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Mimmo Lucano, perché la sentenza decisa è così dura: il retroscena

A spiegare perché Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e 2 mesi è stato lo stesso magistrato che ha diretto l'inchiesta

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Sta facendo discutere la dura sentenza inflitta a Mimmo Lucano per il processo che ha smantellato il modello Riace, dividendo l’opinione pubblica. Anche i detrattori del politico calabrese hanno però evidenziato che i 13 anni e 2 mesi dati all’ex sindaco sarebbero troppi. A spiegare cosa è successo nel Tribunale di Locri ci ha pensato lo stesso pm Michele Permunian, in un’intervista rilasciata a Repubblica.

Umanamente mi dispiace molto. Vivo un conflitto interiore, come persona e come magistrato. Comprendo il peso di una pena del genere. Quando ho chiesto 7 anni e 11 mesi, sapevo che c’era il rischio di una condanna più alta”, ha dichiarato.

“A Mimmo Lucano sono stati contestati più di 22 reati. Il problema non sono i finti matrimoni. Qui ci sono varie forme di peculato, truffa aggravata a danno dell’Unione europea. E poi è stata riconosciuta l’associazione a delinquere con altre 4 persone. È un processo molto tecnico, ma l’opinione pubblica non vuole capire”, ha detto ancora.

“Quei 13 anni vengono percepiti come assurdi e sproporzionati“, considerando le pene più lievi per casi di omicidio, “ma non c’è volontà di conoscere le carte. La pena ora sembra molto alta ma se si leggono il capo d’imputazione e i reati contestati, si scopre che non lo è“.

Lo stesso Michele Permunian ha raccontato che “durante gli anni dell’università collaboravo con una comunità missionaria in Mozambico. Sono stato in Africa due volte, ho toccato con mano la miseria e i flussi di migranti. L’accoglienza è un dovere, nessuno vuole criminalizzarla”.

“Questo processo è stato caricato di valore politico, anche se si sono alternati tre governi. Non era sotto processo l’accoglienza, ma la violazione di norme di legge. Se usi il denaro dello Sprar per fini privati, si configura un reato. Se non restituisci i soldi in eccedenza, è un reato”, ha spiegato.

“Ora non nascondo che mi dispiace. Ma il mio lavoro è anche questo. Devo essere autonomo e indipendente. Fortunatamente ci sono più gradi di giudizio. Se ho sbagliato, emergerà” l’errore.

A essere critici nei confronti della scelta del pm sono stati “i miei genitori, prima di tutto. Mia madre è infermiera, mio padre lavorava come autista del trasporto pubblico e faceva il sindacalista. Non si capacitavano”.

Poi “anche i colleghi di altre Procure. Mi accusavano di farmi manipolare. Mi ha fatto male. Finché si tratta dell’uomo della strada va bene, ma quando è un collega a dare giudizi sferzanti, senza conoscere le carte, allora mi ferisce molto”.

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lucano Fonte foto: ANSA
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