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L'ex deputato: "Io salvo grazie all'ossigeno tolto a un paziente"

Mario Sberna ha raccontato la sua terribile esperienza nel Covid Hospital di Brescia, denunciando la cattiva gestione sanitaria regionale

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

“Sono salvo grazie alla bombola d’ossigeno tolta a un 84enne mantovano“. Inizia così la testimonianza che Mario Sberna, ex deputato eletto alla Camera nel 2013 con Scelta Civica e divenuto famoso perché si recava a Montecitorio in sandali e donava ai poveri gran parte del suo stipendio, ha affidato al Corriere della Sera. “L’11 marzo eravamo in 30 nella lavanderia dell’Ospedale Civile adibita a reparto Covid-19. C’erano solo tre bombole d’ossigeno. Un inferno senza cibo e coperte, con un solo wc. Peggio di certi ospedali del Burundi, che ben conosco”.

Il calvario è inizio il 7 marzo. “Mi bruciavano polmoni e gola, avevo la febbre a 39° C e, nonostante le iniezioni di antibiotico, non miglioravo. Ricordo benissimo i consigli che a quel momento dava la Regione: non presentatevi in Pronto soccorso e non usate la mascherina se non avete certezza di avere il Covid”.

“È stato il mio medico di base, che a sua volta poi si è ammalata di coronavirus, forse per colpa mia, a dirmi di andare in ospedale. Mi sono presentato l’11 marzo. Facevo fatica a reggermi in piedi. Lì ho vissuto quattro giorni d’inferno. Credevo di morire, di non rivedere più mia moglie e i miei cinque figli”, ha raccontato l’ex parlamentare.

“Vicino a me c’era un 84enne di Mantova attaccato al respiratore. Mi diceva che non vedeva l’ora di tornare a casa per cucinare il risotto con la salamella ai suoi nipoti. Una notte è peggiorato. L’hanno caricato su un’ambulanza e hanno dato a me la sua bombola“, ha dichiarato, tra le lacrime, Mario Sberna al Corriere della Sera.

“Poi ricordo il freddo cane. Le porte erano sempre spalancate. ‘Deve circolare l’aria’, ci dicevano. Ma non avevamo coperte. Non c’era cibo. Passavano quei santi degli infermieri a darci un pacchetto di cracker, dei grissini o uno yogurt. C’era un solo bagno per tutti quei malati, molti dei quali avevano dissenteria e vomito, come me. Un bagno in condizioni vergognose anche in tempi di pace, figurarsi in tempi di Covid. Non hanno aggiunto nemmeno una toilette chimica”, ha raccontato ancora l’onorevole.

“Io non me la prendo con gli infermieri. Hanno fatto il possibile. La mia rabbia è contro la dirigenza dell’ospedale, che non ho mai visto in reparto, e contro chi gestisce il sistema sanitario in Lombardia. Servivano servizi aggiuntivi d’urgenza, che non sono stati garantiti”, ha denunciato Mario Sberna.

“Io ho sempre vissuto nel mondo missionario”, ha sottolineato, “e per la prima volta mi sono sentito povero. Nella mia Brescia, non in Africa. C’è stato un momento che mi sono sentito morire. La senti eccome la morte, quanto arriva. Sa qual è stata la differenza tra la fine della mia vita terrena e il prendere coscienza che il Signore ha ascoltato le mie preghiere? Una bombola d’ossigeno”.

Per salvarsi non ha mai pensato di dire al personale di essere un ex parlamentare. “Non l’avrei mai fatto. Sono salvo solo grazie a una scelta terribile fatta dai sanitari: dare possibilità di sopravvivenza alle persone più giovani. Io ho 59 anni, l’anziano al mio fianco aveva un quarto di secolo in più. C’è però una cosa che non mi è andata giù affatto. Io saturavo malissimo ma i dati riportati sulla mia cartella clinica sono diversi da quelli che riportavano quotidianamente nella tabella in fondo al letto, che io leggevo e fotografavo”.

Mario Sberna ha spiegato che non farà una denuncia alla magistratura. “È più importante rendere pubblica la mia storia grazie al Corriere della Sera, e sfido qualcuno a smentirmi. Chiamo a testimonianza le persone che erano ricoverate negli stessi giorni lì con me. È inammissibile un trattamento simile nel 2020 in una delle regioni che si fregia d’avere una sanità tra le migliori d’Europa. Ha fatto bene Riccardo Ricciardi, parlamentare M5s, a denunciare la pessima gestione dell’emergenza Covid in Lombardia. Incomprensibili le reazioni sdegnate dei leghisti”.

“Dopo quattro giorni sono stato trasferito in reparto. Ci sono rimasto pochissimo. Facevo fatica a camminare e saturavo 88. Dopo tre giorni mi hanno rispedito a casa. ‘Il suo letto serve a qualcuno più grave di lei‘, mi hanno detto. Una volta a casa non ho ricevuto una telefonata delle istituzioni per sapere come stavo. Solo quella di Ats che mi ha chiamato per il doppio tampone. La prima volta sul referto non c’era nemmeno scritto che era negativo”, ha raccontato ancora l’ex onorevole.

Adesso “ho perso 15 chili, ho smesso di fumare fnonostante fumassi da quando avevo 15 anni, ho ripreso solo da pochi giorni a lavorare in diocesi e ad andare in moto. Non mi sento ancora in forma. Ma sono vivo. Grazie a Dio”, ha concluso Mario Sberna.

Spostamenti fra Regioni, prime partenze da Milano Centrale Fonte foto: Ansa
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