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Massimo Segre risponde a Cristina Seymandi e spiega perché ha parlato pubblicamente: la lettera fiume

La lettera di Massimo Segre: l'imprenditore chiarisce perché ha deciso di parlare dei tradimenti innanzi ad altre persone

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Nuovo capitolo della chiacchieratissima vicenda che ha visto protagonisti l’imprenditore torinese Massimo Segre e l’ormai ex compagna Cristina Seymandi.

La lettera di Segre

I fatti sono noti: il manager aveva organizzato una festa per annunciare il suo matrimonio. Nel frattempo ha spiegato di essere venuto a conoscenza dei tradimenti di colei che avrebbe dovuto diventare sua moglie.

Quindi al posto di annunciare le nozze, ha lasciato la Seymandi, rivelando agli invitati del party di essere stato tradito.

Nelle scorse ore, il quotidiano La Stampa ha pubblicato una lunga lettera dell’imprenditore che ha spiegato le motivazioni che lo hanno spinto ad agire in un determinato modo. Inoltre ha sottolineato che le allusioni dell’ex circa suoi presunti tradimenti sono infondate.

“Non vi è violenza ad affermare la verità pubblicamente – ha esordito Segre -, raccontare che la Signora Seymandi prima ancora di sposarmi, intesseva altre relazioni sentimentali non è violenza: è un fatto che – se la relazione fosse stata quella di una coppia aperta – non sarebbe stato preclusivo al nostro matrimonio”.

Lo zaffiro donato a Cristina Seymandi

L’imprenditore ha quindi ricordato che 3 anni prima infilò al dito della compagna lo zaffiro di sua madre, chiedendole di sposarlo e ottenendone l’assenso: “Io non sono più stato libero di amare altre e così avrebbe dovuto essere per lei. Così intendevamo entrambi impostare la nostra relazione e il nostro matrimonio. Questo era il patto suggellato indossando l’anello della mia famiglia. Cristina non solo ne era totalmente consapevole e consenziente, ma lo pretendeva”.

Capitolo addio in pubblico: “Lasciarla pubblicamente è stato un gesto certamente forte, che mi è immensamente dispiaciuto fare nei suoi confronti e che mi è costato particolarmente tanto, perché totalmente lontano da quella mia maniacale riservatezza, comprovata dal fatto che le foto che mi ritraggono sono poche e quasi tutte non recenti”.

E ancora: “Riservatezza che – come potranno confermarle i suoi collaboratori – mi spinse, nel giorno precedente alla diffusione del video, a chiedere di non far uscire un articolo sulla vicenda, trattandosi di notizia vecchia e degna delle testate di gossip più che de La Stampa”.

Il video però alla fine è diventato pubblico e pure virale. Segre ha rimarcato che ciò non era assolutamente nei suoi intenti, “come invece incredibilmente affermato dalla Signora Loewenthal”.

“Cristina avrebbe potuto raccontare chissà cosa su di me”

Dunque? Perché ha deciso di agire in quel modo? “Ho cercato di spiegarlo sinteticamente quella sera: la Signora Seymandi è talmente abile nel raccontare una propria visione della realtà che dovevo assolutamente preservare la mia reputazione, il dono più grande lasciatomi dai miei genitori”.

Segre ha proseguito: “Il suo stesso giornale (La Stampa, ndr) ha titolato “Da che pulpito”, sulla tesi dalla stessa sostenuta che “anche” io sia un traditore seriale. L’unico modo per evitare narrazioni distorte, se non addirittura totalmente fantasiose, consisteva nel prendere l’iniziativa davanti a tutti i suoi amici, prima che potesse raccontare chissà che cosa su di me, se l’avessi lasciata “privatamente”. Caro Direttore, da ogni esperienza si deve trarre insegnamento. Ciò che ho imparato dalla Signora Seymandi è l’importanza di comunicare”.

L’imprenditori ha poi bollato la vicenda che lo vede protagonista com “una storia da estate italiana”. Ha rimarcato che non voleva che la questione diventasse di dominio pubblico, “trattandosi di informazione che pensavo potesse rimanere confinata a una quarantina di amici”.

“Non pretendo – ha concluso Segre – assolutamente che chiunque la pensi come me anzi, per citare Evelyn Beatrice Hall (una donna e non Voltaire, come i più ritengono) “disapprovo ciò che dici, ma difenderò con la vita il tuo diritto a dirlo”. Voglio solo aggiungere che il problema della parità di genere non mi appartiene: mia mamma fu la prima presidente donna di una banca quotata in Italia e mi ha insegnato che le persone si giudicano per le loro qualità, non per il loro sesso”.

segre-seymandi Fonte foto: ANSA
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