Muore a 17 anni dopo il trapianto, Franco Locatelli tra gli indagati all'Ospedale Bambin Gesù
L'ex coordinatore del Cts e primario di Oncoematologia è finito sotto inchiesta per la morte di Lisa Federico dopo un trapianto mal eseguito
Il professore Franco Locatelli è indagato in qualità di direttore sanitario del reparto di Oncoematologia del Bambino Gesù di Roma, per la morte di Lisa (Elisabetta) Federico, la 17enne che ha perso la vita nel 2020 a causa di un trapianto al midollo osseo mal eseguito. Il presidente del Consiglio superiore di sanità, conosciuto dall’opinione pubblica per il ruolo di coordinatore del Comitato tecnico-scientifico durante la pandemia, è finito sotto inchiesta insieme a due medici del reparto da lui guidato che avevano seguito la ragazza. Secondo la gip Francesca Ciranna, come riportato dal Repubblica, il primario avrebbe condiviso la terapia sbagliata.
La decisione del Gip
Le indagini degli inquirenti sul caso della morte della 17enne al Bambin Gesù si sono chiuse con la richiesta di rinvio a giudizio dei due specialisti che l’avevano in cura, Pietro Merli e Maria Rita Pinto, entrambi a processo con l’accusa di omicidio colposo.
Riguardo alla posizione del direttore sanitario Franco Locatelli, i magistrati avevano chiesto l’archiviazione, ma il giudice ha respinto l’istanza ordinando ulteriori accertamenti sui metodi e le procedure adottate in ospedale.
“È veramente difficile che Locatelli sia stato all’oscuro delle scelte adottate, che non sia mai stato consultato, che le decisioni intraprese non siano state condivise con lui” è quanto sostenuto dal gip.
Come riporta il Corriere, il giudice ha chiesto al titolare delle indagini, il pm Pietro Pollidori, “di accertare l’effettiva organizzazione dell’unità operativa, nella gestione dei trapianti” e di verificare di sapere “come vengono gestiti i rapporti con i familiari dei piccoli/giovani pazienti”.
La vicenda
Secondo quanto ipotizzato nell’ordinanza del gip Ciranna, dietro al caso ci sarebbero delle mancanze nella comunicazione tra medici e la famiglia della paziente che avrebbero inciso sulla gestione della terapia.
Lisa era stata sottoposta a trapianto, ma le sue condizioni di salute si erano aggravate in seguito alla chemioterapia, che aveva abbassato le difese immunitari. Per l’accusa, i 53 giorni di ospedalizzazione sono stati più del dovuto e hanno esposto la ragazza all’infezione.
Secondo i familiari, assistiti dall’avvocato Andrea Aiello, inoltre, la scelta del donatore fu effettuata secondo criteri poco chiari: i genitori avevano avanzato la proposta del fratello di Lisa, compatibile, mentre i medici avevano deciso per una donatrice non consaguinea.
La replica
“Una decisione che desta molta meraviglia” è il commento del legale di Locatelli, l’avvocato Gaetano Scalise “perché il pm aveva richiesto l’archiviazione avendo svolto indagini approfondite. Non conosciamo ancora le motivazioni del gip che credo abbia posto attenzione più alla vicenda umana che a quella giuridica. In ogni caso non è ravvisabile alcuna responsabilità nel comportamento di tutti i sanitari che si sono occupati delle cure”.