Galli spiega perché le nuove varianti bucano il vaccino e il grado di pericolosità delle reinfezioni Covid
Massimo Galli spiega perché le varianti del coronavirus riescono a bucare le difese immunitarie dei vaccinati
Aumentano i casi di reinfezioni da Covid. Sono più di 400mila i soggetti in Italia che, dall’inizio della pandemia, hanno contratto il virus più di una volta. Il trend, secondo i dati forniti dall’Iss (Istituto superiore di sanità), è destinato a crescere.
Nel frattempo il dibattito scientifico discute sul reale pericolo di una nuova ondata innescata dalle sotto varianti denominate Omicron 4 e 5. Ma perché anche coloro che sono vaccinati continuano a contrarre il coronavirus? Massimo Galli, intervistato da Il Mattino, ha fornito alcune risposte sul tema.
Per ora i casi di reinfezione costituiscono il 5,8% dei contagiati, solo una settimana fa il totale era a meno di 400mila persone con il 5% di percentuale.
- Galli: "Omicron e i suoi discendenti sono molto differenti rispetto al virus selvaggio originario"
- Galli: "Reinfezioni? Come un fuoco che si estende con grande diffusività ma minore patogenicità"
- Galli: "L'efficacia del vaccino dipende anche dalla variabilità della nostra risposta"
- I non vaccinati corrono quattro volte di più il rischio di reinfettarsi
Galli: “Omicron e i suoi discendenti sono molto differenti rispetto al virus selvaggio originario”
“Omicron e i suoi discendenti sono molto differenti dal virus selvaggio originario. Sono tra le altre cose in grado di bucare sia l’immunità conferita dal vaccino che dalle altre infezioni”, ha affermato il professor Galli . Lui stesso si è reinfettato: “Io con tre dosi ho preso un’infezione da Omicron 1 per esempio. Di solito sono casi non gravi che possono diventarlo invece nei non vaccinati”.
L’ultimo monitoraggio esteso dell’Iss ha indicato specifiche categorie di popolazione che negli ultimi mesi hanno dimostrato di essere più soggette a essere colpite dalla reinfezione.
- I soggetti con prima diagnosi di Covid notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid fra i 90 e i 210 giorni precedenti;
- i soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni;
- le donne rispetto agli uomini. Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico (>80%) dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito familiare;
- le fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età > 60 anni;
- gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione
Galli: “Reinfezioni? Come un fuoco che si estende con grande diffusività ma minore patogenicità”
Pare che le reinfezioni siano meno pericolose rispetto alla prima volta che si contrae il virus. Cosa c’è di vero? “Immaginiamoci un fuoco che si estende con grande diffusività ma minore patogenicità“, ha spiegato Galli che ha aggiunto che “è come una grande brace che si estende rapidamente passando più volte sullo stesso luogo e che lascia dietro di sé una scia di fumo”.
Pazienti colpiti dal Covid sotto cura
Dunque, le reinfezioni sono davvero meno pericolose? “Non possiamo escludere momentanee fiammate a maggiore letalità. Considerando anche il fatto che il virus continua a infastidire anziani e fragili dove non a caso si concentrano i decessi”, ha evidenziato il medico.
Galli: “L’efficacia del vaccino dipende anche dalla variabilità della nostra risposta”
In tanti, vedendo nuovi contagi e nuovi casi di reinfezione, si interrogano sull’efficacia dei vaccini. “L’efficacia del vaccino – ha spiegato sempre Galli – dipende anche dalla variabilità della nostra risposta. Non siamo tutti uguali: c’è chi è più rispondente ai vaccini, chi meno. Chi fa molti anticorpi e ha un’immunità durevole, chi ne sviluppa meno anche con tre dosi”.
Si parla di una quarta dose per fragili e anziani ora. “Dovendo procedere nei confronti di anziani di cui si conosce la reattività immunitaria e il livello di risposta con le precedenti dosi, io procederei senza alcuna riserva con la quarta dose in quanto i rischi legati alla vaccinazione sono pressoché nulli”, ha sottolineato il medico.
I non vaccinati corrono quattro volte di più il rischio di reinfettarsi
La comunità scientifica resta comunque compatta nell’affermare che chi è vaccinato corre molti meno rischi di infettarsi in forma grave e quindi ha molte possibilità in meno di morire rispetto a chi non ha ricevuto alcuna dose.
Inoltre lo studio italiano pubblicato su Frontiers of Public Health mette nero su bianco che la possibilità di reinfettarsi nei non vaccinati è quattro volte più alta dei vaccinati.