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La storia dei sindacati in Italia: quali sono le sigle principali e le loro funzioni

La storia dei sindacati in Italia affonda le sue origini nella Rivoluzione Industriale, ma le attuali sigle sono nate solo dopo il Fascismo

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I sindacati sono associazioni di lavoratori costituite per la tutela degli interessi professionali ed economici di gruppo, di categoria e di classe. Hanno una storia molto antica alle spalle. Nel corso del XIX secolo, dopo la dissoluzione delle antiche corporazioni delle arti e dei mestieri, i lavoratori iniziarono ad associarsi attraverso un movimento solidaristico costituito dalle società di mutuo soccorso. Con la crisi sociale delle campagne e l’industrializzazione, si rese necessario l’avvento di una nuova forma di organizzazione. Nacquero così le leghe di miglioramento e di resistenza, degli enti che si ispiravano ai principi alla base di quelli che sarebbero poi diventati i sindacati.

Difendevano i lavoratori dalle scelte unilaterali, sul piano economico e organizzativo, dei padroni, anche organizzando scioperi, uno strumento di difesa, di pressione e sostengo alle loro azioni. Le leghe erano divise per mestieri e avevano le loro sedi in campagna e in città, dove iniziarono ad avere connotazioni politiche. Sul finire dell’Ottocento si svilupparono poi le federazioni di mestiere e le camere del lavoro. Veri e propri organismi di rappresentanza politica e sindacale di tutti i lavoratori di un territorio.

I sindacati in Italia: quali sono e quando sono nati

Tra il 1902 e il 1906 le camere del lavoro e le federazioni di mestiere avviarono un processo di coordinamento congiunto che portò alla nascita della Confederazione Generale del Lavoro, o CGdL. Nacque così il primo vero sindacato italiano. Nel 1912 da una sua costola nacque l’Unione Sindacale Italia (USI) di ispirazione rivoluzionaria, nel 1919 invece la Confederazione Italiana Lavoro (CIL), di ispirazione cattolica. Nacque anche autonomamente nel 1922 la Confederazione dei sindacati fascisti, che durante il Ventennio si impose come sindacato di Stato dopo lo scioglimento delle altre sigle.

Nel Dopoguerra fu costituita la Confederazione Generale Italiana del Lavoro, o CGIL, che fino al 1948 rappresentò l’unico sindacato unitario del Paese, ospitando al proprio interno correnti cattoliche, comuniste, socialiste, anarchiche e indipendenti. Il CGIL si appoggiò alle riformate camere del lavoro e successivamente delle federazioni. Dopo quattro anni però avvenne la prima scissione, che rese la CGIL espressione delle sole componenti di sinistra.

Tra il 1948 e il 1950 le correnti repubblicana e socialdemocratica fondarono l’Unione Italiana del Lavoro (UIL) e la corrente cattolica fondò la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL). Nacque anche la Confederazione Italiana Sindacati Nazionali Lavoratori (CISNAL, divenuta poi l’Unione Generale del Lavoro, o UGL, nel 1996), legata al Movimento Sociale Italiano, in rappresentanza dei lavoratori di destra. A queste quattro sigle sindacali, le più importanti ancora oggi in Italia, si aggiunge anche nel 1957 la Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori (CISAL), come riferimento per il sindacalismo autonomo.

Dal progetto di sindacato unitario alle nuove frizioni

Fu necessario aspettare gli anni ’70 per vedere maggiore collaborazione tra i sindacati, in particolare CGIL, CISL e UIL, che insieme riuscirono fare importanti conquiste per i lavoratori italiani. Tra tutte lo Statuto dei lavoratori del 1970, i rinnovi contrattuali del 1973 e l’accordo per l’unificazione del punto di continenza del 1975. Proprio in quel periodo i sindacati iniziarono a interfacciarsi con i governi da pari, come un interlocutore da ascoltare prima di ogni decisione sul mondo del lavoro e della previdenza. Il processo di istituzionalizzazione dei sindacati fu reso necessario anche dalle vicende degli anni di piombo, in cui si rese necessario avviare un dialogo tra le classi per fermare le violenze e la sfiducia nello Stato.

Nel decennio successivo però iniziarono a mostrarsi importanti divergenze sull’idea di futuro delle varie sigle davanti alle proposte dei governi. In particolare il ridimensionamento della scala mobile voluto da Craxi nel 1984 portò la CGIL su posizioni opposte rispetto a CISL e UIL. Facendo sfumare il progetto di un sindacato unitario in rappresentanza di tutti i lavoratori della Penisola. Nacque in quegli anni anche un nuovo sindacato autonomo di base del pubblico impiego, dei servizi e dei trasporti, la Confederazione dei Comitati di Base, o COBAS.

Quali sono i compiti dei sindacati e di cosa si occupano

Sono i tre i compiti dei sindacati in tutto il mondo.

  • La contrattazione, cioè il processo di dialogo con gli imprenditori che riguarda il salario e l’organizzazione del lavoro dipendente, dall’orario alle ferie fino ad arrivare ai contratti e i permessi per malattia. Le sigle sindacali interloquiscono con i le federazioni di settore per creare delle condizioni di lavoro migliori.
  • La tutela dei lavoratori, che prevede il continuo confronto con le istituzioni per negoziare le politiche economiche e sociali e risolvere i problemi. Al centro del dibattito e delle contrattazioni con lo Stato ci sono il nodo delle pensioni e quello del fisco, oltre alle misure che riguardano gli interventi sulla disoccupazione e l’inflazione.
  • L’assistenza collettiva e quella individuale che vengono assicurate in tutti i luoghi di lavoro dai delegati sindacali eletti dai lavoratori, che denunciano episodi di sfruttamento e aiutano il lavoratore con le pratiche burocratiche e fiscale.

Spesso criticati dagli stessi iscritti, i sindacati sono in realtà organizzazioni indispensabili per il corretto funzionamento del mondo del lavoro. A causa della globalizzazione, dell’avvento delle multinazionali e di politiche che hanno cambiato radicalmente la vita di dipendenti e pensionati, hanno però oggi un potere molto limitato rispetto al passato, e per sopravvivere e fare ancora gli interessi di chi proteggono, dovranno pensare a una riorganizzazione territoriale e al proprio ruolo da mediatori in una chiave mondiale. Molte sigle estere si stanno infatti già muovendo in un contesto sempre più internazionale, coordinandosi e cercando di garantire condizioni migliori ai lavoratori con accordi che non riguardano i singoli Paesi.

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