Omicidio di Serena Mollicone, la sentenza della Corte d'Appello: assolta la famiglia Mottola
Si conclude il processo d'Appello per l'omicidio di Serena Mollicone. I giudici assolvono i Mottola e confermano la sentenza di primo grado
Dopo ore di camera di consiglio, la sentenza del processo d’Appello per l’omicidio di Serena Mollicone è arrivata: gli imputati Franco Mottola, suo figlio Marco, sua moglie Annamaria sono stati assolti. Due i morti che gridavano giustizia: la stessa Serena Mollicone, 18enne scomparsa il 1° giugno 2001, e il brigadiere Santino Tuzi, rinvenuto cadavere l’11 aprile 2008 all’interno della sua auto. Per gli inquirenti fu suicidio.
- Processo Mollicone, la sentenza della Corte d'Assise d'Appello
- La reazione della sorella e degli imputati
- Il commento di Marco Mottola
- Gli elementi del processo
- La ricostruzione dell'accusa
Processo Mollicone, la sentenza della Corte d’Assise d’Appello
Venerdì 12 luglio si è chiuso il processo d’Appello per l’omicidio di Serena Mollicone. I giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno assolto gli imputati Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria. I giudici hanno confermato, in sostanza, la sentenza di primo grado.
La famiglia Mottola era accusata di concorso in omicidio volontario, per questo motivo l’accusa aveva chiesto 24 anni per l’ex maresciallo Franco Mottola e 22 anni, ciascuno, per Marco Mottola e la madre di quest’ultimo, Annamaria. Per Vincenzo Quatrale, invece, era stata chiesta l’assoluzione dai reati di concorso in omicidio e istigazione al suicidio, mentre Francesco Suprano doveva rispondere dell’accusa di favoreggiamento per la quale erano stati chiesti quattro anni di reclusione.
La famiglia Mottola al banco degli imputati nel 2022, durante il processo nella Corte d’Assise di Cassino. Nel processo d’Appello per morte di Serena Mollicone, i Mottola erano accusati di concorso in omicidio volontario
Al processo ha partecipato Maria Tuzi, figlia del brigadiere morto nel 2008, ma soprattutto all’esterno degli uffici di piazzale Clodio si era radunato un presidio al quale avevano aderito le volontarie di Telefono Rosa e altre donne residenti nella provincia di Frosinone. Le dimostranti hanno esposto uno striscione con la scritta: “Non può pagare solo lei”, con il volto di Serena Mollicone.
Oltre alle volontarie e alle cittadine ciociare, al presidio Giustizia per Serena ha partecipato anche il fumettista Zerocalcare. L’autore di ‘Strappare lungo i bordi’ si è poi allontanato con la possibilità di ritornare una volta arrivata la sentenza.
La reazione della sorella e degli imputati
Raggiunta dall’Ansa per un commento a caldo, Consuelo Mollicone – sorella della vittima – ha detto: “Sono molto amareggiata, questa non è giustizia“.
Dopo la lettura della sentenza, in aula è calato un silenzio irreale, mentre all’esterno è esploso un coro di proteste. Lo scrive Corriere della sera. Gli imputati hanno abbracciato i loro avvocati.
Il commento di Marco Mottola
Anche Marco Mottola, raggiunto dai cronisti, si è lasciato andare in una prima dichiarazione: “L’incubo lo avete causato voi giornalisti“, ha detto all’Ansa.
Alla domanda se sia stata fatta giustizia, inoltre, il figlio dell’ex maresciallo ha risposto con un laconico: “Certo”.
Gli elementi del processo
A entrare nel processo, a questo giro, sono stati diversi dettagli inediti. In primo luogo, per dimostrare che Serena Mollicone fosse stata uccisa all’interno della caserma di Arce è stata esaminata la porta degli alloggi della caserma di Arce. Secondo l’accusa, il segno presente sul legno sarebbe stato compatibile con la ferita riportata sulla testa della 18enne.
Inoltre, a seguito della testimonianza di Carmine Belli, l’accusa ha voluto fare chiarezza sul colore dei capelli di Marco Mottola nel giorno della scomparsa e della morte di Serena Mollicone. Secondo il carrozziere e secondo l’accusa, il figlio dell’ex maresciallo avrebbe avuto le meche, mentre secondo la difesa Marco Mottola aveva i capelli castano chiaro. Per questo motivo in aula è stato ascoltato il suo barbiere di fiducia.
Un altro enigma era la morte di Santino Tuzi, trovato cadavere nella sua auto una settimana dopo aver raccontato agli inquirenti che la mattina del 1° giugno 2001 Serena Mollicone era entrata nella caserma di Arce per poi non uscirne più, almeno finché Tuzi non lasciò la sua postazione per smontare dal turno di lavoro.
Infine, sul nastro usato per confezionare il corpo di Serena Mollicone non sono state rinvenute le impronte degli imputati. Secondo l’accusa, ciò era dovuto all’intervento di persone terze per occultare il cadavere della 18enne.
La ricostruzione dell’accusa
Secondo l’accusa, Serena Mollicone avrebbe litigato con Marco Mottola all’esterno del bar Chioppetelle di Arce, probabilmente per i legami tra il figlio dell’allora maresciallo e lo spaccio di droga del paese. Successivamente la ragazza sarebbe salita in macchina con il giovane, ma all’interno dell’auto avrebbe dimenticato alcuni libri.
Per questo motivo – o semplicemente con l’intento di denunciarne l’illecito di cui lo accusava – Serena Mollicone si era recata in caserma. La ragazza sarebbe salita negli alloggi del maresciallo e proprio lì Marco Mottola l’avrebbe aggredita sbattendole la testa violentemente contro la porta.
In quel momento sarebbero intervenuti i genitori, Franco Mottola e la moglie Annamaria, per allontanare il figlio e confezionare il cadavere per poi nasconderlo diverse ore dopo. La porta sarebbe stata fatta sparire con la complicità di Suprano , ma con l’arrivo del nuovo maresciallo presso la caserma di Arce sarebbe stata recuperata. Serena Mollicone, quindi, sarebbe stata uccisa da Marco Mottola.