Femminicidio Vicenza, la funesta profezia del giudice nel 2019: "Zlatan Vasiljevic non si fermerà"
Femminicidio Vicenza: già nel 2019 il Gip del tribunale prevedeva conseguenze funeste per l'ex moglie di Zlatan Vasiljevic
Maltrattamenti e botte, tante botte: quello tra Lidia Miljkovic e Zlatan Vasiljevic, 42 anni, è stato un matrimonio segnato dalla violenza. Un’unione lunga 14 anni e in cui l’amore ha via via lasciato spazio agli abusi di alcol, alle minacce e all’aggressività del carnefice.
Lidia – cittadina serba riservata e di corporatura esile, secondo la descrizione di chi la conosce – è stata al fianco di Vasiljievic – uomo bosniaco possente alto quasi due metri – finché non ha deciso di sottrarsi all’incubo. Purtroppo, però, da quell’incubo non è mai riuscita a uscirne, finendo ammazzata proprio dall’ex marito che, dopo aver ucciso anche la sua attuale compagna, si è tolto la vita, non prima di essersi dato alla fuga lanciando due granate.
Matrimonio e violenze
Vasiljevic, prima che la sua dissennata ira culminasse con il duplice omicidio, era stato arrestato nel 2019 per avere picchiato la moglie. Erano stati i carabinieri di Altavilla (Vicenza), dove la coppia si era conosciuta e dove aveva dimorato dopo il matrimonio del 2005, che lo avevano fermato per le violenze perpetrate senza sosta.
La vettura del killer
L’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale era arrivata dopo la denuncia sporta da Lidia che aveva raccontato di botte e maltrattamenti subiti, anche davanti ai figli minori (la coppia ha due figli, uno nato nel 2006, l’altro nel 2008). L’incubo, scrive il giudice, cominciò nel 2011. E già allora, carte alla mano, si intuiva la tragica piega che avrebbe potuto prendere la vicenda.
La funesta ‘profezia’
La “perseveranza dimostrata dal Vasiljevic, unitamente all’abuso di alcol e alla sua incapacità o comunque alla mancanza di volontà di controllarsi pure in presenza dei figli minori, costretti ad assistere alle continue vessazioni ai danni della madre – veniva messo nero su bianco nell’ordinanza del 2019 – consente di ritenere altamente verosimile il verificarsi di nuovi episodi di violenza, tanto più in ragione dell’allontanamento” della donna “dalla casa familiare e dalle tendenze controllanti e prevaricatorie dimostrate dall’indagato, che potrebbero con ogni probabilità subire un’escalation in termini di gravità e condurre a tragiche conseguenze”. La funesta ‘profezia’, purtroppo, si è avverata.
Le botte e le minacce
Il giudice, negli atti, riportava alcuni episodi di violenza di cui fu vittima Lidia. A febbraio del 2019, Vasiljevic “afferrava per il collo” la moglie, “la spingeva contro il frigorifero della cucina e la minacciava con un coltello”. Poche settimane dopo, ubriaco, l’ha aggredita mentre lei si trovava a letto, stringendole il collo “come per strangolarla” e urlando: “ti uccido, ti cavo gli occhi”.
Il mese successivo Vasiljevic le sferrò un colpo al volto “con violenza tale da farla cadere al suolo”. Così l’uomo finì in carcere, ma ci restò poco. Infatti a dicembre 2019 venne emanato un ordine di non avvicinamento. La misura fu emessa dall’autorità giudiziaria su richiesta dei carabinieri di Schio, dove Lidia si era trasferita con i bambini dopo la separazione.