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Hamas minaccia Israele dopo la morte di Ismail Haniyeh, cosa può davvero succedere adesso in Medio Oriente

Secondo l'esperto di Medio Oriente, Giuseppe Dentice, la morte di Ismail Haniyeh potrebbe causare un cortocircuito nella guerra tra Israele e Hamas

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Non si è fatta attendere la risposta di Israele all’attacco di sabato 27 luglio sulle alture del Golan, costato la vita a giovani calciatori. Adesso l’attenzione si sposta sulla reazione di Libano e Iran dopo la morte di Ismail Haniyeh, leader di Hamas, ucciso in un raid mentre si trovava nella sua residenza a Teheran, nella notte tra martedì 30 e mercoledì 31 luglio. Dopo i funerali, il corpo sarà trasferito in Qatar, a Doha, per essere sepolto venerdì 2 agosto. Era da tempo che Israele cercava di eliminare Haniyeh, dopo l’attacco subito lo scorso 7 ottobre. Il momento giusto è arrivato durante una visita di Haniyeh in Iran. Ma l’attacco delle forze di Tel Aviv, per quanto mirato, aggiunge nuova tensione nell’area, soprattutto perché arrivato a poche ore da quello in Libano. Cosa può succedere adesso nella guerra in Medio Oriente secondo Giuseppe Dentice, responsabile del desk MENA, Middle East, North Africa del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.).

Due attacchi israeliani in poche ore: le conseguenze

In Libano l’offensiva israeliana ha avuto come obiettivo il Consiglio della Shura di Hezbollah e la sala operativa del braccio militare del partito di Dio e delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Fuad Shukr. Si tratta del numero due delle milizie di Hassan Nasrallah.

Al momento resta incerta la sua sorte: secondo Hezbollah Israele avrebbe fallito, dunque Shukr non sarebbe morto nel raid, ma altre fonti riferiscono che ne sarebbe rimasto vittima. Di sicuro lo scenario che si delinea è di enorme tensione. Alla risposta, attesa, dell’Iran, si aggiungono le voci critiche di Russia e Cina. Più cauti gli Stati Uniti.

Ismail Haniyeh mortoFonte foto: ANSA
Ismail Haniyeh

Hamas minaccia Israele dopo la morte di Ismail Haniyeh

La prima risposta, per ora verbale, è arrivata da Hamas: “L’assassinio di Ismail Haniyeh non resterà impunito”, ha commentato un alto funzionario dell’organizzazione terroristica, Moussa Abu Marzouk, che ha parlato di “atto codardo sionista”.

Per il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, si è trattato di un “atto codardo e uno sviluppo pericoloso”.

Se ora si temono nuove azioni palestinesi contro Israele, ancora più duri sono stati i toni della guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei: “È nostro dovere vendicare il suo sangue. Il regime criminale e terrorista sionista ha preparato per se stesso una dura punizione”.

Non è mancato un commento turco, per bocca del ministro degli Esteri di Ankara, secondo cui “il governo Netanyahu non lotta per la pace”, in quanto “lo scopo di questo attacco è quello di espandere la guerra nella Striscia di Gaza all’intera regione”.

Infine, dura la condanna anche da parte di Mohammed Ali al-Houthi, capo del Comitato rivoluzionario supremo dei ribelli Houthi dello Yemen, che ha definito l’uccisione di Haniyeh un “atroce crimine terroristico e una flagrante violazione delle leggi e dei valori ideali”.

Israele esulta: le reazioni di Russia e Stati Uniti

Per il vice ministro degli Esteri russo e inviato presidenziale per il Medio Oriente, Mikhail Bogdanov, la morte di Haniyeh è un “omicidio politico assolutamente inaccettabile che porterà a un’ulteriore escalation della tensione”.

Ma da Israele non si nasconde la soddisfazione per i risultati raggiunti. Amichay Eliyahu, ministro israeliano per il Patrimonio, non ha esitato ad affermare sui propri account social che la morte del leader di Hamas “rende il mondo un po’ migliore” e che questo “è il modo giusto per ripulire il mondo da questa sporcizia. Basta con gli accordi di ‘pace’ immaginari, basta con la pietà per questi mortali”.

Cauti gli Stati Uniti che, tramite il segretario alla Difesa Lloyd Austin, sottolineano l’importanza della ricerca di una pacificazione nell’area: “Lavoreremo duramente per assicurarci di aiutare a far calare la tensione, e affrontare le questioni con mezzi diplomatici”.

L’intervista all’esperto, Giuseppe Dentice, 

L’escalation tanto temuta, intanto, è già arrivata, nonostante le operazioni israeliane siano state “mirate”. Cosa cambia adesso?

“La risposta è stata mirata nella forma, ma non nella sostanza perché è molto ampia e dura, al limite del provocatorio. Non tanto perché voleva colpire i due leader, ma per il dove è avvenuta, cioè a Beirut e Teheran, quindi nelle roccaforti nemiche. Equivale a dire: ‘Siamo in grado di colpirvi ovunque e quando vogliamo’. È stata una dimostrazione di forza molto forte”.

Cosa ci si deve aspettare, adesso?

“Il rischio è che questa provocazione alimenti un cortocircuito, che a sua volta porti a una situazione totalmente fuori dal controllo. Ci stiamo avvicinando al baratro in modo evidente e con una rapidità non trascurabile”.

Dure le reazioni non solo dell’Iran, ma anche di Turchia e Russia (e della Cina). Che ruolo possono avere questi attori?

“Nel caso di Russia e Cina, ma anche della Turchia si tratta soprattutto di un gioco delle parti che preoccupa relativamente. Le azioni ci saranno sicuramente, ma arriveranno da Hezbollah, Hamas e da Teheran. Il problema è solo capire come e quando. Non potrà passare troppo tempo, altrimenti la risposta rischierebbe di apparire debole. Potrebbe, invece, essere sproporzionata e ancor più violenta del passato. Oggi ci muoviamo in un mondo di incognite, è difficile azzardare una previsione”.

Insomma, le possibilità di una pacificazione nell’area si allontanano?

“Temo che gli attor in campo propenderanno ormai per la forza o per una dimostrazione di forza, piuttosto che per una mediazione. Il tempo delle colombe è finito e, purtroppo, i timori non riguardano soltanto l’Iran. Di sicuro si prospetta uno scenario nel quale in Medio Oriente ci possa essere una direttrice fondamentale di confronto-scontro tra Iran e Israele, e tutti i conflitti minori saranno riconducibili a questa contrapposizione”.

Che ruolo potrebbero giocare gli Stati Uniti?

“È difficile capire se gli Usa siano stati presi alla sprovvista dalle operazioni israeliane degli ultimi giorni. La controparte americana potrebbe essere stata informata, ma verosimilmente solo a operazioni in corso. Sono comunque dettagli. Oggi paradossalmente gli Stati Uniti potrebbero essere più esposti a rischi, perché sono presenti militarmente nell’area mediorientale, per esempio in Qatar o Bahrein. Al di là dell’incertezza sulle elezioni statunitensi, che pesa, certo sia Trump che Harris non faranno mancare il loro supporto a Israele, ma sono ben consapevoli della pericolosità del momento, anche per l’ordine pubblico interno”.

ismail-haniyeh Fonte foto: ANSA
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