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Nella Manovra del Governo Meloni finiscono anche i Maneskin, Vasco Rossi e Zucchero: perché sono stati citati

I Maneskin compaiono, insieme ad altre star della musica italiana, tra le migliaia di emendamenti presentati dai partiti nella Manovra 2023

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La popolarità dei Maneskin è talmente vasta da finire perfino nei palazzi della politica. Il gruppo rock, infatti, compare nella Manovra di bilancio del Governo Meloni, tra le migliaia di emendamenti depositati dai vari partiti. Ecco perché.

Perché si parla dei Maneskin nel testo della Manovra

Sono ben 3.104 gli emendamenti presentati dalle forze politiche. Al loro interno ci sono moltissime micro-misure come, ad esempio, il taglio dell’Iva sul pellet e un fondo da 20 milioni di euro da destinare ai nonni per la cura e l’assistenza dei nipoti.

Spulciando tra le richieste, spunta il nome dei Maneskin. Nella relazione illustrativa dell’emendamento che chiede di aumentare le risorse per il tax credit in favore del settore della musica, la Lega cita infatti il gruppo rock di ‘Zitti e buoni’, ma si fanno anche i nomi di Vasco Rossi, Zucchero, Blanco e Gazzelle.

maneskin manovraFonte foto: ANSA
I Maneskin in concerto a New York, in uno scatto del settembre 2022

Cos’è il tax credit

Cos’è il tax credit? Si tratta di un credito d’imposta con tetto fino a 75mila euro previsto per quelle imprese del settore dello spettacolo e della musica con spese fino a 250mila euro.

In sostanza, un’agevolazione fiscale che premia diversi nomi noti del panorama musicale di casa nostra.

Ma la lista degli emendamenti “curiosi” è infinita: Fratelli d’Italia chiede, ad esempio, il rifinanziamento delle celebrazioni per il pittore Pietro Vannucci, ‘Il Perugino’, così come l’introduzione della tassa per il marmo di Carrara.

Nel calderone finisce anche il sostegno “alla nutrizione bilanciata attraverso proteine vegetali”.

Gli emendamenti della Manovra

Sul piatto ci sono 700 milioni di euro per le modifiche alla Manovra di Governo; 400 milioni di euro sono da dividere tra partiti di maggioranza e opposizione.

E poi c’è un ‘tesoretto’ da 300 milioni di euro, cui si può attingere con norme inter-gruppo. Ma queste risorse potrebbero non bastare, perché sono già impegnate per alcune questioni che non possono essere eluse, come ‘Opzione Donna’ per l’uscita anticipata a 60 anni delle lavoratrici.

Insomma, il presidente Meloni non ha soltanto tempi contingentati, ma anche pochi soldi a disposizione per le modifiche.

E resta da sciogliere il nodo delle divergenze politiche: lo scontro è soprattutto con Forza Italia e Silvio Berlusconi, che insistono sulle pensioni minime da 600 euro e sulla decontribuzione delle assunzioni dei giovani.

Per tentare di trovare una soluzione, la premier ha deciso di riunire una cabina di regia composta dai rappresentanti di ogni gruppo della maggioranza.

Sabato scatterà la tagliola dell’ammissibilità, domenica i gruppi parlamentari dovranno asciugare i rispettivi pacchetti indicando gli emendamenti segnalati.

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