Migrante di 30 anni morto a Lampedusa dopo un infarto: 912 persone nell'hotspot, inutili i soccorsi
Nell'hotspot di Lampedusa è morto un migrante di 30 anni. Si indaga sulle circostanze del decesso. Intanto la struttura è di nuovo al collasso
Un migrante di 30 anni è morto nell’hotspot di contrada Imbriacola a Lampedusa. Il giovane è stato colto da un malore che gli ha provocato un arresto cardiocircolatorio per cause ancora da accertare. Indaga la polizia.
- Migrante morto per un malore a Lampedusa
- Hotspot di Lampedusa sovrappopolato
- La strategia Piantedosi per fermare l'immigrazione
Migrante morto per un malore a Lampedusa
Il fatto è avvenuto nella mattinata del 13 gennaio. Le informazioni in merito sono ancora scarse, ma secondo le prime ricostruzioni il giovane avrebbe avvertito un malore e si sarebbe improvvisamente accasciato in stato di incoscienza.
Come riporta ‘La Repubblica’, il migrante è stato prontamente soccorso dai medici del poliambulatorio dell’hotspot che hanno provato a rianimarlo, purtroppo inutilmente. Constata la morte, è stata allertata la polizia che ha avviato un’indagine per chiarire l’accaduto.
Hotspot di Lampedusa sovrappopolato
La struttura di contrada Imbriacola soffre una cronica sovrappopolazione: al momento ospita 912 persone, oltre 500 in più rispetto alla capienza massima prevista.
Nei giorni scorsi il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino ha incontrato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e ha avanzato una richiesta di aiuto per l’Isola:
“O lo Stato ci aiuta con misure concrete e strutturali e stabili a governare questo dramma umano o lo Stato ci deve esentare da tutte quelle che sono le incombenze che derivano dalla gestione dei flussi migratori e deve tenere Lampedusa indenne da quelli che sono i danni”.
Nell’immagine, alcuni giovani migranti appena sbarcati al porto di Lampedusa attendono di essere trasferiti nelle strutture dell’hotspot.
La strategia Piantedosi per fermare l’immigrazione
Intanto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è nel mirino delle Ong, delle sinistre e del terzo polo, i quali contestano la strategia di concedere porti sicuri per gli sbarchi delle navi umanitarie nelle sole città amministrate dal centrosinistra.
L’accusa, in sintesi, è quella di voler penalizzare le Ong costringendole a non sbarcare nei più vicini porti siciliani, ma in porti che si trovano in altre regioni italiane.
Questo comporta un maggiore dispendio di energie, tempo e carburante, tiene le navi Ong lontane dai luoghi di recupero per tempistiche maggiori e allunga inutilmente le sofferenze dei migranti.
Dopo l’introduzione del nuovo codice di condotta per le Ong, Piantedosi e il governo Meloni intanto lavorano alla seconda parte piano sull’immigrazione, ovvero stringere accordi direttamente con i paesi di maggior transito.
A questo fine il ministro degli Esteri Antonio Tajani incontrerà ad Ankara l’omologo Mevlüt Cavoulu. Martedì 10 gennaio Tajani ha già avuto un lungo colloquio telefonico col suo omologo tunisino Othman Jerandi.
Il 16 gennaio sarà invece Piantedosi ad andare in Turchia per incontrare il ministro dell’Interno Suleyman Soylu.