Omicidio Vannini, la Cassazione conferma le condanne: la sentenza
La Cassazione si è espressa sul caso di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola nel 2015 a casa della fidanzata Martina Ciontoli
Condanne confermate e rese definitive: la Corte di Cassazione ha messo la parola “fine” al processo sulla morte di Marco Vannini, il 20enne che nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 venne ucciso con un colpo di pistola nella casa di Ladispoli dove viveva la fidanzata Martina Ciontoli con la sua famiglia.
I giudici della quinta sezione penale della Cassazione hanno rigettato i ricorsi degli imputati e confermato la sentenza d’appello bis del 30 settembre scorso che aveva condannato Antonio Ciontoli, padre di Martina, e la sua famiglia per l’omicidio Vannini.
Sono quindi definitive le condanne a 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, imputato per omicidio volontario con “dolo eventuale” e a 9 anni e 4 mesi per “concorso anomalo” per la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico.
I giudici della Cassazione si sono espressi per la seconda volta sul caso: l’ultima volta è accaduto nel febbraio del 2020, quando annullarono la prima sentenza d’appello a carico della famiglia Ciontoli, affermando in base a quanto emerso dal processo che quello di Marco Vannini non poteva essere ritenuto un omicidio colposo.
Le reazioni dei genitori di Marco Vannini
“Ci siamo battuti per 6 anni, la paura c’è sempre ma ci abbiamo creduto fino alla fine. Ora giustizia è fatta“. Queste le prime parole, riportate dall’Ansa, della mamma di Marco Vannini, Marina, visibilmente commossa dopo la lettura della sentenza della Cassazione.
Questa la reazione di Valerio Vannini, il padre di Marco: “Sono contento che finalmente è stata fatta giustizia per Marco. Gli avevamo promesso un mazzo di fiori se fosse stata fatta giustizia e domani è la prima cosa che farò”.
Le accuse dei genitori di Marco ai Ciontoli
I genitori di Marco Vannini, parlando con l’Adnkronos prima del pronunciamento della Cassazione, hanno affermato: “I Ciontoli hanno sempre mentito, continuano a mentire e non si vogliono prendere le loro responsabilità”.
“Sono stati in silenzio sei anni – hanno chiosato – e a ridosso della Cassazione si mettono a parlare sui social. Forse sperano di incidere sulla decisione ma crediamo che i giudici ormai abbiano ben chiaro tutto quello che è successo, anche perché parlano le carte”.
La lettera di Martina Ciontoli alla Cassazione
Martina Ciontoli, all’epoca fidanzata con Marco Vannini, ha scritto una lettera ai giudici della Cassazione pochi giorni fa: “Da anni non riesco a parlarne. Con nessuno. Neanche con chi mi è più vicino. A volte non so comportarmi… a volte sono fuori di me. Come se il dolore sia troppo forte per essere spiegato, per essere capito… A volte mi sembra di non poter comprendere io stessa l’inferno che ho vissuto. E che vivo. Cosa provo nei confronti di mio padre. Cosa ho provato e provo per non aver potuto piangere la perdita di Marco insieme a Marina e Valerio che per me erano come una seconda famiglia”.
“Avrei dovuto chiamarli subito quando ho visto che Marco non si sentiva bene – ha aggiunto Martina -. Per questo mi odiano e non si fidano di me…ma io in quel momento pensavo a capire lui cosa avesse, mentre si lamentava, poi si riprendeva, poi si lamentava…mentre mio Padre diceva che si era solo spaventato e aveva un attacco di panico…provavo a tranquillizzarlo…gli stavo vicino… Marco era grave e aveva un proiettile in corpo…ma io non lo sapevo…non lo sapevo…e le mie azioni e i miei pensieri sono stati inutili per questo”.
L’omicidio di Marco Vannini
L’omicidio di Marco Vannini è avvenuto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, mentre si trovava a casa dei genitori della fidanzata Martina Ciontoli. Intorno alle 23 è stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco dal padre Antonio, che dichiarerà di avergli sparato per sbaglio mentre lui era dentro la doccia.
I soccorsi, nonostante le urla di dolore e le richieste disperate del ragazzo, non sono stati chiamati subito, e quando la famiglia si è decisa a chiedere aiuto al 118 dicono agli operatori che Marco si era ferito cadendo su un pettine. Una serie di bugie che hanno ritardato l’intervento del 118 e avrebbero quindi portato alla morte del ragazzo.