Giornata mondiale dell'obesità, i dati sui bimbi italiani che spaventano: l'intervista all'esperto Marco Zappa
In occasione della Giornata mondiale dell’obesità, gli esperti evidenziano la preoccupazione per un fenomeno sottostimato: l'intervista a Marco Zappa
Un sondaggio realizzato da YouGov in occasione della Giornata mondiale contro l’obesità 2023, dimostra che gli italiani non hanno ancora piena consapevolezza dei rischi connessi all’aumento eccessivo di peso. L’intervista a Marco Zappa, presidente della Società italiana di chirurgia dell’obesità (Sicob), ai microfoni di Virgilio Notizie. Riflettori sui dati relativi ai bimbi italiani.
- L'obesità in Italia e nel mondo
- La connessione tra obesità e pandemia e la "globesity"
- L'intervista a Marco Zappa
L’obesità in Italia e nel mondo
In Italia, solo il 18% conosce la differenza tra obesità e sovrappeso, mentre il 47% sovrastima le proporzioni del fenomeno.
L’84%, invece, pensa che la causa sia la pandemia, ma non ritiene che con il ritorno alla normalità i numeri scenderanno.
Nel mondo, si stima poi che almeno 4 bimbi obesi su 10 non risolveranno il problema in età adulta, con conseguenti aumentati rischi di mortalità nel lungo periodo.
Poi, si calcola che nel 2030 saranno 253 milioni i giovanissimi in sovrappeso o obesi, più di quelli malnutriti.
In Italia il 10% di bambini è obeso, sono circa 700 mila fra i 5 anni e i 15 anni: di questi, oltre 150 mila hanno una forma di obesità grave e solo in minima parte il motivo di natura genetica.
La connessione tra obesità e pandemia e la “globesity”
Secondo Marco Zappa, presidente della Società italiana di chirurgia dell’obesità (Sicob), “certamente la pandemia può aver aumentato la percentuale delle persone in sovrappeso, ma di certo per quanto concerne la grande obesità ha fornito un impatto non significativo“.
Infatti la globesity, come è giusto definire questo problema, rappresenta una vera e ulteriore pandemia mondiale e italiana certamente sottovalutata dai media e dalla popolazione”.
L’intervista a Marco Zappa
Di seguito, l’intervista concessa dal presidente Marco Zappa a Virgilio Notizie.
Il fenomeno è in aumento e merita una maggiore attenzione?
“L’obesità colpisce circa il 10,5% della popolazione italiana con conseguenze catastrofiche oltre che sanitarie anche economiche con costi diretti e indiretti che gravano sul Sistema sanitario nazionale. Va sempre ricordato, inoltre, che oltre ai problemi legati al sovrappeso, questo si associa a complicanze come il diabete, l’ipertensione, patologie cardiovascolari, ortopediche, eccetera. Un vero grido di allarme, infine, deve essere urlato per quanto concerne l’associazione obesità e cancro, che risulta superiore al 12%”.
Quanto conta la genetica e quanto gli stili di vita?
“Intanto, va precisato che sensibilizzare significa prendere coscienza della patologia e non considerarla, come purtroppo accade, un problema estetico. È sicuramente importante non discriminare il paziente obeso. Poi va chiarito che in lui convive certamente una problematica di comportamento alimentare scorretto e uno stile di vita che deve essere corretto, ma esiste sempre anche una componente di predisposizione e un vissuto psicologico che facilitano la condizione dell’obesità”.
In Italia il 10% dei bimbi è obeso: è un’emergenza?
“Francamente mi sembra che questi dati siano persino sottostimati. Ci sono regioni in cui l’obesità adolescenziale supera il 30%. Direi che questa fotografia da sola spiega il gravissimo rischio che stiamo correndo. Oggi l’adolescente medio ha un’attività fisica ridotta mentre preferisce attività sedentarie con strumenti elettronici che sono il bagaglio di ogni adolescente. E mentre, comodamente seduti, si guarda il telefonino o il tablet, ecco che si dà fondo a tutte le merendine caloriche presenti. Servirebbe osservare foto dei gruppi di giovani in bianco e nero degli anni ‘70/’80 e si capirebbe la differenza, oppure si dovrebbe controllare il numero e la sede dei fast food che vendono hamburger per scoprire che hanno ormai il predominio territoriale. Credo davvero che si debba agire sui nostri giovani con stimoli culturali, magari spiegando e mostrando l’importanza dello sport praticato, del trekking, oltre che della meraviglia della natura, che anche per colpa della mia generazione sono state dimenticate. Forse mi illudo, ma credo davvero che sia compito delle generazioni adulte fornire gli strumenti e gli esempi a chi verrà dopo di noi”.
Negli Stati Uniti si prevede il ricorso ai farmaci negli under 12: in cosa consiste la terapia e in quali casi è utile?
“Il mondo statunitense è completamente diverso da quello europeo e la farmacologia ha fatto davvero molti passi in avanti con farmaci che certamente forniranno supporto nella terapia dell’obesità. Dico, però, che va distinto il sovrappeso dalla grande obesità. Per quest’ultima, l’unica possibilità di calo ponderale mantenuto nel tempo resta la chirurgia che, ad oggi, offre risultati e certezze se eseguita in centri dedicati e sotto egida Sicob. Sono sempre dell’opinione che la sinergia tra le diverse terapie possa essere un’ arma vincente e quindi anche la farmacologia potrà supportare l’atto chirurgico al fine di ottenere i migliori risultati. Ma ribadisco la necessità di distinguere gli ambiti dove poter agire: il sovrappeso è diverso dalla grande obesità e per gli adolescenti mi rifaccio alla mia precedente risposta. Prima di approcci terapeutici cambiamo la cultura, lo stile di vita offrendo stimoli nuovi”.
Quali sono le alternative terapeutiche nei giovani e negli adulti?
“La premessa è che solo un lavoro multidisciplinare di un team formato dallo psicologo del comportamento alimentare, dal nutrizionista, dal diabetologo, dal gastroenterologo e laddove sia necessario dal chirurgo rappresenta una possibilità di intervento risolutivo. Inoltre va ricordato che ricorrendo ai centri Sicob si ha la certezza di essere garantiti sulla terapia corretta per ogni singolo paziente. Ogni obeso ha il proprio percorso e sta al team individuare quale sia. Laddove sia necessario ricorrere alla chirurgia, va ricordato come il rischio chirurgico bariatrico sia in Italia inferiore a quello di una colecistectomia. Per questo vorrei ricordare che chiunque affronti un intervento chirurgico bariatrico, dopo attenta analisi della sua situazione clinica, non lo fa per un problema estetico, ma per una grave malattia che riduce la quantità e qualità della sua vita”.