Alluvione a Valencia in Spagnae, apocalisse e morti ma non solo: pioggia di sassi, predatori, fughe disperate
Valencia, Dana spazza via tutto. Bilancio tragico: oltre 90 morti e 120mila sfollati, le testimonianze
Alluvione a Valencia in Spagna. Pioggia e vento si sono abbattuti sulla regione spagnola provocando un disastro di proporzioni immani. Oltre 95 i morti e oltre 120mila le persone sfollate. Al momento risultano anche decine di dispersi. Continuano intanto ad arrivare le testimonianze dirette di coloro che si sono trovati nell’occhio del ciclone: racconti catastrofici di devastazione e terrore.
- Alluvione a Valencia, la testimonianza della maestra
- Residente: "Incredibile, piovevano sassi"
- Paolo Manzi: "Invece degli aiuti sono arrivati solo predatori"
Alluvione a Valencia, la testimonianza della maestra
Persone intrappolate nei loro veicoli o nelle loro case; uomini, donne e bambini sui tetti per sfuggire all’alluvione; gente aggrappata per ore agli alberi; sassi piovuti dal cielo insieme alla pioggia.
Sono solo alcune delle tragiche vicende provocate da Dana, il fenomeno meteorologico che ha sconquassato la regione spagnola.
Immagini di devastazione da Valencia
Una delle zone più flagellate è stato il comune di Picassent, 20.700 abitanti a sud di Valencia.
Il consiglio comunale ha ordinato in ritardo la chiusura delle scuole. Fuori dall’istituto di San Cristóbal, la docente Carolina Higueras, 30 anni, ha ricevuto una telefonata dal concessionario in cui aveva acquistato un’auto e le era stato chiesto di ritirarla nel pomeriggio. Assieme al marito, come riferito dal quotidiano El Pais, si stava dirigendo a prendere il veicolo quando si è scatenato l’inferno.
“Non eravamo lì nemmeno da cinque minuti quando ci hanno detto che dovevamo andarcene subito: stava arrivando molta acqua”, ha spiegato la donna che ha quindi cambiato direzione per tornare a Picassent. Ma la strada aveva già ceduto. Così ha imboccato la strada di servizio, ma anche qui Dana stava devastando tutto.
“Ci siamo arrampicati sul cofano – ha spiegato Carolina -. O scendevamo subito o saremmo rimasti bloccati. Era una situazione disperata. Per tutti quelli che erano già sulla strada principale era impossibile tornare indietro. Le auto hanno iniziato ad accumularsi l’una sull’altra. Si vedevano materassi galleggiare fuori dal centro commerciale, elicotteri che volavano sopra di noi… Ho scritto il numero di telefono di mio fratello sul braccio, nel caso avessi avuto bisogno di chiamare qualcuno”.
La donna, con il marito, ha trovato riparo in un centro commerciale. All’undicesimo piano è stata organizzata un’area improvvisata per ricevere le persone a cui è stato dato del cibo. In piena notte, quando la bufera si è calmata, la coppia ha percorso 12 chilometri a piedi per tornare a casa: “Abbiamo impiegato tre ore per arrivare, la strada era piena d’acqua e fango. Tutto era distrutto”.
Residente: “Incredibile, piovevano sassi”
Altra testimonianza drammatica è quella fornita da Esther Tronchoni, 65enne, anche lei residente a Picassent. Ha trascorso la notte nella sua abitazione.
“È stato incredibile – ha dichiarato la donna -. Non avevo mai vissuto un’esperienza simile. Ha piovuto molto, c’era molto vento e faceva molto caldo. Cadevano sassi grandi come uova. Dall’interno della casa si sentiva il rumore, bang, bang, bang. Si sentiva che colpivano il soffitto”.
Il marito di Esther, José Luis Moya, è rimasto bloccato in strada, ma si è salvato. “Alle undici di sera – ha proseguito la signora Tronchoni – mi ha chiamato un ragazzo. Mi ha detto che mi chiamava per dirmi che José Luis stava bene, che non aveva campo, ma che stava bene. Gli ho chiesto di dirmi la verità, temevo qualcosa di peggio. Ma lui ha insistito che stava bene”.
Dopo ore José è riuscito a mettersi in contatto direttamente con la moglie che ha riferito: “È stato lui a spiegarmi che quel ragazzo era sul balcone di casa sua, con la sua famiglia, e che stava aiutando le persone colpite, telefonando a tutte le famiglie di coloro che erano stati lasciati lì in mezzo alla strada”.
Paolo Manzi: “Invece degli aiuti sono arrivati solo predatori”
Anche Paolo Manzi, 45 anni e fotografo naturalista, si trovava a Valencia martedì sera. Ha raccontato, come riferisce La Repubblica, di episodi di furti.
“Nel mio lavoro – ha dichiarato Manzi – fotografo la bellezza degli animali mentre stanotte ho visto la rabbia della natura, il dramma che può scatenare. E poi, al mattino, lo spettacolo più desolante è stato quello dei tanti che, approfittando di un dramma, hanno scelto di rubare, hanno scelto di toccare il fondo”.
“Ho vissuto, da bambino, la alluvione in Valtellina e mi sarei aspettato di vedere arrivare qualcuno che porta aiuti, una coperta, bottiglie d’acqua. Ma lì siamo stati abbandonati e invece che aiuti sono arrivati solo predatori. Questo mi ha molto colpito perché alla natura non si comanda ma al buon senso sì, al buon senso di dovrebbe poter comandare”, ha concluso il fotografo.