Omicidio di Avellino, le analogie con il delitto di Novi Ligure
Il piano di Erika e Omar e quello di Giovanni ed Elena, le accuse incrociate e il perdono dei genitori
Ieri il governo Amato e le paure per il cosiddetto “morbo della mucca pazza”. Oggi un altro esecutivo, se non proprio tecnico, di unità nazionale e, sullo sfondo, un’emergenza sanitaria ben più presente e diffusa. Da qualche giorno nella gerarchia delle notizie si è fatto strada un fatto di cronaca che somiglia molto a un precedente delitto, avvenuto giusto 20 anni fa. Si tratta dell’omicidio di Avellino. Le somiglianze con il caso di Novi Ligure e gli assassinii di Erika e Omar sono così numerose che i paragoni si sono in effetti sprecati. A riprova del fatto che quanto accadde il 21 febbraio in provincia di Alessandria rappresenta ancora oggi una ferita nell’immaginario collettivo del Paese.
Il veleno per topi a casa di Erika e le chat che inchiodano i fidanzati di Avellino: la premeditazione
Gli investigatori di Novi Ligure hanno trovato, nella villetta a schiera al centro di un quartiere residenziale, alcune tracce di veleno per topi. L’ipotesi è che si fosse trattato di un primo tentativo della coppia, poi abbandonato, di mettere a segno gli omicidi.
Nel caso di Avellino, rivelatorie sono state le chat. Elena scrive al compagno Giovanni: “Ho deciso, non rimane nessuno”. Quello dei due giovani irpini sarebbe stato un piano messo a punto nei dettagli: “Allora – scrive la 18enne – io scendo comunque a butta’ la spazzatura, così non desto sospetti, né nulla. Tu sali con me e ti lascio la porta aperta, mi prendo a Milly (la cagnolina di casa, ndr) e mi chiudo nella stanza. Appena tu hai finito, vieni da me e ce ne andiamo. Entro prima io, ovviamente. Poi ti mando il messaggio”.
Elena voleva uccidere la sorella, anche il padre nel mirino di Erika e Omar: l’intenzione di sterminare tutta la famiglia
Secondo l’accusa, Erika De Nardo e Omar Favaro progettavano, da mesi, lo sterminio dell’intera famiglia di lei, compreso il padre, sopravvissuto a una strage che non ha risparmiato la moglie e il figlio più piccolo.
Anche nel caso di Avellino, nel mirino non c’era solo il 53enne padre di famiglia. Nella chat si allude anche alla sorella e alla madre: “Non rimane nessuno, nemmeno mia sorella”, scrive Elena in un messaggio al fidanzato.
Più di cento coltellate a Novi Ligure, quattordici volte Giovanni Limata ha infierito su Aldo Grasso: la ferocia degli omicidi
In entrambi gli episodi di cronaca, l’arma del delitto è stato un coltello, con il quale l’omicida ha infierito più volte sul corpo della vittima o delle vittime. Nel caso di Novi Ligure, infatti, i colpi sono stati quasi cento, suddivisi tra il corpo della madre di Erika e del fratellino undicenne. Quattordici invece le coltellate con cui la mano di Giovanni Limata ha trafitto il corpo del padre della fidanzata, Aldo Gioia.
La rabbia che traspare dalla stessa modalità di esecuzione è sicuramente uno degli aspetti più impressionanti. In effetti ne fu profondamente disturbato anche il procuratore di Alessandria Carlo Carlesi, che nel 2001 aveva quasi quarant’anni di esperienza. Alle telecamere pronunciò poche parole con un’evidente difficoltà: “È uno degli episodi più feroci che abbia visto in vita mia – disse – senza scopo, senza senso”.
L’ipotesi del tentativo di rapina malriuscito, un movente inconsistente: la testimonianza che non sta in piedi
Le responsabilità dell’efferato gesto che all’inizio degli anni Duemila sconvolse l’opinione pubblica italiana ricaddero inizialmente su alcuni non meglio identificati cittadini albanesi. Fu Erika a parlarne per la prima volta. Anzi, in una versione dell’accaduto, un racconto definito dagli investigatori “lineare e preciso”, la giovane, 16 anni all’epoca dei fatti, ha detto anche di aver riconosciuto uno degli aggressori, un ragazzo straniero residente in zona. Il fatto è che la versione dei due unici testimoni ha fatto acqua fin da subito. Innanzitutto, non si riusciva a trovare un movente: gli assassini non avevano rubato nulla dall’abitazione. Avevano quindi massacrato una madre e il suo bambino per nessuna ragione? E perché mai svaligiare una casa alle 21, quando gli inquilini non solo erano presenti, ma con molta probabilità ancora svegli? Fu il referto del medico legale a metter fine alle speculazioni: il gesto era stato compiuto dalla figlia, aiutata probabilmente dal suo ragazzo, il 17enne Mauro Favaro, soprannominato da tutti Omar.
La versione di un agguato finito male e messo a punto da non meglio identificati “ladri” è comparsa anche nella prima testimonianza di Elena Gioia. Le urla del padre, che stava riposando sul divano, hanno infatti svegliato gli altri familiari. Dopo l’allerta, Elena avrebbe chiamato la polizia e si sarebbe presentata agli agenti in veste di prima testimone. Nel frattempo, il fidanzato 23enne tornava a Cervinara, comune in provincia di Avellino, con l’arma del delitto. La differenza nel caso irpino è che la coppia ha confessato praticamente subito: le forze dell’ordine erano già a casa del giovane quando quest’ultimo è tornato a casa. Non ci è voluto molto tempo perché crollasse, indicando agli uomini della Mobile il luogo in cui è stato rinvenuto il coltello.
Le affermazioni di Giovanni e la falsa confessione di Erika agli investigatori: dopo gli omicidi, le accuse incrociate
Uniti nel delitto, gli assassini di Novi Ligure e di Avellino si sono invece scambiati accuse reciproche non appena messi alle strette dagli agenti. Quando le indagini si sono indirizzate sulla coppia dell’alessandrino, Erika ha addossato tutte le responsabilità sul complice. Sarebbe stato lui, nel racconto della ragazza, ad aver elaborato e messo in atto il piano. Mentre Susy Cassini, la madre della giovane, bussava alla porta di ritorno dalla palestra, Erika avrebbe visto il fidanzato indossare un paio di guanti, afferrare un coltello e dirigersi verso il bagno. Sarebbe quindi stato sorpreso dalla donna, che avrebbe a questo punto subito l’aggressione mortale. Poi Omar sarebbe andato nella camera del fratellino, dove avrebbe messo a soqquadro la casa costringendo la fidanzata a mentire con la versione dei ladri albanesi. Ma la storia, secondo gli investigatori, non sta in piedi e le condanne, arrivate nel 2002 e nel 2003, furono emesse nei confronti di entrambi.
Nel caso di Avellino è stato tutto più rapido, ferma restando una dinamica assai simile ai quella di venti anni fa. “Ha organizzato lei la strage”, ha detto Giovanni Limata parlando agli agenti nell’interrogatorio che ha fatto seguito all’arresto.
Francesco De Nardo e la mamma di Elena: il perdono dei genitori sopravvissuti
Una delle immagini più strazianti evocate dalle cronache di Novi Ligure vede protagonista Susy Cassini. La madre di Erika avrebbe chiesto alla figlia perché stesse compiendo il delitto, proprio negli istanti in cui veniva colpita a morte con oltre cinquanta coltellate, una domanda seguita, prima di spirare, dalle parole “ti perdono”. Allo stesso modo, Francesco De Nardo, il padre di Erika, è rimasto sempre a fianco della sua figlia, fin da subito, e non l’ha mai condannata: “Mi sei rimasta solo tu”, le aveva detto abbracciandola, in lacrime, poco dopo la tragedia. Oggi Erika ha 35 anni, vive in libertà e, secondo il marito, ha maturato una nuova consapevolezza del terribile gesto compiuto anni fa. Un percorso rispetto al quale il ruolo del padre sarebbe stato assolutamente determinante.
Quello che l’ingegnere di Novi Ligure ha dimostrato con i fatti, ritorna nelle parole della mamma di Elena: “Anche se voleva ucciderci, non posso lasciarla sola”, ha detto la donna a soli pochi giorni dall’accaduto. Il sostegno della famiglia è arrivato anche da parte dello zio, fratello di Aldo: “È una ragazza d’oro”, così si è espresso nei confronti della nipote, suggerendo che potrebbe essere stata plagiata dal compagno. Recente anche l’ipotesi di un tentativo di tutela da parte di Aldo Gioia nei confronti della figlia. Alle forze dell’ordine accorse sul posto, l’uomo avrebbe accennato alla figura dei rapinatori, senza nominare quindi il fidanzato della figlia: un modo, è l’ipotesi, di tutelare Elena.
Non era una vittima designata, ma la madre di Giovanni Limata, Maria Crisci, ha anche lei difeso il figlio: parlando con Il Mattino, la donna si è detta convinta di una manipolazione della fidanzata ai danni del figlio.