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Paolo Crepet sulla morte di Giulia Cecchettin: "Genitori responsabili, ragazzi non sanno gestire frustrazione"

Paolo Crepet prende spunto dall'omicidio di Giulia Cecchettin per ragionare sui giovani, sui genitori e sulla capacità di affrontare il dolore

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Mauro Di Gregorio

GIORNALISTA

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Approdato a QuiFinanza e Virgilio Notizie dopo varie esperienze giornalistiche fra Palermo e Milano. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Dopo lo shock collettivo per la morte di Giulia Cecchettin anche lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet cerca di addentrarsi nelle contorte motivazioni che possono avere mosso la mano del presunto assassino Filippo Turetta.

Crepet e le responsabilità dei genitori

I nostri ragazzi non sanno gestire la frustrazione. Si mollano con la ragazzina e vanno fuori di testa, senza proporzione. Ma questa è colpa dei genitori che non glielo hanno insegnato. O meglio, che non li hanno lasciati liberi nella vita di impararlo con le loro esperienze, correndo sempre a proteggerli.

Va dritto al punto Paolo Crepet nell’intervista rilasciata a Il Giornale.

Per lo studioso i genitori cercano costantemente di proteggere i figli dai piccoli e dai grandi dolori della vita e questo, con il tempo, gli impedisce di capire che l’esistenza è fatta anche di sofferenze e frustrazioni che vanno sopportate, gestite, affrontate.

Dolore maestro di vita

Pretendiamo di proteggerli da tutto, non permettiamo che si creino gli anticorpi per affrontare sfide e delusioni. Da quando sono piccoli. Cascare dal cavallino a dondolo e farsi un po’ di male fa parte della vita. Noi, da idioti, che facciamo? Mettiamo la gomma piuma attorno al cavallino.

Crepet individua l’origine del problema:

… sono i genitori i primi a voler essere eternamente giovani. E quindi è ovvio che i loro figli a loro volta non crescano.

Infine l’appello alle mamme e ai papà:

Mamme, papà siate rivoluzionari. Insegnate ai vostri figli a essere liberi. Lasciateli sbagliare, altrimenti non cresceranno e a 22 anni non sapranno gestire cose che avrebbero dovuto imparare a gestire a 16.

Crepet e le lezioni di affettività a scuola

Paolo Crepet esprime infine scetticismo in merito alle proposte del mondo politico che vorrebbe introdurre l’educazione affettiva come materia di studio a scuola.

Proposte in tal senso sono arrivate sia dalla maggioranza che dal Partito democratico.

L’affettività e i sentimenti non si insegnano a scuola. Si imparano per strada, in famiglia, ovunque.

Fonte foto: ANSA

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