possano entrare facilmente nel mondo del lavoro.

pensioni-aumenti-novembre Fonte foto: 123RF
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