Morte De Donno, la procura indaga per istigazione al suicidio
La procura di Mantova indaga per il reato di istigazione al suicidio, in relazione alla morte del medico Giuseppe De Donno
Novità sull’inchiesta aperta dalla procura di Mantova sulla morte del medico Giuseppe De Donno, ex primario di pneumologia del Carlo Poma che per primo introdusse in Italia la cura col plasma iperimmune per i malati di Covid. Secondo quanto riporta l’Ansa, la procura indaga per il reato di istigazione al suicidio. Sarà inoltre effettuata l’autopsia sul corpo del medico morto il 27 luglio.
Morte De Donno, le indagini per istigazione al suicidio
Gli inquirenti cercheranno di ricostruire le circostanze del suicidio di De Donno, per comprendere se qualcuno possa aver spinto il medico a compiere il gesto estremo senza lasciare alcun messaggio o chiarimento, anche se tutto, al momento, sembra lasciar intendere che l’abbia fatto volontariamente.
De Donno si era dimesso a giugno dall’ospedale di Mantova per iniziare un nuovo impiego, come medico di base a Porto Mantovano, il 5 luglio. Il suo corpo è stato ritrovato martedì 27 luglio dai familiari, nella sua casa a Eremo di Curtatone. I carabinieri e il magistrato hanno ascoltato la moglie e i due figli, e sono stati posti sotto sequestro i dispositivi elettronici del medico.
La terapia col plasma iperimmune e la delusione di De Donno
De Donno era un fervente promotore della terapia a base di trasfusioni di plasma di persone guarite, che nella prima ondata della pandemia di Covid-19 rappresentò un faro di speranza prima dell’avvento di altre cure e dei vaccini. Il suo nome oggi risuona nelle piazze dove avvengono le proteste dei no-vax, che sostengono l’efficacia della sua controversa terapia.
Come riporta l’Ansa, la delusione per la terapia del plasma, non da tutti ritenuta efficace, avrebbe riaperto in lui una profonda ferita; De Donno soffriva infatti di un disagio psicologico che, proprio durante l’emergenza Covid e i lunghi turni di lavoro, era riuscito a tenere a bada.
L’Asst Mantova, attraverso una nota di cordoglio, lo ha ricordato così: “Giuseppe era a momenti solare e in altri ombroso, perché disilluso da qualcosa o indispettito o arrabbiato per non essere riuscito a fare quello che sperava per i pazienti. Per fortuna erano più i successi che gli insuccessi e questo era in gran parte merito della sua caparbietà, che ha dimostrato bene nel periodo così drammatico della pandemia, ma che in parte lo ha profondamento logorato e stancato, come è accaduto a molti di noi e forse a lui più che a tutti”.