La Corte Suprema degli USA elimina le quote riservate alle minoranze per entrare nelle università
La Corte Suprema americana abolisce la affermative action, che garantiva quote a studenti di alcune etnie nelle università
La affermative action è illegale. Lo hanno decretato i giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti, ponendo fine al sistema che garantiva quote separate per accedere alle università alle minoranze svantaggiate.
- La sentenza della Corte Suprema
- Cos'è la affermative action
- Le altre decisioni controverse dei giudici
La sentenza della Corte Suprema
La Corte Suprema degli Stati Uniti, terzo grado di giudizio nonché corte costituzionale nel sistema americano, ha dichiarato che riservare quote separate ad alcune minoranze per l’accesso all’università è illegale.
Una sentenza che cancella in un solo colpo la affermative action, una pratica molto comune che alcune università applicavano per garantire un accesso paritario ad alcune etnie storicamente meno rappresentate ai più alti livelli dell’istruzione statunitense.
I giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti
Il caso portato davanti ai giudici era quello di un’associazione di studenti conservatori, la Students for Fair Admissions, contro le prestigiose università di Harvard e della North Carolina.
Cos’è la affermative action
Nata negli anni ’60, durante le presidenze di J.F. Kennedy e Lyndon Johnson, la affermative action si pone come obiettivo quello di aumentare la percentuale di laureati provenienti da etnie sottorappresentate in questa categoria.
Per farlo permetteva alle università di riservare un certo numero di posti per persone di alcune specifiche etnie. In particolare negli anni questa pratica si era concentrata su neri e ispanici. Questo permetteva loro di accedere a università prestigiose anche con risultati inferiori nei test d’ammissione.
In questo modo più persone di etnie svantaggiate avrebbero potuto ottenere lavori migliori, sollevando le proprie famiglie dalle condizioni di povertà e emarginazione in cui decenni di leggi discriminatorie li avevano posti.
Le altre decisioni controverse dei giudici
La Corte Suprema americana è al momento composta in maggioranza da giudici conservatori. Sei su nove sono stati nominati o da George W. Bush o da Donald Trump, e riflettono quindi le posizioni del Partito Repubblicano sull’interpretazione della costituzione.
Questo sta mettendo in pericolo molti diritti acquisiti dai cittadini statunitensi negli anni tramite sentenze della Corte. Negli USA infatti una sentenza di questo organo ha validità simile a quella di una legge.
Quasi esattamente un anno fa, la Corte Suprema aveva rivisto una storica sentenza, Roe v. Wade, che garantiva il diritto all’aborto a livello federale. Da quel momento, specialmente negli Stati più conservatori, i casi in cui è possibile interrompere una gravidanza si sono ridotti drasticamente.