L'inganno di Rosa Vespa al marito e i presunti complici: gli inquirenti sequestrano alcuni cellulari
Rosa Vespa aveva dei complici? Gli inquirenti avrebbero sequestrato i cellulari di alcune persone: potrebbero averle fornito i documenti falsi
I dubbi sull’attendibilità dei racconti di Rosa Vespa continuano. La 51enne finita al centro delle cronache per il sequestro della neonata Sofia a Cosenza, infatti, potrebbe aver avuto dei complici. È quanto emerge dagli ultimi sviluppi delle indagini, con gli inquirenti che avrebbero sequestrato i dispositivi di alcune persone che potrebbero averla aiutata nel procurarsi i test e i documenti falsi.
- Rosa Vespa aveva dei complici?
- Le indagini sulla "talpa"
- Il ritardo del ciclo mestruale e l'inganno al marito
Rosa Vespa aveva dei complici?
Chi ha memoria ricorda che Rosa Vespa, nel corso di uno degli interrogatori, avrebbe raccontato di aver agito da sola scagionando, con la sua versione, il marito Moses Aqua che di fatto è stato scarcerato.
Tuttavia è doveroso ricordare che la donna avrebbe convinto famiglia e conoscenti della sua gravidanza mostrando ecografie, prescrizioni per visite ginecologiche e, alla fine della partita, anche un foglio di dimissioni attribuito alla clinica Sacro Cuore di Cosenza, dove poi ha messo in opera il rapimento della piccola Sofia.
Fonte foto: ANSA
Ricordiamo, inoltre, che fino al 21 gennaio – il giorno del rapimento – Rosa Vespa è riuscita a tenere lontano la famiglia e il marito dalla clinica raccontando che il “bimbo” (virgolette necessarie, visto che in quel giorno ha portato via una bimba) avesse contratto il Covid-19 e che quindi le visite non sarebbero state consentite.
Gli inquirenti, considerati tutti questi elementi – i test, le ecografie, il foglio di uscita – vogliono dunque capire se Rosa Vespa sia stata aiutata da qualcuno che potrebbe averle fornito tutte le prove che rendevano credibili le bugie raccontate ai parenti e al marito. Un altro elemento oggetto di accertamenti è il messaggio arrivato a Moses Aqua dopo il parto inesistente, un testo inviato su WhatsApp mostrato in esclusiva venerdì 24 gennaio a Quarto Grado: “Sua moglie è partorita, tutto bene. Un bimbo di kg 3,250. Tra un po’ la faccio chiamare. Parto naturale, nessun punto”. Chi ha scritto quel testo?
Le indagini sulla “talpa”
Come riporta Fanpage e come conferma Corriere della Sera, sul tavolo degli inquirenti ci sono una serie di messaggi che Rosa Vespa avrebbe inviato al marito, ma non solo.
Gli investigatori avrebbero sequestrato i cellulari di alcune persone che potrebbero aver aiutato la 51enne a ottenere le certificazioni, una “talpa” che avrebbe partecipato al piano di Rosa Vespa.
Il ritardo del ciclo mestruale e l’inganno al marito
Secondo la convalida dell’arresto di Rosa Vespa, i cui stralci sono stati pubblicati dall’Ansa, la vicenda avrebbe avuto inizio nel maggio 2024 quando la donna si era convinta “di essere rimasta incinta” per una “assenza di ciclo mestruale che si prolungava da due mesi“.
Quindi la 51enne avrebbe messo al corrente il marito della novità (inesistente) ma “non cercava riscontri clinici a tale ‘autodiagnosi'”, senza farsi visitare “da un ginecologo” e senza sottoporsi a tutti i controlli di routine.
Durante gli interrogatori l’uomo avrebbe riferito che la moglie, in occasione delle scarse visite cui si sottoponeva, sarebbe riuscita a tenerlo fuori in quanto “non era consentito l’accesso ad altre persone”. Il piano sarebbe continuato anche in merito alla registrazione della nascita di Ansel, cosa che preoccupava comprensibilmente l’uomo: in tal senso Rosa Vespa gli avrebbe fornito una serie di rassicurazioni dicendogli che “tale adempimento si sarebbe dovuto effettuare dopo le dimissioni del bambino” e che lei stessa avrebbe provveduto “a firmare qualcosa” dopo la nascita del piccolo.
Il tutto le sarebbe stato possibile “approfittando della non perfetta conoscenza delle procedure burocratiche italiane da parte del marito”.
