Giorgia Meloni lavora su Cecilia Sala arrestata in Iran, la trattativa del Governo per liberare la giornalista
Gli ultimi aggiornamenti sulla trattativa del Governo guidato da Giorgia Meloni per la liberazione di Cecilia Sala, la giornalista arrestata in iran
Il Governo italiano guidato da Giorgia Meloni continua a lavorare per la liberazione di Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran, le cui sorti sono legate a doppio filo a quelle di Mohammad Abedini-Najafabadi, l’iraniano arrestato a Malpensa su cui pende una richiesta di estradizione firmata Stati Uniti d’America. La partita si “gioca” su tre tavoli: Iran, giudici e Usa.
- Arresto Cecilia Sala, la situazione tra Italia e Iran
- Il destino di Abedini e il ruolo dei giudici e del ministro Nordio
- Cecilia Sala, Abedini e i rapporti tra Italia e Usa
Arresto Cecilia Sala, la situazione tra Italia e Iran
La prima urgenza del Governo italiano, si legge sul Corriere della Sera, è quella di ottenere condizioni di detenzione “decenti” e “accettabili” per Cecilia Sala, che da due settimane è prigioniera a Teheran, in Iran.
A questo proposito servono garanzie di reciprocità sulle condizioni di detenzione della giornalista italiana e dell’iraniano Abedini, ma finora quelle ottenute dalle autorità della Repubblica islamica sono giudicate non sufficienti.
La giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata in Iran per “violazione delle leggi della Repubblica islamica”.
Mentre il viceministro degli Esteri dell’Iran Vahid Jalalzadeh ha assicurato il “benessere” di Cecilia Sala, la giornalista italiana, nelle sue telefonate, ha descritto una situazione diversa (“Dormo per terra, mi hanno tolto anche gli occhiali“, le sue parole).
Abedini, in Italia, sta ricevendo un trattamento differente: è stato riportato in Lombardia nel carcere di Opera (come richiesto del consolato dell’Iran), ha incontrato più volte il suo avvocato che ha presentato istanza per ottenere gli arresti domiciliari per il suo assistito, ha parlato con la sua famiglia in Iran, ha a disposizione un iPad (non connesso a Internet) e ha accesso ai notiziari tv.
Il ministero degli Esteri italiano guidato da Antonio Tajani sta premendo sul piano diplomatico per eliminare la disparità di trattamento tra Cecilia Sala e Abedini. Nel frattempo, però, è iniziata anche la “partita” giudiziaria sulla detenzione e sulla estradizione del detenuto iraniano.
Il destino di Abedini e il ruolo dei giudici e del ministro Nordio
Abedini, in Italia, non ha commesso alcun reato. Il suo arresto è dovuto, infatti, a una richiesta degli Stati Uniti d’America.
Secondo il tribunale del Massachusetts, l’ingegnere iraniano avrebbe fornito sistemi di navigazione usati dai pasdaran dell’Ircg, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica che solo negli Stati Uniti d’America, in Canada e in Svezia rientra tra le organizzazioni terroristiche (non è presente nelle black list di Onu e Unione europea).
Dagli Usa non è ancora arrivata in Italia la documentazione con le prove a carico di Abedini. A decidere sulla sua eventuale estradizione (o scarcerazione) saranno i magistrati, che sono indipendenti dal potere politico e che prenderanno la loro scelta in base a considerazioni puramente giuridiche.
In ogni caso, se i magistrati dovessero negare la scarcerazione di Abedini (che potrebbe sbloccare la “trattativa” per la liberazione di Cecilia Sala), il Governo italiano avrebbe la possibilità di revocare l’ordine d’arresto e lasciare che l’iraniano ritorni a casa. La revoca della misura cautelare a fini estradizionali, infatti, “è sempre disposta se il ministro della Giustizia ne fa richiesta”.
Su questo fronte pesano alcuni precedenti, come quello del regista ucraino Yeven Eugene Lavrenchuk, arrestato a Napoli su richiesta della Russia e poi liberato su ordine del ministero o quello più recente dell’ingegnere informatico Hernè Falciani, arrestato a Malpensa e rilasciato sempre su richiesta del Governo.
C’è, però, anche il precedente dell’evasione di Artem Uss, rievocato nella giornata di giovedì dagli Usa per insistere sulla conferma del carcere per Abedini. Il presunto trafficante riuscì a fuggire dagli arresti domiciliari accordati dalla corte d’appello di Milano e, in quell’occasione, Meloni e Nordio scaricarono la responsabilità sui magistrati, messi sotto inchiesta disciplinare (poi finita in nulla al Csm). L’iniziativa fece scandalo tra le “toghe”.
Cecilia Sala, Abedini e i rapporti tra Italia e Usa
Il destino di Abedini (e, di conseguenza, di Cecilia Sala) condiziona anche i rapporti tra Italia e Stati Uniti d’America. Per ridurre al minimo le prevedibili tensioni con gli Usa, il Governo italiano (nonostante il precedente di Artem Uss appena citato) preferirebbe che fossero i magistrati a risolvere il “problema” Abedini, alleggerendo la sua posizione giudiziaria e offrendo la sponda per potersi giustificare con gli Usa dietro il paravento dell’indipendenza dei magistrati.
Il parere contrario della Procura generale di Milano alla concessione dei domiciliari, si legge ancora sul Corriere della Sera, avrebbe già suscitato un certo malumore nel Governo.
Un ulteriore dettaglio sui rapporti Italia-Usa è emerso da La Repubblica: dello scioglimento del nodo del rapporto con gli Stati Uniti in relazione al caso Abedini si è occupata e lo farà ancor di più nelle prossime ore la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in persona, sfruttando i suoi buoni rapporti con Washington e il momento favorevole del cambio di amministrazione tra Joe Biden e Donald Trump.