Nuovo decreto Albania, Meloni pronta a sfidare i giudici: come potrebbe cambiare l'accordo sui migranti
Il Governo Meloni prepara un nuovo decreto per convertire i centri per migranti in Albania in Cpr e riattivarli senza passare dai giudici italiani
Giorgia Meloni non vuole mollare un centimetro sui centri per migranti e sarebbe pronta a modificare l’accordo con l’Albania. Sul tavolo del Governo sarebbe in preparazione un nuovo decreto per aggirare i giudici italiani, che hanno respinto per tre volte di fila i trattenimenti dall’altra parte dell’Adriatico. La soluzione sarebbe trasformare le due strutture in Cpr, centri per i rimpatri di chi ha ricevuto il decreto di espulsione.
Il nuovo decreto
L’ipotesi sarebbe stata valutata in un vertice tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Si tratterebbe di un decreto bis sull’Albania per rilanciare i centri di Gjader e Shengjin rimasti finora deserti, senza attendere la sentenza della Corte di giustizia europea sulla lista dei Paesi ritenuti sicuri, attesa per il 25 febbraio. Nelle intenzioni dell’Esecutivo, il provvedimento permetterebbe di salvare le strutture svuotate anche dalle Corti d’appello, a cui il Governo aveva affidato la competenza sui trattenimenti dopo le bocciature da parte dei giudici delle sezioni Immigrazione.
Fonte foto: IPA
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni
I centri in Albania
L’accordo con Tirana prevede oggi che il centro di Shengjin venga utilizzato come hotspot per le procedure d’ingresso e prima accoglienza dei migranti salvati dalle acque del Mediterraneo e trasportati in Albania dalla Marina italiana, mentre a Gjader è presente una struttura per il trattenimento e la verifica dei requisiti, con anche un piccolo Centro per il rimpatrio.
Il nuovo provvedimento trasformerebbe entrambi i complessi in due Cpr, destinati quindi ai migranti irregolari presenti in Italia che hanno già ricevuto il decreto di espulsione.
L’obiettivo
Le procedure di rimpatrio non avrebbero bisogno dunque di un ulteriore pronunciamento da parte dei giudici e consentirebbero al Governo Meloni di riattivare i due centri, anche a costo di rinunciare alla giurisdizione alla base del trattato sottoscritto con l’Albania, secondo quanto riferito dal Corriere della Sera, per affidare la gestione direttamente a Tirana.
“Valuteremo se intervenire prima della sentenza” della Corte di giustizia europea, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica il ministro degli Affari Europei, Tommaso Foti.
Nel frattempo pero l’ipotesi ha causato la levata di scudi da parte dell’opposizione: “Perseverare è diabolico, il Governo fermi questa follia che sta creando uno scontro tra poteri senza precedenti e uno spreco di risorse” ha dichiarato la capogruppo del Pd in Commissione Affari costituzionali alla Camera, Simona Bonafè, secondo cui l’Esecutivo “insiste nel tentativo inaccettabile di scegliersi i magistrati e riscrivere le regole in corsa”.
