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L'Ue compra il vaccino contro l'influenza aviaria, a cosa serve e quali sono i rischi: intervista a Pregliasco

L'Ue ha chiuso un maxi-contratto Ue per un vaccino pre-pandemico per contrastare l'influenza aviaria: l'intervista al virologo Fabrizio Pregliasco

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Dopo il primo caso registrato negli Usa, in Texas, nelle scorse ore è arrivata la conferma che anche un bambino di 4 anni si sia ammalato di influenza aviaria in India. Nel frattempo l’Unione europea (Ue) ha chiuso un maxi-contratto per avere inizialmente 665 mila dosi di vaccino, con la possibilità di averne altre 40 milioni nei prossimi anni. Al momento, però, l’Italia ha deciso di non partecipare all’acquisto. I rischi spiegati a Virgilio Notizie da Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Galeazzi-Sant’Ambrogio e Direttore della Scuola di specializzazione di igiene e medicina preventiva dell’Università degli Studi di Milano.

Influenza aviaria in un bimbo di 4 anni: secondo caso al mondo

Il caso del bimbo in India risale alla fine di gennaio, ma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso la notizia solo adesso, una volta appreso che il piccolo è fuori pericolo.

Ricoverato in terapia intensiva a febbraio, gli era stata diagnosticata una bronchiolite, con “una grave e persistente difficoltà respiratoria, febbre alta ricorrente e crampi addominali“.

fabrizio pregliasco virologoFonte foto: ANSA
Il virologo Fabrizio Pregliasco

Dopo le dimissioni, a marzo il bambino era tornato in ospedale, risultando positivo al virus H9N2, responsabile dell’influenza aviaria.

Secondo l’Oms avrebbe contratto il virus dai polli allevati a casa e nei pressi dell’abitazione: il piccolo, originario del Bengala, ora sta bene.

Si tratterebbe del secondo caso umano accertato di contagio, dopo un precedente del 2019.

Le altre segnalazioni dal Texas all’Australia

Nel frattempo, però, sono giunte altre segnalazioni.

La prima dagli Usa, nello Stato del Texas, dove l’allarme ha riguardato anche il consumo umano di latte vaccino.

Poi dall’Australia, dove a essersi ammalata sarebbe stata una bambina di appena 2 anni, di ritorno da un viaggio: per le autorità sanitarie, però, il responsabile in questo caso sarebbe un ceppo differenti del virus, il sottotipo H5N1.

L’intervista a Fabrizio Pregliasco sul vaccino

L’H5N9, della stessa famiglia dell’H5N1 e H5N2, è un virus non nuovo. Perché adesso cresce l’allarme?

“I virus aviari hanno cominciato a ‘infastidire’ in modo evidente nel 1997 mentre nel 2005 c’è stato l’allarme vero e proprio sull’influenza aviaria. Se ne parò molto all’epoca, ma quella emergenza non sfociò poi in una pandemia. Oggi il problema è che, alla luce di quanto accaduto all’epoca e soprattutto con il Covid, si vuole evitare quella stessa non capacità di risposta già vista con il Covid. La difficoltà sta proprio nell’evitare un falso allarme, un “al lupo al lupo” che poi genera sfiducia se non è seguito da un problema serio. Occorrere maggior equilibrio”.

Il rischio, oggi, è che dagli animali passi all’uomo mutando?

“Esatto. Al momento la malattia riguarda gli animali e, in particolare, è un problema massiccio soprattutto per le specie aviarie (i polli, per intenderci) e alcuni mammiferi. In un primo momento si è parlato, ad esempio, delle orche marine, ma negli ultimi mesi l’attenzione è focalizzata sui bovini, come accaduto negli Stati Uniti, con l’H5N1”.

Quali sono i rischi per l’uomo e chi è più esposto?

“Questo virus, che ha già dimostrato la capacità di infettare alcuni esseri umani, mette a rischio soprattutto quei lavoratori che sono a contatto diretto con animali potenzialmente infetti, come allevatori e veterinari. In caso di alta patogenicità, il pericolo è proprio quello di un contagio diretto, come si è verificato in alcuni casi che adesso sono in crescita nel mondo”.

Quindi si teme il cosiddetto “spillover”, il salto di specie?

“Sì, perché anche se questo virus sembra un po’ ‘pigro’ nello sganciarsi dall’ambiente in cui si trova, ha caratteristiche di instabilità come il coronavirus. Significa che più gira, maggiori sono le probabilità che trovi la variante giusta per aggredire l’uomo, tramite le vie respiratorie”.

Quali sono le caratteristiche della malattia, nell’uomo?

“A dispetto del nome, negli animali non dà sintomi influenzali, i polli non starnutiscono: è, invece, una malattia neurologica emorragica. Nell’uomo può presentarsi in forma lieve, con congiuntiviti, oppure in forma grave, con una elevatissima quota di mortalità a causa di polmoniti virali primarie. Questo perché i recettori del virus, ai quali questo si aggancia (cioè l’emoglutinina 5, H5, ossia l’equivalente della Spike per il coronavirus) si trovano a livello delle vie respiratorie profonde. Questo porta potenzialmente a una malattia pesante, in caso di contagio”.

L’Europa sembra correre ai ripari con il contratto di fornitura di un vaccino. Di cosa si tratta?

“E’ un vaccino pre-pandemico. Lo scopo è non farsi trovare impreparati, dunque non usarlo adesso, se non nei casi di lavoratori particolarmente esposti, quindi non una profilassi per tutti. È un vaccino con una tecnologia normale, non a Rna, ma in caso fosse necessario si potrebbe realizzarlo anche con questo sistema per poterne produrre grandi quantità in minor tempo”.

L’Italia, però, per ora non ha sottoscritto l’appalto. Cosa comporta?

“È una scelta. In ogni caso la mancata sottoscrizione oggi non preclude la possibilità di un acquisto futuro diretto, qualora fosse deciso o si rendesse necessario”.

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