Omicidio Giulia Cecchettin ed ergastolo a Turetta, Elena contro i giudici per l'esclusione dello stalking
La sentenza di primo grado ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Elena attacca sulla mancata aggravante di stalking
La sentenza di primo grado che ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin ha sollevato numerosi interrogativi, in particolare sulla mancata contestazione delle aggravanti di stalking e crudeltà. Mercoledì 4 dicembre Elena Cecchettin, sorella della vittima, ha espresso il suo dissenso sui social, sottolineando come questa decisione rappresenti una mancanza di rispetto verso la memoria di Giulia e un segnale preoccupante per le donne vittime di violenza.
- Omicidio Giulia Cecchettin, la rabbia di Elena
- Le critiche alla difesa di Turetta
- L'avvocato parla di stalking
Omicidio Giulia Cecchettin, la rabbia di Elena
Secondo Elena Cecchettin, la decisione di non riconoscere lo stalking come aggravante riflette un arretramento culturale e un sistema giudiziario ancora poco attento alle dinamiche delle relazioni tossiche.
“Quello che subisci in vita te lo gestisci da sola”, scrive, accusando le istituzioni di limitarsi a slogan e campagne simboliche come quelle del 25 novembre, senza garantire una reale tutela.
Quante donne non potranno mettersi in salvo dai loro aguzzini se nemmeno nei casi più palesi viene riconosciuta una colpa?
Le critiche alla difesa di Turetta
Elena Cecchettin ha anche criticato duramente la linea difensiva adottata dagli avvocati di Turetta.
In particolare, ha giudicato “vergognoso” l’accostamento tra i comportamenti ossessivi dell’imputato e una presunta neurodivergenza.
“Associando queste azioni all’autismo, si banalizzano atti gravissimi e si rafforzano pregiudizi verso le persone neurodivergenti”, ha scritto la sorella di Giulia Cecchettin.
L’avvocato parla di stalking
L’avvocato Nicodemo Gentile, legale della famiglia Cecchettin, ha definito l’esclusione dello stalking “un passo indietro rispetto a una giurisprudenza consolidata”.
Secondo Gentile, i comportamenti ossessivi e le continue pressioni di Turetta configuravano chiaramente una situazione di persecuzione.
Nonostante la condanna all’ergastolo, Elena conclude con una riflessione amara: “È facile richiudere in cella una persona e dire di aver fatto giustizia. Ma è questa la vera giustizia? Giulia Cecchettin dovrebbe fare la differenza per altre donne. Questo sarebbe il vero cambiamento”.
La sentenza lascia dunque una ferita aperta, non solo per la famiglia Cecchettin, ma anche per un Paese che si interroga sulla sua capacità di prevenire e contrastare la violenza contro le donne.