Omicidio Desirée: la delusione della madre per la sentenza
Dopo quasi quasi tre anni arriva la condanna per i quattro che hanno drogato, violentato e ucciso la 16enne in uno stabile di San Lorenzo a Roma
Si è concluso con quattro pesanti condanne il processo contro i quattro uomini accusati di aver ucciso la 16enne Desirée Mariottini dopo averla violentata in uno stabile abbandonato del quartiere di San Lorenzo a Roma.
Due gli ergastoli, per Mamadou Gara e Yussef Salia. Per Alinno China la pena è di 27 anni di carcere, mentre per Brian Minthe di 24 anni e 6 mesi. Quest’ultimo risulta attualmente in libertà.
Nella mattinata del 20 giugno è stata tuttavia notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare per l’accusa di omicidio della minorenne, avvenuto nell’ottobre del 2018. Minthe tornerà in carcere.
Omicidio di Desirée Mariottini: la sentenza per i quattro imputati
Sui quattro cittadini stranieri, tutti di origine africana, pendevano le accuse, a vario titolo, di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori.
I giudici della terza Corte d’Assise hanno sentito le parti coinvolte e hanno emesso le sentenze dopo oltre nove ore chiusi nella camera di consiglio.
I pm Maria Monteleone e Stefano Pizza avevano richiesto per tutti il carcere a vita, con l’isolamento diurno. E solo per Mamadou Gara l’assoluzione dalle accuse di cessione di stupefacenti e induzione alla prostituzione.
Omicidio di Desirée Mariottini, parla la madre: “Non ho avuto giustizia”
La madre di Desirée ha dichiarato all’Ansa di non essere soddisfatta di questa sentenza “soprattutto perché uno degli imputati torna libero e questo non doveva succedere. Non ho avuto giustizia”.
Brian Minthe è infatti tornato libero per via della scadenza dei termini di custodia cautelare per l’accusa di droga. Tuttavia il giorno dopo queste dichiarazioni, è stata disposta una nuova ordinanza per far tornare in carcere l’uomo.
Omicidio di Desirée Mariottini, la storia emersa dalle indagini
Dalle indagini è emerso che gli imputati avevano dato alla giovane, in crisi di astinenza, un mix di tranquillanti e pasticche, assicurandole che si trattava solo di metadone.
Si trattava invece di sostanze psicotrope che si sono rivelate letali e che prima hanno determinato la perdita della sua “capacità di reazione“. Così i quattro sono riusciti a procedere con lo stupro di gruppo all’interno di una vera baraccopoli nel centrale quartiere romano.
Nell’ordinanza del gip si leggeva che i quattro hanno agito “con pervicacia, crudeltà e disinvoltura”, dimostrando una “elevatissima pericolosità e non avendo avuto alcuna remora” nel compiere la violenza sessuale e l’azione omicidiaria.
Nel documento sono citate anche le frasi di alcuni testimoni. “Meglio che muore lei che noi in galera”, avrebbero pronunciato alcuni dei condannati.
I quattro “impedirono di chiamare i soccorsi per aiutare” Desirée Mariottini. Gli esami sul suo corpo, disposti dalla Procura di Roma, hanno mostrato le tracce biologiche del branco sotto le unghie e sui vestiti della 16enne.