Giacomo Bozzoli fuggito dopo la condanna all'ergastolo per l'omicidio dello zio: cosa filtra dagli inquirenti
Giacomo Bozzoli è latitante: temendo la condanna all'ergastolo per l'omicidio dello zio, l'uomo è fuggito in Maserati con compagna e figlio al seguito
Giacomo Bozzoli si è dato alla fuga poche ore prima che per lui venisse emessa la condanna all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, 52 anni, avvenuto nella sera dell’8 ottobre 2015 nella ditta di famiglia. La condanna è diventata definitiva lunedì 1 luglio con la pronuncia in Cassazione, quando l’uomo era già fuggito.
- Il movente dell'omicidio di Mario Bozzoli
- La fuga di Giacomo Bozzoli a bordo della Maserati prima della sentenza
- Il perché della mancata custodia cautelare
Il movente dell’omicidio di Mario Bozzoli
Secondo la sentenza, Bozzoli ha assassinato il parente mosso dall’odio: era convinto che lo zio Mario fosse un impedimento ai suoi progetti di professionali ed economici.
Poi ha gettato il corpo nel forno della fonderia di famiglia dove lui stesso lavorava a Marcheno, alle porte di Brescia.
La foto di Mario Bozzoli era stata affissa vicino alle chiavi nella ditta di famiglia, poi chiusa per fallimento
La fuga di Giacomo Bozzoli a bordo della Maserati prima della sentenza
Secondo gli investigatori, poco prima della condanna all’ergastolo, il 39enne Giacomo Bozzoli sarebbe fuggito a bordo di una Maserati portando con sé la compagna e il figlio di quasi 9 anni.
L’Ansa riferisce che l’auto sarebbe stata vista transitare prima da Manerba e, pochi minuti dopo, da Desenzano domenica 23 giugno alle ore 5:51 del mattino.
Bozzoli si trova presumibilmente all’interno dell’Unione europea (in un Paese al confine con l’Italia, come ritengono gli investigatori) dal momento che il suo passaporto è scaduto e non l’ha rinnovato.
Il suocero, sentito dagli inquirenti, avrebbe riferito che Bozzoli sarebbe “in una località imprecisata della Francia” con la compagna e il figlio.
Ma potrebbe anche aver tentato la fuga via mare o tramite qualche altro espediente. Bozzoli è stato ufficialmente dichiarato latitante, con segnalazioni alle polizie, agli aeroporti, alle ferrovie, agli alberghi e ai porti di tutta Europa e nei Paesi extra Shengen.
Si tratta comunque di una fuga destinata a durare poco, come ha confidato un investigatore al Corriere della sera: troppo vistosa l’automobile e troppo difficile mettere in atto una latitanza duratura con compagna e figlio al seguito.
Il perché della mancata custodia cautelare
Prima che venisse emessa la sentenza, Giacomo Bozzoli era un uomo libero non soggetto ad alcun tipo di restrizione. Il pericolo di fuga non gli era mai stato contestato e dunque non gli era mai stata applicata la custodia cautelare in carcere.
“I presupposti per un arresto, una misura cautelare, si valutano strada facendo, momento per momento”, ha dichiarato Pier Luigi Maria Dell’Osso parlando con il Corriere della sera. Fu lui, giudice oggi in pensione, che nel 2018 decise di avocare l’indagine. Fu sempre Dell’Osso, nel 2020, a chiedere il rinvio a giudizio per Giacomo Bozzoli.
“Con il senno di poi, ovviamente, ci si chiede se si è agito davvero nel modo giusto”, ha proseguito il giudice. “Ma valutare spetta a chi ha la competenza per farlo, e anche quando ero io a indagare sul caso Giacomo Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile. Se non sbaglio ha anche partecipato a tutte le udienze in primo e secondo grado, così come mi risulta che fino ad alcuni giorni fa fosse rintracciabile e presente”.
Per la condanna di Giacomo Bozzoli in appello, poi confermata in Cassazione, fu determinante il test sul forno della fonderia: la carcassa di un suino di circa 13 kg venne calata nel forno della fonderia avvolta in una serie di indumenti.
Guido Rispoli, procuratore generale di Brescia, ha dichiarato al Corriere della sera che “in un processo ad alto contenuto indiziario, come questo, ritengo faccia parte della fisiologia del sistema che l’imputato sconti la pena solo dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile. È un principio di civiltà giuridica“.