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Infezione da HPV o Papilloma virus: quanto è infettivo e quali sono i rischi, anche per gli uomini

L’80% delle donne sessualmente attive ha il Papilloma virus che, se trascurato, può portare a tumore all’utero e gola. Anche gli uomini sono a rischio

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I dati parlano chiaro. Circa il 70-80% delle donne sessualmente attive in Italia ha o ha incontrato il papilloma virus umano o Hpv, e oltre il 50% si infetta con un tipo ad alto rischio oncogeno, ossia foriero di una patologia tumorale. A dirlo sono le statistiche riportate da Epicentro, l’osservatorio dell’Istituto superiore di sanità (Iss). Da qui, l’importanza di campagne di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai giovani. La vaccinazione, infatti, permette di fornire un’elevata protezione contro il virus, specie se effettuata in giovane età (dai 9 anni in poi), riducendo però anche i rischi in età adulta.

Anche gli stili di vita hanno un’importanza non trascurabile, come confermano i promotori del Progetto Martina, un servizio messo a disposizione degli studenti tra i 16 e i 18 anni. È sempre l’Iss a indicare come la prevalenza di Hpv legati a tumori sia maggiore nelle donne più giovani, con un picco nelle under 25 anni. Questa incidenza non prevede differenze sul territorio. Per esempio, a Palermo – secondo uno studio condotto da Ammatuna (2008) – è stata osservata una prevalenza del 17,4% in donne giovani (18-24 anni), simile a quella del 19,3% osservata a Firenze (Confortini 2010) e del 19,9% registrata nello studio PreGio.

Ecco perché è fondamentale una corretta informazione, come quella promossa con il Progetto Martina, un servizio a costo zero messo a disposizione dai Lions italiani del Multidistretto 108, che si avvale del coinvolgimento spontaneo e a titolo gratuito di soci e medici Lions e non Lions, per fornire ai giovani informazioni utili “salvavita” e suggerimenti di comportamento da adottare per allontanare il rischio di tumori, monitorarne l’insorgenza, prevenire per quanto possibile la malattia attraverso l’adozione di uno stile di vita sano. A spiegarne i dettagli e i risultati è la coordinatrice, Adriana Bavosa.

Cos’è il Progetto Martina e a cosa deve il suo nome?

“Il Progetto Martina nasce da un’idea del professor Cosimo Di Maggio, cattedratico di Radiologia presso l’Università di Padova e socio Lions: Di Maggio raccolse il ‘testamento’ morale di una giovane donna, Martina, alla quale a 28 anni è stato diagnosticato un tumore al seno. È stata lei, ripetutamente, a chiedere di far conoscere ai giovani cosa fosse la prevenzione e quanto importante questa fosse”, spiega Bavosa. Che prosegue: “È stato avviato per la prima volta nei primi anni del 2000 e, ad oggi, è stato coinvolto oltre un milione di studenti”.

Come si riesce a promuovere la “cultura della salute” nei più giovani su temi così delicati?

“Il Progetto fornisce ai ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado informazioni salvavita e suggerimenti sul comportamento da adottare per diminuire la probabilità di contrarre un tumore. Gli stessi suggerimenti aiutano anche a diminuire l’incidenza della patologia cardiovascolare e del diabete, ponendosi quindi come service a tutto tondo. Insegna a monitorare l’insorgenza dei tumori e prevenirne la comparsa attraverso l’adozione di uno stile di vita sano – spiega Bavosa -. Spinge i giovani a volersi bene e a conoscere il proprio corpo: più precocemente si parla di stili di vita corretti, migliore sarà la qualità della vita. La lotta contro le patologie, e i tumori in particolare, si attua attraverso la cultura, e la scuola è il luogo ideale perché è deputata alla trasmissione della cultura”.

Gli incontri si focalizzano su tumori che colpiscono anche i giovani: che feedback avete ricevuto?

“Oltre il 50% degli studenti afferma di aver cambiato stile di vita, migliorando l’alimentazione nel 60% dei casi, riducendo o eliminando il fumo nel 36%, iniziando o aumentando l’attività fisica nel 68% dei casi. Il 96% degli studenti ha compreso l’importanza dell’eliminazione del fumo, che è causa, oltre che di tumore, di patologie cosiddette benigne, ma croniche e invalidanti. Resta, però, che il 50% non conosce il Papilloma virus, oggi riconosciuto come il responsabile principale del carcinoma del collo dell’utero. Tenendo conto che oltre il 60% delle ragazze europee di 16 anni ‘ha già avuto contatto’ con questo virus, si conferma la necessità di far conoscere, sia alle ragazze sia ai ragazzi, le modalità di contagio del virus che ne è causa, gli accorgimenti per evitarlo e le sue conseguenze, che non coinvolgono solo le donne”, spiega ancora la coordinatrice del Progetto Martina.

 

Cosa manca ancora per far comprendere l’importanza della vaccinazione?

“Partiamo da una dato ulteriore: l’84% delle ragazze ha deciso di vaccinarsi contro il Papilloma virus con conseguente atteso azzeramento o drastica riduzione del rischio di tumore al collo dell’utero e riduzione del 20-30% del rischio di contrarre un tumore dell’orofaringe, con un risultato che coinvolge maschi e femmine – spiega la coordinatrice, pur non nascondendo le difficoltà -. Le principali sono proprio la scarsa conoscenza dell’importanza della vaccinazione tanto nelle femmine quanto nei maschi. E la generica diffidenza nei confronti dei vaccini”.

Quali sono i prossimi obiettivi dell’attività di sensibilizzazione rivolta ai giovani?

“Il nostro obiettivo è quello di continuare, anzi migliorare e ampliare il Progetto, di riprendere in pieno la nostra attività, che a causa del Covid19 ha subito un inevitabile rallentamento. Negli anni precedenti erano stati coinvolti oltre un milione di studenti: chiediamo alle scuole di contattarci attraverso il sito progettomartina.it e noi saremo ponte con i referenti locali” conclude l’esperta.

papilloma-virus Fonte foto: ANSA
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