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Femminicidio, perché l'uomo uccide la donna: cause, dinamiche e casi shock di un delitto sempre più diffuso

Da tempo assistiamo a un’autentica strage, quasi quotidiana, di donne che diventano vittime degli uomini: cosa scatta nella mente dei killer

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Nelle ultime settimane, in Italia, si è assistito ad un’autentica strage di donne, spesso tre o quattro al giorno (a volte, addirittura, due vittime nel medesimo contesto criminoso). È una realtà dolorosa e purtroppo quasi stabile e costante, in diverse nazioni. Di fronte a questa ecatombe è inevitabile interrogarsi sulle cause del femminicidio, ma anche sulle responsabilità dell’intera società, istituzioni comprese.

 

Da dove nasce il termine “femminicidio”

A vari livelli e nelle diverse discipline (diritto, filosofia, sociologia, antropologia, psicologia e psichiatria) – oltre che naturalmente in criminologia – il femminicidio oggetto di studio serrato ed intenso, con relative interpretazioni eziologiche e comportamentali.

Innanzitutto va ricordato che il termine ‘femminicidio’ fu coniato, 30 anni fa, dalla studiosa Diana Russel e utilizzato la prima volta in un suo famoso libro dal titolo “Feminicide: the politcs of woman killing”. Indica la forma estrema di violenza di genere contro la donna, che diventa oggetto di aggressività psico-fisica in quanto tale, vale a dire per il solo fatto di essere donna.

Perché si uccide una donna: la teoria antropologica

Sono diverse le ipotesi sulle cause del femminicidio. Si tratta di teorie interessanti e stimolanti, ma va sottolineato che non esistono chiavi di lettura onnicomprensive che valgono per ciascun caso. Partiamo da quella antropologica: l’uomo, nel corso dei millenni, ha esercitato un predominio sulla donna e vorrebbe continuare a farlo anche oggi, nonostante i costumi sociali profondamente mutati. Secondo questa teoria, l’uomo si sentirebbe legittimato a dominare sulla donna, considerandola non come soggetto ma come oggetto, scaricando su di lei anche violenza estrema.

Teoria della “supremazia perduta”

Un’altra ipotesi presuppone che l’uomo, proprio perché storicamente avvezzo al predominio e alla soggiogazione della donna, in un’epoca di forti cambiamenti e di marcata evoluzione sociale (che danno maggiore dignità e autonomia alla figura femminile), non accetterebbe questo profondo cambiamento e agirebbe spinto dalla rabbia e dal rancore per il potere perduto, in un inconscio tentativo di riacquistare l’atteggiamento di controllo e di potere nei confronti del soggetto femminile.

Pertanto, in estrema sintesi, la violenza di genere sarebbe una brutale forma di rivalsa nei confronti del potere perso, al fine di riaffermare la disparità fra i generi di tipo arcaico e conseguentemente la soggezione femminile.

femminicidio scarpe rosseFonte foto: 123RF

Teoria dell’apprendimento sociale

È la teoria più suggestiva dal punto di vista della psicologia e di quello socio-criminologico. Si basa sul fatto che un soggetto, che vive in un habitat sociologico dove si verifica spesso la violenza di genere, anche nelle forme estreme, nella maggior parte dei casi sarà portato ad agire allo stesso modo, ritenendolo giusto.

Teoria dell’attaccamento abnorme e del relativo possesso

Altra formulazione estremamente interessante – che trova riscontro nella gran parte dei femminicidi – è quella basata sull’attaccamento abnorme e sulla mancanza di accettazione della perdita del possesso. Stando alle statistiche, infatti, molti delitti sono commessi da uomini che non accettano la fine di una relazione e non riescono a metabolizzare psichicamente il dato incontroverso di non poter disporre più della vita e dell’esistenza di una donna, con la quale hanno avuto un lungo ed intenso rapporto.

Ci sono anche ipotesi di soggetti che sono patologicamente invasati di una donna tanto da sviluppare una polarizzazione affettiva intensa e abnorme nei confronti della stessa e, non potendo riuscire nell’intento sperato, preferiscono l’omicidio (anche in questo caso) all’ipotesi alternativa per la quale la stessa viva una relazione con un altro.

Statistiche agghiaccianti

Soltanto analizzando le terrificanti statistiche italiane, i dati che emergono sono quelli di un’autentica ecatombe.

Dall’inizio del 2022 sono state uccise quasi 50 donne (in alcuni contesti criminosi, l’omicidio addirittura è stato duplice) con una media sconcertante di quasi un femminicidio al giorno.

Purtroppo, nella pur diversificata criminogenesi individuale, il comune denominatore di questi orrendi crimini è da ricercare sempre in disturbi della personalità se non addirittura in franchi disturbi psichiatrici (spesso allo stato latente e non riconosciuti), dai quali sono affetti i soggetti omicidi in questione.

Ecco perché le loro azioni e le loro reazioni sono abnormi e sproporzionate, caratterizzate da un’intensa e marcata violenza.

E’ comunque fondamentale evidenziare che in base a dati ufficiali degli ultimissimi anni,  2 donne su 3 sono state uccise da partner o ex partner.

Un dato raggelante – in base a dati Istat del 2020 – è che mentre negli uomini il 60% degli omicidi è compiuto da sconosciuti, nelle donne quasi la stessa percentuale (il 57%) è commessa da persone con le quali le stesse avevano una relazione o era cessata.                    

Statistiche regionali

Di estremo interesse criminologico sono le statistiche dei dati dei femminicidi ripartiti per singola regione, comunicati sempre dall’Istat e risalenti al trienno 2018-2021.

Si evincono i seguenti numeri di omicidi in danno di donne:

  • LOMBARDIA 64;
  • EMILIA ROMAGNA 38;
  • LAZIO 38;
  • CAMPANIA 36;
  • PIEMONTE 34;
  • SICILIA 33;
  • VENETO 29;
  • TOSCANA 21;
  • PUGLIA 19;
  • SARDEGNA 15;
  • LIGURIA 14;
  • TRENTINO –ALTO ADIGE 13;
  • ABRUZZO 10;
  • CALABRIA 10;
  • MARCHE 8;
  • BASILICATA 3;
  • FRIULI VENEZIA GIULIA 3;
  • UMBRIA 3;
  • VALLE D’AOSTA 1;
  • MOLISE 0. 

Riflessioni criminologiche

Questi dati permettono di elaborare alcune riflessioni: in primis, il fenomeno criminoso, al di là dell’estrema diversità statistica, è ubiquitario.

In secondo luogo, non è possibile non constatarlo, al vertice di questa piramide dell’orrore ci sono proprio le regioni che vengono considerate fra quelle più evolute, moderne ed all’avanguardia d’Italia.

In questo modo, verrebbe demolito lo stereotipo del femminicidio che nasce ed attecchisce nell’humus dell’arretratezza socio-culturale.

In realtà non è così. L’arretratezza socio-culturale dispiega sempre i suoi perversi effetti deleteri e nocivi, potenzialmente criminogenetici in alcuni settori.

Tuttavia, non può essere paragonata ad una sorta di genesi totalizzante ed onnicomprensiva.

Infatti, le spiegazioni che vengono addotte per spiegare come mai proprio in Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio ci sono numeri più elevati di femminicidi sono tante.

Fra queste alcune sono legate proprio all’emancipazione sociale, alla vita frenetica, nevrotica, alla ricchezza, alla decadenza dei valori, fattori questi ultimi che possono portare più facilmente all’insorgere di disturbi psicologici o vere e proprie patologie psichiatriche.

Naturalmente, da qui la potenziale insorgenza di relazione malate e di rapporti estremamente conflittuali con la possibilità di comportamenti violenti anche di tipo estremo fra partner che, naturalmente, vedono soccombere fisicamente l’individuo sessualmente più debole.

Il movente

Un’analisi statistica molto interessante è quella che concerne il movente dei singoli femminicidi avvenuti.

Ebbene, esaminando le statistiche ufficiali si evince che la magna pars dei femminicidi avviene per motivi definiti “passionali”, rispetto ad altri omicidi di donne che avvengono al termine di liti e/o aggressioni.

Pertanto, predomina una cosiddetta componente emozionale che tradisce dei sentimenti malati da parte dell’uomo, nell’omicidio di questa tipologia.

Modus operandi del femminicidio

A causa della natura psichica profondamente alterata in questa tipologia di delitti ed alle conseguenti dinamiche conflittuali, è peculiare anche la criminodinamica e la criminalistica di questi reti.

Infatti, gli stessi raramente vengono compiuti con armi da fuoco, nel modo classico che ci si aspetta. Al contrario, predominano modalità omicidiarie alternative e diverse, soprattutto più cruenti come l’accoltellamento, l’utilizzo di armi improprie (corpi contundenti e martelli), soffocamento, strangolamentoasfissia.

Tali particolari e particolarmente violente modalità di esecuzione del delitto derivano proprio dalla criminodinamica dello stesso, nel senso che o alla base esiste un disegno criminoso alterato da parte dell’omicida o tale disegno è del tutto assente.

Ciò fa sì che per l’esecuzione dell’omicidio si usino strumenti diversi da quelli tradizionali e comuni.

Effetto Werther e intervallo a fisarmonica

Legati al femminicidio ci sono due fenomeni criminologici estremamente inquietanti e abbondantemente riconosciuti dagli studiosi: il cosiddetto effetto Werther e l’intervallo a fisarmonica.

Effetto Werther

Si tratta di un potente effetto di tipo perverso, a carattere emulativoimitativo, il quale fa sì che a seguito di un determinato atto violento (anche di tipo suicidario) compiuto da un individuo, ci sia un altro soggetto disturbato che lo imiti.

Il nome del fenomeno deriva dall’opera di Goethe, ‘I dolori del giovane Werther’: quando uscì diede vita a una catena di suicidi in tutta Europa sul modello del personaggio letterario.

L’intervallo a fisarmonica

Fenomeno complementare, l’intervallo a fisarmonica. L’espressione deriva dal mantice della fisarmonica, che si apre e si chiude: ci sono momenti in cui il mantice è chiuso (assenza di femminicidi) e momenti in cui è aperto (presenza di femminicidi). Conseguentemente, con la macabra progressione degli omicidi di donne è come se, metaforicamente e simbolicamente, il mantice si aprisse.

Pertanto, valutando insieme i due fenomeni appena analizzati in stretta combinazione sinergica, il meccanismo criminologico che si riscontra è il seguente: c’è un periodo di “stasi” con assenza di femminicidi (periodo cosiddetto del mantice chiuso) poi si verifica il primo (si scatena l’effetto Werther e contestualmente inizia il periodo dell’apertura del mantice). Subito dopo, vi sono almeno 3 o 4 femminicidi in altri contesti – con giorni dove ne viene commesso anche più di uno (ed è la fase di massima apertura/ espansione del mantice) – per poi cessare di colpo, con il ritorno ad uno stato di assenza omicidiaria di donne (periodo del cosiddetto mantice  chiuso).

Successivamente, dopo un periodo di relativa tranquillità di durata indeterminata ed variabile, si verifica un nuovo femminicidio e la strage ricomincia con i perversi meccanismi sopra esposti.

Alcuni casi

Studiando i femminicidi avvenuti nel mese di aprile (che è stato terrificante sotto tale aspetto), si appalesano tragicamente i fenomeni descritti.

L’esordio della serie infernale avviene in data 21 aprile, quando in Brianza viene uccisa dal figlio Fabiola Cornaghi.

Il giorno successivo viene uccisa Romina Vento, annegata nell’Adda, dal compagno Carlo Fumagalli.

Il 23 aprile a Rimini viene uccisa Angela Avitabile dal marito Raffaele Fogliamanzillo.

Il 26 aprile Filippo Ferrari uccide Sonia Solinas e poi si suicida.

Il 27 aprile viene ammazzata Viviana Farolfi, 71 anni dal marito Alvaro Strocchi 77, che poi si suicida a Ravenna.

Similitudini e comparazioni 

Questi fenomeni perversi e micidiali, operanti in feroce e crudele sinergia, si verificano anche in contesti extra-criminologici. Può essere utile ricordare uno degli anni più dolorosi e tetri, nella nostra nazione, per il verificarsi di questa potente azione emulativa-imitativa: il 1985.

In quell’anno un’ondata di suicidi fra militari di leva si verificò in tutta Italia, tanto che nell’aprile del 1986 ci fu la necessità di una riforma drastica del servizio militare e – per agevolare i giovani – furono introdotte diverse modifiche favorevoli: fra queste la più importante fu la regionalizzazione del servizio di leva.

Conclusioni

Il femminicidio necessita di una severa repressione con pene dure e impossibilità di fruizione di sconti e agevolazioni. Ma il discorso è anche e soprattutto preventivo. Le istituzioni, le associazioni, ma anche la chiesa e la società si prodighino incessantemente in un’azione costante di educazione civica, di progresso della coscienza sociale, di emancipazione culturale e di evoluzione in generale. Soprattutto in alcuni territori in cui la donna è ancora succube o considerata inferiore all’uomo.

Antonio Leggiero

Sfigurata dal marito, scampò ad un tentativo di femminicidio dieci anni fa: per lei una mano bionica Fonte foto: ANSA
Sfigurata dal marito, scampò ad un tentativo di femminicidio dieci anni fa: per lei una mano bionica
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