Gli sbarchi dei migranti sono aumentati con il Governo Meloni: i dati e l’intervista a Matteo Villa (Ispi)
Quasi 90 mila migranti arrivati da inizio anno, più che raddoppiati dal 2022. Intervista a Matteo Villa (Ispi) sui dati e sull’accordo con la Tunisia
Quasi 90 mila migranti sbarcati da inizio anno, una media di oltre 420 al giorno e un aumento del 135% rispetto allo stesso periodo nel 2022. La realtà dei dati ministeriali stride con le promesse di blocco navale della premier Giorgia Meloni, chiamata ora a dare risposte agli elettori. Dopo aver dichiarato lo stato d’emergenza in aprile, ora il Governo intende frenare gli sbarchi grazie all’accordo UE-Tunisia, finanziando i controlli delle frontiere nordafricane e aumentando i rimpatri. Ne ha parlato a Virgilio Notizie Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Nazionale (Ispi) ed esperto di flussi migratori.
- I dati dei migranti sbarcati: +135% nel 2023
- Il memorandum tra Unione europea e Tunisia
- L’intervista al ricercatore Ispi Matteo Villa, esperto di migrazioni
I dati dei migranti sbarcati: +135% nel 2023
Per una maggioranza di centrodestra che fa del contrasto all’immigrazione la propria bandiera, i dati degli sbarchi nel 2023 non sono lusinghieri. Da inizio anno 2023 al 25 luglio sono arrivati in Italia 87 mila migranti, oltre il doppio dei 37 mila dello stesso periodo nel 2022 (+135%).
Se l’estate, portando condizioni più favorevoli per i viaggi in mare, fa sempre registrare più partenze, luglio 2023 ha comunque segnato un record: con circa 22 mila arrivi (1735 nella sola giornata di giovedì 6), i primi 25 giorni del mese hanno quasi doppiato il totale di migranti sbarcati nell’intero 2019 (dati del Ministero dell’Interno e della fondazione ISMU). I dati mensili dell’ultimo triennio mostrano più arrivi per tutto il 2023, tranne che per maggio.
Il memorandum tra Unione europea e Tunisia
I flussi in ingresso dal Mediterraneo hanno toccato il picco nel 2016 (181 mila), sono crollati negli anni successivi per poi iniziare a ricrescere dal 2020.
Il calo degli ultimi anni si deve all’accordo del 2017 tra il Governo Gentiloni e la Libia per fermare le partenze.
A fronte del nuovo aumento, Meloni mira a ottenere lo stesso risultato col memorandum tra Unione europea e Tunisia che, sul fronte migrazioni, prevede un sostegno economico europeo al Paese africano per il controllo delle frontiere (100 milioni vincolati da riforme) e, dall’altra parte, la disponibilità a facilitare i rimpatri di migranti irregolari, ma solo se di origine tunisina.
L’intervista al ricercatore Ispi Matteo Villa, esperto di migrazioni
Come si spiega il forte aumento degli sbarchi nel 2023, in particolare dalla Tunisia?
“Molto semplicemente, i potenziali migranti dall’Africa cercano modi per partire e guardano all’esperienza di chi ce l’ha fatta di recente. Mentre nel 2014-2017 sembrava più ‘semplice’ raggiungere la Libia, in particolare la costa ovest, per poi imbarcarsi alla volta dell’Italia, il 2020-2021 ha visto un’impennata di partenze di tunisini dalla Tunisia. Questo a sua volta ha dato una spinta all’industria ‘locale’ di barchini in ferro. Esauritasi la pressione a partire dei tunisini – legata prima alla crisi del turismo causata dalle fasi acute della pandemia, e poi alla crisi dei prezzi alimentari causata dall’invasione russa dell’Ucraina – , lo stesso mercato di barchini è stato messo a disposizione dei subsahariani provenienti dall’Africa occidentale. Nella Tunisia si vede un luogo più sicuro per partire – il rischio di morte in mare è circa la metà rispetto al 2% delle partenze dalla Libia – e una volta che il passaparola si diffonde il processo che si innesca è sempre molto caotico e difficile da limitare nel breve periodo”.
Sono numeri che giustificano lo stato di emergenza annunciato dal Governo Meloni in aprile?
“Di sicuro siamo in una situazione di emergenza sul territorio nazionale, con i numeri delle persone in accoglienza che continuano a crescere, dal minimo di 76 mila a luglio 2021 a circa 125 mila accolti a luglio 2023. Ma per valutare il sussistere di uno stato di emergenza non si può mai prescindere dalle risposte di policy, che sono a oggi molto carenti. I posti persino nei centri d’accoglienza straordinaria sono sempre meno, il che costringe a situazioni di sovraffollamento, mentre non si sta facendo nulla per ampliare la rete dell’accoglienza diffusa che oggi si chiama SAI, notoriamente mal vista da diversi esponenti dell’attuale Governo. C’è anche da ricordare che nella stagione più ‘calda’ per l’accoglienza in Italia, quando i numeri continuavano a salire fino ad arrivare a quasi 200 mila migranti accolti a ottobre 2017, i precedenti Governi non hanno mai dichiarato lo stato d’emergenza”.
Dopo aver limitato le attività delle ong in mare, la risposta del Governo per ridurre gli arrivi è ora il memorandum Ue -Tunisia, che il Ministro Piantedosi sta presentando come il ‘blocco navale’ promesso in campagna elettorale: è così?
“Di sicuro non è un blocco navale, e non potrebbe esserlo, dal momento che per effettuare un blocco navale è necessario impiegare unità militari e ci si infrange contro i limiti politici, giuridici e logistici di cui si è molto parlato l’anno scorso. D’altra parte, sarà difficile giudicare l’efficacia dell’accordo laddove mira a potenziare la collaborazione della guardia costiera tunisina, perché quest’ultima è sempre stata elevata ed è già cresciuta negli anni, a prescindere dall’esistenza del memorandum. In questi mesi è stata già attivissima, intercettando e riportando a riva circa la metà dei migranti partiti dalle coste tunisine. Per fare un paragone, la Guardia costiera tunisina aveva intercettato 5 mila migranti nel 2019, 23 mila nel 2021, 38 mila nel 2022 e più di 60mila negli ultimi dodici mesi. In realtà è lecito supporre che il memorandum miri a ottenere un risultato simile a quello raggiunto dalla collaborazione tra Italia e Libia – o, per meglio dire, tra Italia e milizie libiche – nel 2017, quando le milizie coinvolte nel traffico di migranti cominciarono a trattenere le persone anziché farle partire, e le partenze dalla Libia crollarono. Gli esiti della collaborazione potremo valutarli solo nei prossimi mesi. Per adesso, la settimana successiva alla firma del memorandum Ue-Tunisia ha registrato gli sbarchi in Italia provenienti dalla Tunisia più alti di sempre, quasi 7500 arrivi in sette giorni”.
Il memorandum prevede che la Tunisia faciliti i rimpatri dei migranti irregolari, ma solo se di origine tunisina (7% degli arrivi nel 2023). Questo punto rischia di togliere efficacia all’accordo?
“Sì, di sicuro, ma d’altronde non potrebbe essere diversamente. Da un lato, l’accordo di rimpatrio con la Tunisia è uno dei pochi che funziona, e da anni consente all’Italia di rimpatriare tra i 40 e gli 80 tunisini alla settimana. Dall’altro, il ‘rimpatrio’ – in realtà sarebbe meglio dire ‘restituzione’ – di cittadini di Paesi terzi è stato tentato solo con la Turchia nel 2016, nel famoso accordo ‘uno a uno’, ma non ha praticamente mai trovato applicazione. In generale sarebbe stato molto difficile per l’Europa giustificare l’invio di persone non tunisine in Tunisia, e per Saied il ritorno nel Paese di migliaia di cittadini subsahariani che lui stesso sostiene andrebbero espulsi”.
Il memorandum si rifà agli accordi con la Libia, nei cui centri di detenzione dei migranti avvengono violenze certificate dall’Onu. C’è il rischio che si ricrei una situazione simile di violazione dei diritti dei migranti in Tunisia?
“Non credo che in Tunisia ci sia il rischio di vedere la riproposizione dei centri di detenzione libici. Il sistema dei traffici sembra essere molto diverso, molto meno ‘centralizzato’ – tranne che a Sfax, dove sembra che alcune famiglie tunisine siano in controllo della maggior parte dei traffici – e in ogni caso molto meno violento. Ciò non significa che la situazione per i migranti in Tunisia sia rosea: le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno, e sono cresciute dopo le dichiarazioni xenofobe del presidente Saied”.