Lo strano aneddoto di Ignazio La Russa sulla squadra in cui giocava da bambino e sull'arbitro picchiato
Ignazio La Russa parla di quando giocava a calcio a Paternò, da ragazzino, e racconta uno strano aneddoto sulle squadre "Folgore" e "Fiamma"
Ignazio La Russa, presidente del Senato, è intervenuto durante un incontro dedicato alla Costituzione e allo sport nel grattacielo di Milano dove ha sede la Regione Lombardia. Il suo aneddoto non è passato inosservato: prima, tra la risatina sua e dei presenti, ha ricordato che una delle squadre giovanili di Paternò si chiamava Fiamma, mentre lui giocava nella Folgore, nomi legati alla simbologia fascista. Dopodiché ha raccontato quando l’addetto all’arbitro della Fiamma, cugino di Salvatore Ligresti, chiuse l’arbitro nella spogliatoio, “riempiendolo di botte”.
- L'intervento di Ignazio La Russa sulla "fiamma"
- Cosa simboleggia la fiamma nel gergo fascista
- Il rapporto di La Russa con l'antifascismo
L’intervento di Ignazio La Russa sulla “fiamma”
Intervenuto all’incontro Costituzione e sport in Regione Lombardia, Ignazio La Russa ha preso la parola ricordando che da ragazzino, a Paternò (in provincia di Catania), “giocavo a pallone tutti i giorni. La squadra del mio paese si chiamava Fiamma… eh, che ci posso fare se si chiamava così?”, tra le risatine dei presenti.
Poi l’aneddoto si fa decisamente più cupo:
“C’era stata una prima squadra, l’Ibla, ma era stata cancellata perché c’era stata un’invasione di campo e l’arbitro era rimasto in ospedale 2 mesi. Mentre con la Fiamma avevano messo un dirigente, tra l’altro parente dell’ingegnere Ligresti, un suo cugino, che era l’addetto all’arbitro. E in una partita ci fu un altro tentativo di invasione di campo, ma memore di quello che aveva fatto cancellare completamente l’Ibla, il dirigente riuscì a proteggere l’arbitro dalla gente, lo riuscì a portare dentro una stanza. Lo chiuse dentro e lo riempì di botte. Allora lui fu radiato, ma solo lui“.
La Russa prosegue svelando la squadra in cui, invece, giocava lui:
“Poi finalmente fecero una nuova scuola che aveva un cortile bellissimo, pavimentato con mattonelle, ma largo, grande e ideale per giocarci a pallone. Ma era della scuola elementare e noi non potevamo entrarci. La mia squadra si chiamava Folgore, che ci posso fare… giocavamo con le altre squadrette spontanee e c’era un bidello che cercavamo di rabbonire con dei regali. Se non erano sufficienti, ci cacciava a pedate…”.
Cosa simboleggia la fiamma nel gergo fascista
La fiamma campeggia nel simbolo di Fratelli d’Italia, eredità di quelli di Alleanza Nazionale e del Movimento sociale italiano.
Rappresenta la fiaccola ardente sulla tomba di Benito Mussolini, come a dire che la figura del Duce non morirà mai.
Fonte foto: ANSA
Il rapporto di La Russa con l’antifascismo
Ignazio Benito Maria La Russa, seconda carica dello Stato, in più occasioni ha raccontato di avere in casa un busto di Mussolini (che in realtà è una statuetta a figura intera), “me lo ha lasciato mio padre e non lo butterò mai, così come non butterei mai un busto di Mao Tse-Tung se mi avesse lasciato anche quello”.
Questa dichiarazione, rilasciata l’8 febbraio 2023 durante un convegno al Senato, non si sposa granché con quanto aggiunto in altre interviste, in cui sosteneva di aver relegato “in un angolino buio” la statua della discordia.
Sicuramente 5 anni prima era in bella vista, come dimostrato da un servizio di Corriere Tv del giugno 2018 girato proprio a casa La Russa, insieme a un crest con il volto di Benito Mussolini sulla parete.
Soprammobili a parte, prima di diventare presidente del Senato aveva espresso posizioni quantomeno controverse nei confronti del fascismo: il 15 settembre 2022, ospite a L’aria che tira su La7, polemizzando con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano (Pd), aveva affermato che “siamo tutti eredi del Duce“.
Inoltre, aveva difeso l’uso del saluto romano, non considerandolo una vera e propria apologia di fascismo, ironizzando anche sulla discussione: nel 2020, durante il Covid, aveva proposto su Facebook di adottare il saluto fascista invece della classica stretta di mano, che poteva provocare il contagio.
A novembre 2018, in un’intervista a Un giorno da pecora su Rai Radio1, aveva commentato le critiche al primo Governo Conte, all’epoca giudicato troppo di destra da alcuni giornalisti, dicendo: “Se questo è un governo fascista? Complimenti che non merita… volete far rigirare nella tomba Mussolini“.
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