Marcello Dell'Utri e il retroscena su Berlusconi e Mangano da stalliere a guardia del corpo: "Faceva paura"
In un'intervista, Marcello Dell'Utri ripercorre i ricordi su Berlusconi e racconta l'incontro con lo "stalliere di Arcore", Vittorio Mangano
Marcello Dell’Utri torna a parlare in una lunga intervista nella quale ricorda i quattro anni e sei mesi trascorsi in carcere e l’incontro con colui che gli costò la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa: Vittorio Mangano. Oggetto di dodici procedimenti giudiziari, l’ex uomo di fiducia di Silvio Berlusconi si è raccontato al settimanale del Corriere della Sera, Sette, ripercorrendo tanti episodi della sua vita, dall’infanzia agli anni passati al fianco del fondatore di Forza Italia, fino ad oggi.
L’intervista a Marcello Dell’Utri
“Non mi sono mai posto la domanda se commettevo reati – ha raccontato Dell’Utri – Sono stato avventuroso lo ammetto. Avventuroso, per esempio, nel seguire Berlusconi in tutto e per tutto. Non mi sono mai chiesto se sostenerlo e aiutarlo nella sua incredibile capacità di fare era un reato”.
“Avventuroso fui a lavorare per un breve periodo con Rapisarda (immobiliarista siciliano accusato del crac Inim, azienda con capitali in odore di mafia, ndr.): un lestofante, ma di grande fascino e simpatia. Ho fatto cose rischiose nella mia vita, ma mi sembrava di fare cose buone” ha ammesso l’ex senatore.
Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi
L’incontro con Mangano
Tra i tanti ricordi di una vita come segretario di Berlusconi, Marcello Dell’Utri è tornato su un evento centrale della sua storia, l’incontro con Vittorio Mangano: “L’avevo conosciuto insieme con Gaetano Cinà alla società calcistica di Palermo Bacigalupo, che avevo fondato giovanissimo, di cui ero direttore e dove presi Zeman come preparatore atletico” racconta, affermando di essere “un uomo di calcio” e di essere “stato il più giovane allenatore dilettante d’Italia”, con tanto di tesserino di Coverciano e contratto firmato da Berlusconi mostrato a sostegno delle sue vanterie.
In questa occasione, racconta di aver incontrato lo “stalliere di Arcore”: “Fattore in realtà; lui si sarebbe offeso a sentirsi chiamare stalliere. Succede questo. Che nel ’74 io ero segretario di Silvio, e lui compra Villa San Martino. C’erano cento ettari di terreno, in gran parte occupati abusivamente da contadini, c’erano cavalli e cani. Berlusconi mi chiede di trovargli un fattore, ad Arcore non ci si riusciva. ‘Tu sei siciliano’, mi dice, ‘sicuramente conosci qualcuno’. E a me viene in mente Mangano. Lui accetta e viene su con moglie, suocera e due figli. Si rivelò molto capace, sia con i cavalli sia con i contadini.”
La guardia del corpo di Berlusconi
“Era un personaggio inquietante, faceva paura, fisicamente imponente e dallo sguardo severo. E questo contò molto nella scelta. Così Silvio cominciò a usarlo come guardia del corpo per la moglie e i figli, quando andavano a Milano” ha ricordato Dell’Utri.
“Di Mangano non potevo aver alcun sospetto di affiliazione alla mafia. Solo dopo è venuto fuori che era il capo di un mandamento di Palermo” ha detto ancora l’ex senatore.
Nell’intervista Dell’Utri chiarisce la definizione di “eroe” data a Mangano, sostenendo di aver detto “il mio eroe”, “perché, se avesse detto qualsiasi cosa contro di me e Silvio, anche non vera, lo avrebbero scarcerato subito. Non l’ha fatto, non accettò di mentire per salvare se stesso”.