Il Mostro di Firenze chi era: il killer, quante le vittime, per quanto tempo ha operato e il processo
Tutta la storia dei delitti che insanguinarono la campagna toscana, dalle indagini al processo che si concluse con la condanna di Pacciani e non solo
Quello del Mostro di Firenze è un caso ancora aperto. Decenni segnati da omicidi rituali hanno aperto una ferita dalla quale la comunità fiorentina ancora stenta a riprendersi. In occasione dell’arrivo in tv della serie sull’incubo iniziato nel 1968 (e che ancora non ha conosciuto la parola fine) ecco tutto quello che c’è da sapere su uno dei casi di cronaca nera più conosciuti d’Italia.
Dal 1974 all’82, la scia di sangue del Mostro di Firenze insanguina la campagna della Toscana
Antonella Migliorini e Paolo Mainardi, 19 anni e 22. Sono queste le ennesime vittime del Mostro di Firenze. È il 19 giugno 1982, la macchina della coppia, una Renault, viene trovata lungo la strada che collega Montespertoli a Pompiano.
Nel settembre del 1974, nel giugno del 1981 e nell’ottobre dello stesso anno, il Mostro ha colpito a Borgo San Lorenzo, Calenzano, Scandicci e infine Montespertoli. Si tratta in tutti i casi di località in provincia del capoluogo di regione toscano.
Il Mostro di Firenze: a tenere insieme i delitti è l’arma e il tipo di proiettili
Prima che un nome fosse associato alla terribile serie di omicidi, gli investigatori collegano un’uccisione all’altra grazie ai proiettili rinvenuti sul luogo dei delitti: la pistola, sempre la stessa, è una Beretta calibro 22, i proiettili sono Winchester di marca H.
Perché l’omicidio di Antonella Migliorini e Paolo Mainardi rappresenta una svolta
Se l’arma del delitto corrisponde in tutti e quattro i casi di duplice omicidio, differiscono invece le modalità: il killer non si è accanito sul cadavere di Antonella Migliorini nel modo in cui aveva fatto con i corpi delle altre ragazze.
Il delitto dell’82 è per molti versi un punto di svolta. Non soltanto perché la paura diventa panico a Firenze e dintorni, ma anche perché la popolazione cominciò a partecipare attivamente alle indagini, immaginando di riconoscere nell’identikit del mostro, diffuso a mezzo stampa, di volta in volta un chirurgo, un macellaio o un pizzaiolo.
Un delitto che non era stato collegato: quello del 1968
L’acquisizione più importante arriva però dalle indagini sull’arma, che viene assimilata a quella di un altro delitto ancora. Stavolta bisogna risalire addirittura al 1968. Corrispondono anche il profilo delle vittime, Barbara e Antonio, di 32 e 29 anni, e il luogo, appartato, buio e localizzato nelle campagne di Signa (Firenze).
Per quel delitto fu incolpato Stefano Mele, marito di Barbara, ma l’arma con la quale aveva freddato la compagna e l’amante di lei non fu più ritrovata. I giudici avevano messo in carcere l’uomo giusto?
C’è poi un altro elemento: gli investigatori furono messi sulla pista del ‘68 da una lettera anonima: perché l’informatore aveva conservato i ritagli di giornale? E come era a conoscenza della corrispondenza dell’arma?
Arrivano i primi indiziati, ma proseguono i delitti: nel 1983, nel 1984 e nel 1985
Nel Ferragosto del 1982, arriva il primo indiziato: Francesco Vinci, ex amante di Barbara Mele. Nel 1983 però altre due vittime uccise con la stessa arma e gli stessi proiettili arrivano a scagionarlo.
È la volta di altri due iniziati: Giovanni Mele e Piero Mucciarini, fratello e cognato di Stefano Mele. Ma il Mostro è ancora vivo e uccide Pia Rontini e Claudio Stefanacci, nel 1984, giovane coppia di fidanzati i cui cadaveri vengono ritrovati nel Mugello. L’indiziato diventa un altro: Salvatore Vinci, fratello di Francesco.
L’8 settembre del 1985 la Beretta calibro 22 uccide l’ottava coppia: entrambi giovani venuti dalla Francia, Nadine Mauriot, 36 anni, e Jean-Michel Kraveichili, 25 anni. Il luogo è Scopeti, sempre in provincia di Firenze.
Spunta il nome di Pietro Pacciani, il contadino del Mugello con una storia di delitti alle spalle
A questo punto il ministero dell’Interno mette una taglia su il Mostro di Firenze, di denunce anonime ne arrivano tante e tra tutte una induce gli investigatori a rivolgere l’attenzione a un contadino della provincia di Firenze, residente sulle montagne di Mercatale Val di Pesa, che si dice sia anche un tiratore scelto: il suo nome è Pietro Pacciani.
Il nome di Pacciani spunta fuori anche da una ricerca tramite il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, alla quale il magistrato della procura di Firenze, Piero Luigi Vigna, chiese di fornire profili di ex detenuti per reati commessi al sesso a piede libero nei giorni degli omicidi.
Pacciani si trova in carcere dall’87 per aver abusato sessualmente delle figlie fin da quando erano poco più che bambine. Dal 1991 Pacciani è libero. Durante le indagini, che si conclusero con il processo del 1994, aumentarono le prove a suo carico.
Ad esempio nell’orto di casa gli fu trovato un bossolo compatibile con quelli sparati dalla Beretta calibro 22, mentre nell’appartamento venne trovato un album da disegno che non sarebbe potuto essere stato acquistato in Italia. Invece sarebbe potuto appartenere a uno dei due ragazzi tedeschi uccisi nel 1983, che in effetti disegnava.
Inizia il processo: Pacciani viene condannato all’ergastolo il primo grado
Il giorno 1 novembre 1994 la Corte emette un verdetto di colpevolezza e Pacciani viene condannato all’ergastolo per 7 degli 8 duplici omicidi attribuiti al Mostro di Firenze (a mancare è il primo, quello del 1968).
Al processo di Appello Pietro Pacciani viene assolto da ogni accusa. Il nuovo procuratore è il primo a non credere alla sua colpevolezza, prepara invece una contromossa: questa volta sul banco degli imputati ci finisce Mario Vanni, amico di Pacciani, del quale si era definito, al processo di primo grado “compagno di merende”. Era il 1996.
La pista dei “compagni di merende”: spuntano i nomi di Pietro Vanni e Giancarlo Lotti
A puntare il dito contro Vanni sono 4 testimoni, inizialmente individuati con le lettere dell’alfabeto greco “Alfa”, “Beta”, “Gamma” e “Delta” e poi ricondotti al altrettanti nomi di personaggi di San Casciano, il paese accanto al quale è avvenuto l’ultimo delitto. Fanno parte del giro di Vanni e Pacciani, vengono denominati appunto “compagni di merende”.
Si tratta anche di Giancarlo Lotti, che con Vanni viene condannato dalla Corte di Cassazione. A Vanni viene inflitta la pena dell’ergastolo, per Lotti vengono disposti 26 anni di carcere. Pacciani nel frattempo era morto a causa di un infarto, poco prima della lettura della sentenza. Vanni e Lotti avrebbero agito in concorso con Pacciani.
La ricerca di un mandante: il caso del Mostro di Firenze è ancora aperto
Le indagini però non si chiudono con l’incarcerazione di Lotti e Vanni, ma proseguono alla ricerca di un mandante, che gli inquirenti intravedono nelle azioni e nelle dichiarazioni delle persone coinvolte negli omicidi.
La pista esoterica che punta a professionisti della Firenze “bene”
In particolare, prende piede una pista esoterica, passante per alcuni incontri rituali in un casolare della zona e avente come protagonisti figure di professionisti conosciuti e affermati, come medici e farmacisti.
Sarà quest’ultima una pista destinata a cadere e dopo anni ancora nulla si conosce di eventuali mandanti degli 8 duplici omicidi, 16 persone in totale, che hanno insanguinato la provincia toscana tra il 1968 e il 1985.