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Il Pd si divide sul referendum contro il Jobs Act: Schlein e Conte a favore, malumori all'interno del partito

Schlein schiera il partito votando il referendum contro il Jobs Act, ma una parte del Pd non è d'accordo: per cosa si vota e chi sono i dissidenti

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Il referendum contro il Jobs Act divide il Pd: durante la direzione del partito, Elly Schlein ha confermato il sostegno all’iniziativa ma all’interno ci sono divisioni, con alcuni riformisti contrari, tra cui Piero Fassino e Giorgio Gori. I quattro quesiti riguardano temi come il diritto al reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente e la riduzione dei contratti precari.

Elly Schlein e il sostegno al referendum contro il Jobs Act

Elly Schlein ha sciolto le riserve sul referendum contro il Jobs Act, dopo una fase di tentennamento iniziale, e ha dichiarato apertamente il suo sostegno, firmando a favore come fatto anche da Giuseppe Conte del M5S.

La segretaria del Pd ha annunciato che il partito appoggerà ufficialmente il referendum, sebbene alcuni esponenti, che avevano sostenuto il Jobs Act sotto Matteo Renzi, esprimano dubbi.

referendum jobs act schlein renzi fassinoFonte foto: ANSA

Piero Fassino, fra gli esponenti del Pd contrari allo schieramento di Schlein

Schlein ha sottolineato che il partito non chiede rinnegamenti, ma scelte chiare, dichiarando la fine della stagione renziana e ribadendo che il Pd deve essere coerente nella difesa dei diritti dei lavoratori, e non rimanere neutrale su questioni fondamentali.

Chi è contro al “sì” per il referendum

È soprattutto la parte riformista del Pd a non essere d’accordo con la linea del partito. Fra questi Piero Fassino: “Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva” ha commentato. “In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale”.

“Sul referendum serve pluralismo” ha sostenuto Lia Quartapelle “perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi”.

Alle voci fuori dal coro si aggiunge anche l’europarlamentare Giorgio Gori. “Capisco la posizione della segretaria, coerente con la sua storia politica, ma non condivido la scelta di schierare il partito a sostegno del ‘sì’ ” ha osservato, sostenendo la bontà di una legge come il Jobs Act “che ha migliorato le politiche del lavoro, senza aumentare né i licenziamenti né la precarietà. E tornare a dieci anni fa, ora che il problema è la carenza di personale, è dal mio punto di vista un errore politico”.

Per cosa si vota al referendum contro il Jobs Act

Il referendum proposto dalla Cgil si concentra su quattro quesiti per abrogare alcune norme sul lavoro, mirando a modificare le normative per tutelare meglio i diritti dei lavoratori.

Il primo quesito riguarda l’eliminazione del contratto a tutele crescenti, che impedisce la reintegrazione per i licenziamenti ingiustificati dei lavoratori assunti dopo il 2015. Il secondo quesito riguarda invece il limite massimo di indennizzo per i licenziamenti nelle piccole e medie imprese, proponendo di rimuoverlo e lasciare che il giudice determini l’indennità.

Il terzo quesito chiede l’abolizione delle norme che consentono contratti a tempo determinato senza causali per durate inferiori a 12 mesi, limitando i contratti a tempo determinato a specifiche situazioni.

Il quarto quesito, infine, riguarda la responsabilità delle imprese committenti in caso di infortuni sul lavoro negli appalti, chiedendo di eliminare l’esclusione della responsabilità solidale per gli infortuni nei subappalti.

referendum jobs act schlein renzi Fonte foto: ANSA
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