Il video dei soccorsi subito dopo la strage di Via D'Amelio e la morte di Paolo Borsellino e la sua scorta
Il video dei soccorsi immediatamente dopo l'esplosione in Via D'Amelio, nella cui strage sono morti Paolo Borsellino e i 5 agenti della sua scorta
Il 19 luglio 1992, alle ore 16:58, una Fiat 126 rubata e caricata con circa 90 chilogrammi di tritolo, viene fatta esplodere al civico 21 di via Mariano D’Amelio a Palermo. Lì ci abitano Maria Rita Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella del giudice Paolo Borsellino. Pochi minuti – il primo lancio dell’Ansa è delle ore 17:16 – confluiscono sul posto le volanti di polizia e carabinieri, oltre a decine di ambulanze prontamente richieste.
La conferma che tra i cadaveri smembrati possa esserci quella di Paolo Borsellino arriva alle 18:13: quel che resta del suo corpo è carbonizzato, il braccio destro è stato troncato di netto, finendo nel cortile del palazzo. Non viene ufficialmente riconosciuto subito, ma i primi ad accorrere sul luogo dell’attentato, recita l’Ansa, “asseriscono che è certamente lui“.
Morti anche i 5 agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a fare parte di una scorta e prima donna della polizia a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto Antonino Vullo che, al momento dell’esplosione, stava parcheggiando una delle auto della scorta.
La devastazione dopo l’esplosione in Via D’Amelio, a Palermo, il 19 luglio 1992
Proprio gli agenti di scorta avrebbero dichiarato più volte quanto Via D’Amelio fosse considerata una strada pericolosa in quanto molto stretta tanto che, come rivelato in un’intervista rilasciata alla Rai da Antonino Caponnetto (che aveva guidato il pool antimafia di cui facevano parte Falcone e Borsellino), era stato chiesto alla Questura di Palermo di vietare il parcheggio di veicoli davanti alla casa. Richiesta rimasta però senza seguito.
Rimase inoltre tristemente celebre l’amareggiato commento di Caponnetto alle telecamere poco dopo aver visto la salma di Borsellino, in cui disse disperato “È finito tutto“, stringendo le mani del giornalista che poneva la domanda.
In occasione del 31° anniversario della strage, il presidente Sergio Mattarella ha dichiarato che “la Repubblica s’inchina alla memoria di Paolo Borsellino e a quella degli agenti della scorta“.