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Genova, travolto e ucciso da un treno Salvatore Di Gangi: ecco chi era il fedelissimo di Totò Riina

Salvatore Di Gangi è stato fatto scendere dal treno perché sprovvisto di Green pass, avrebbe poi accusato un malore e sarebbe stato travolto

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

È morto all’età di 80 anni Salvatore Di Gangi, considerato uno dei fedelissimi di Totò Riina e già condannato a 17 anni per mafia. Il corpo è stato trovato tra due binari della galleria ferroviaria tra le stazioni di Genova Piazza Principe e Genova Brignole.

L’uomo era stato fatto scendere dal convoglio perché sprovvisto di Green pass. Una volta sceso avrebbe accusato un malore e sarebbe stato poi travolto da un treno in transito. Sul corpo è stata disposta l’autopsia.

Ora la procura di Genova ha aperto un’inchiesta per tentare di far luce sulla morte di Di Gangi. L’uomo, che era in custodia cautelare presso la città di Asti, era stato scarcerato di recente per motivi di salute e si trovava a Genova in transito.

Era stato obbligato a scendere dal convoglio una volta giunti nel capoluogo ligure: smontato dal treno alla stazione, si sarebbe poi incamminato lungo i binari, luogo in cui è stato ritrovato. Aveva in tasca un biglietto del treno per una cittadina del Sud.

Salvatore Di Gangi e quel resort intestato a Sciacca

Il nome di Salvatore Di Gangi, storico capomafia, è ritornato all’attenzione dei media lo scorso ottobre nell’indagine sul resort Torre Macauda, un albergo di lusso di Sciacca (provincia di Agrigento) spesso protagonista di diverse inchieste di mafia e ritenuto di fatto di proprietà del padrino corleonese Totò Riina.

Secondo i pm della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido, Di Gangi sarebbe stato uno dei veri proprietari della struttura e per questo la Procura recentemente aveva effettuato una perquisizione nella sua cella.

Salvatore Di Gangi e i rapporti con UniCredit a Palermo

Secondo gli inquirenti, la società che gestisce Torre Macauda, la Libertà Immobiliare, con sede nella cittadina siciliana, sarebbe di fatto riconducibile al boss Salvatore Di Gangi e al figlio Alessandro che, attraverso una serie di operazioni illecite, sarebbero tornati in possesso della struttura alberghiera sommersa dai debiti.

Il tutto realizzato grazie ad un giro vorticoso di denaro, scatole cinesi, imprenditori compiacenti e – sullo sfondo – la complicità di un dirigente di banca locale che avrebbe rilasciato liberamente una quietanza per un pagamento di 8 milioni avendone ricevuti solo 4.

L’indagine, che era apparsa da subito molto complessa, aveva portato all’esecuzione di perquisizioni in due filiali della UniCredit di Palermo e alla notifica di otto avvisi di garanzia: destinatari, tra gli altri, anche gli stessi Salvatore e Alessandro Di Gangi e un funzionario locale dell’istituto di credito.

salvatore-di-gangi-morte Fonte foto: Ansa
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