Hong Kong, arrestato e poi rilasciato il cardinale Joseph Zen: rischiava l'ergastolo. Cosa è successo
A Hong Kong il cardinale Joseph Zen è stato arrestato e poi rilasciato dopo il pagamento della cauzione: la grave accusa nei suoi confronti
Il cardinale Joseph Zen è stato arrestato a Hong Kong nel pomeriggio di mercoledì 12 maggio per poi essere rilasciato su cauzione in tarda serata. L’alto prelato, 90 anni, era stato fermato dalla sezione della polizia costituita per vegliare sulla sicurezza nazionale.
- L'arresto del cardinale Zen dopo la scelta del nuovo governatore di Hong Kong
- Prima l'arresto e poi il rilascio: l'accusa al cardinale
- Le critiche al governo cinese
- La preoccupazione del Vaticano e la condanna di Human Rights Watch
L’arresto del cardinale Zen dopo la scelta del nuovo governatore di Hong Kong
Vescovo emerito della diocesi asiatica dal 2002 al 2009 e amministratore del 612 Humanitarian Relief Fun (fondo che per mesi ha fornito assistenza finanziaria e legale a chi ha partecipato alle proteste pro-democrazia del 2019), Zen era finito in manette insieme ad altri attivisti, tra cui l’avvocata Margaret Neg, l’ex deputato Cyd Do e la cantante pop Denise Ho.
Gli arresti sono arrivati soltanto pochi giorni dopo l’elezione dell’ex capo della sicurezza John Lee a governatore della città. Unico candidato in corsa, in Occidente la sua scelta è stata vista come un segnale di repressione, per via dei suoi metodi di gestione delle proteste particolarmente duri. Non sarebbe un caso che gli arresti siano scattati proprio dopo essere stato scelto per guidare Hong Kong.
Prima l’arresto e poi il rilascio: l’accusa al cardinale
L’accusa nei confronti del vescovo emerito Joseph Zen, secondo quanto si apprende, sarebbe quella di “collusione con forze straniere”.
Si tratta di un reato che, insieme a quelli di terrorismo, sovversione e secessione, è stato inserito nella nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020: la pena massima è l’ergastolo.
Il cardinale è stato tuttavia rilasciato dalla stazione di polizia di Wan Chai dopo il pagamento della cauzione. All’uscita, dalle indiscrezioni dei media locali, non avrebbe fatto alcuna dichiarazione e si sarebbe allontanato insieme ad altre cinque persone verso un’auto privata parcheggiata a poca distanza.
Le critiche al governo cinese
L’alto prelato era da tempo nel mirino di Pechino per le sue critiche nei confronti del Partito comunista e delle politiche attuate da Xi Jinping, in particolare quelle relative al controllo sulle comunità religiose.
Anticomunista militante, per anni ha guidato le battaglie pacifiche per la democrazia nell’ex colonia britannica e ancora oggi a Hong Kong come un importante punto di riferimento.
“Piano piano il comunismo ha mostrato i denti e la voglia di controllo totale. Il suffragio universale promesso si è rivelato una democrazia con caratteristiche cinesi, falsa: un voto su candidati prescelti da Pechino”, aveva affermato Zen nel 2019 in un’intervista a la Repubblica.
La preoccupazione del Vaticano e la condanna di Human Rights Watch
Dopo la notizia dell’arresto del cardinale a Hong Kong, il Vaticano si è subito allarmato. Rispondendo alle domande dei giornalisti prima che venisse rilasciato, il direttore della Sala Stampa pontificia Matteo Bruni ha dichiarato: “Seguiamo con estrema attenzione l’evolversi della situazione”.
Secondo Human Rights Watch l’arresto del cardinale a Hong Kong è stato un “episodio scioccante”, che evidenzia “la caduta libera della città per quanto riguarda i diritti umani negli ultimi anni”.